I Calendula sono un progetto che ritorna sulle scene dopo anni di assenza sul mercato discografico. Nati nel 2010, questo gruppo trae ispirazione dalle atmosfere horror cosmiche dell’universo di Howard Phillips Lovecraft, tradotte in chiave post hardcore. Accolte influenze black metal e crust punk, nell’anno successivo il gruppo rilascia il primo album, “Aftermaths”. Dopo questo lavoro, però, la band sembra morire. Ma se c’è qualcosa che H.P. Lovecraft ti insegna è che “non è morto ciò che in eterno può vivere”. I Calendula, come una oscura divinità che trama ai confini dell’universo, non avevano ancora concluso la loro esistenza. Nel 2014 ci riprovano, scrivendo “Hiveminds – De Brevitate Vitae”, una cupa suite da rock post rock, con venature metalcore. Il lungo brano, primo incastro di una struttura composta da tre altri pezzi, ci impiega altri due anni per trovare una occasione di registrazione.
“Hiveminds – De Brevitate Vitae” è una cupa suite post rock con venature metalcore
Dopo un lustro, questo si mostra finalmente al pubblico. “Hiveminds – De Brevitate Vitae” è dunque un LP composto dalla sola title track, una traversata di 25 minuti che parte lenta e commovente, per poi esplodere maligna già al secondo minuto. In copertina, quella che sembra una inquietante incisione ottocentesca mette subito l’ascoltatore nello stato mentale corretto. Il mix tra stoner rock sporco e metalcore è interessante. Personalmente non ho mai apprezzato le linee vocali che tendono alla emo music, ma qui il cantato emo si macchia pesantemente di metal estremo, come deturpare Jared Leto con quella raffica di botte che, come insegna il suo cameo in Fight Club, serve a “distruggere qualcosa di bello”. Degli scream sinceri e un avanzare lento, tra il cupo e il riflessivo, caratterizzano i minuti successivi, fino al minuto 10.
Il mix che i Calendula hanno creato, a metà tra emo e un cupo rock novantiano, non manca di carisma
Qui, le riflessioni del fisico Carl Sagan spaccano in due la suite in modo estraniante. Il monologo tratto dal libro “Pale Blue Dot” ci parla della bellezza del pianeta terra visto da sei miliardi di chilometri, mentre il commento musicale picchia forte con gli strumenti. Il terzo quarto di “Hiveminds – De Brevitate Vitae” è una nuova ampia sezione a metà tra metalcore e post rock, sviluppata in un crescendo di decibel e cattiveria. Questa sfocia in un finale non finale, che lascia l’ascoltatore in sospeso, in attesa delle tracce che completano il progetto. Sicuramente quello dei Calendula è un lavoro interessante, che non dispiacerà agli amanti del rock anni Novanta, ma forse potrebbe piacere anche ai fan della emo. Non me ne voglia Jared Leto, ma lo preferisco così, sporco di sangue e senza denti.