I LAI DELLE NUBI ci portano verso terre lontane e misteriose con TUĒRI (Album)
I Lai Delle Nubi, nome ispirato al tuono.
I Lai Delle Nubi, nome ispirato al tuono e alla poesia.

I LAI DELLE NUBI ci portano verso terre lontane e misteriose con TUĒRI (Album)

Una disco strumentale è sempre una sfida interessante. Il più delle volte le liriche in un brano giocano un ruolo fondamentale. Se i testi, le parole e ciò che compone la parte vocale non sono abbastanza forti, il lavoro perde significato. Può capitare anche l’inverso, cioè che vere poesie vengano accompagnate da tappeti sonori mediocri. Nei brani strumentali spesso sento la mancanza del testo, ma non è capitato con i Lai delle Nubi. “Tuēri” è un album che non contiene testi. Eppure, in qualche modo, i brani parlano.

La band romana Lai delle Nubi dà sfogo ai propri viscerali movimenti emotivi grazie ai 6 pezzi contenuti nell’album uscito il 21 gennaio 2019 per MiaCameretta Records. Circa 50 minuti di post rock strumentale accompagnano l’ascoltatore verso località esotiche, tra il reale e il fantastico. Il titolo di un brano è il biglietto di andata di ogni viaggio, comprime l’anima in poche parole che incanalano un significato. In “Tuēri” tuttavia è meglio abbandonare queste conformità. Di certo i titoli hanno un significato, ma il viaggio va affrontato senza limitazioni.

Non serve leggere “Oceani e Vulcani” per viaggiare con la mente e ritrovarsi d’improvviso in terre lontae. Magari su una zattera alla deriva. Altre volte veniamo trasportati da nessuna parte. I momenti di quiete sono dipinti egregiamente da soffici melodie condite da arpeggi rilassanti. Poi la calma si tramuta in tempesta, mentre le chitarre di Andrea “Reds” Rossi e Max Napoli eruttano, tra distorsioni pesanti e cambi d’umore taglienti e graffianti.

La forza dei Lai delle Nubi è far venir voglia di riflettere sulle note di “Tuēri” anche quando non è possibile farlo.

I bassi di Andrea “Bodz” Bozio sono fondamentali nella loro corposità, e fanno cadere chi li ascolta in una viscosa e densa insicurezza quando le tonalità si fanno più grevi. Quindi Stefano Mosena tiene il tempo, scandendolo con maestria tra rullate aggressive e ritmi più leggeri, come a disegnare i contorni nei quali si muove, incerti. La calma cede il passo alla rabbia, quest’ultima alla paura. Spesso si piomba nella disperazione, ma all’ultimo una irrefrenabile allegria torna a far brillare l’armonia. Un susseguirsi di nuvole si rincorrono, in un cielo sconfinato di possibilità.

La forza dei Lai delle Nubi è far venir voglia di riflettere sulle loro note anche quando non è possibile farlo. Catturano la concentrazione dell’ascoltatore e del suo spirito critico. Spingendolo all’estremo di non saper rimandare il momento dell’analisi. Ho deciso di utilizzare carta e penna per scrivere questa recensione nel migliore dei modi. E l’adottare il metodo analogico ha aggiunto fascino alla storia, oltre a farmi ricordare quanto sia bello scrivere a mano. Questo è “Tuēri”. Ma, come dicevo all’inizio, le parole a volte sono inutili. Che sia la loro musica a parlare per loro.

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LAI DELLE NUBI

TUĒRI

31 gennaio 2019

MiaCameretta Records

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