Sarò franco fin da subito: i The Strigas non stanno per vincere nessun premio di originalità nell’immediato futuro. Il loro sound, basato su formule che, più che collaudate, sono ormai piuttosto stanche, fatica a trovare una sua identità nel mare magnum della scena metal europea. In particolare, il loro nuovo EP, “The Loner”, continua a inserirsi pienamente nel filone del gothic/love metal alla finlandese che li ha caratterizzati fin dal loro album d’esordio, uscito nel 2014. La scelta di modulare questo sound con un rock a tratti più duro rende l’idea di base più variegata, ma non abbastanza da colpire. Un po’ HIM, insomma, un po’ Lacuna Coil, quello che sembra mancare ai The Strigas è una vera direzione artistica, una visione che gli consenta di passare il necessario stadio dell’imitazione e acquisire una dimensione personale.
Un po’ HIM, un po’ Lacuna Coil, gli Strigas faticano a trovare una dimensione che sia puramente personale
Le tematiche di “The Loner” non si discostano molto da quanto la band ci aveva mostrato in “A Poisoned Kiss to Reality”, né dagli stilemi tipici del loro genere di riferimento. Le liriche sono per lo più riflessioni depressive sulla vita, vista come una prigione (“Prison”), come un’illusione (“Deliverance”), come una pioggia infinita (“To Nowhere”). Cosa che andrebbe benissimo, se anche in questo comparto il lavoro non soffrisse di una notevole stucchevolezza. Versi come “This Life ain’t nothing but a storm / And we hope each day for a new dawn” fanno male alle budella. Se tradotti in italiano causerebbero quanto meno una sonora sbuffata, almeno a chiunque sia nato prima dell’anno domini duemila. Quindi, in conclusione, devo registrare che anche sotto questo punto di vista l’ultima fatica dei The Strigas risulta carente.
Nonostante la scarsa originalità, si riconosce a “The Loner” una esecuzione curata e competente
Arrivati a questo punto, vi sarà chiaro che l’album non mi ha impressionato. C’è, quindi, qualcosa da salvare in questo “The Loner”, che con una certa dose di sfrontatezza (o forse, più semplicemente, inconsapevolezza) usurpa il nome di una splendida canzone di Gary Moore? Quella si, capace di farti sentire la solitudine senza neanche l’uso di un testo. Forse c’è. I The Strigas suonano bene, da un punto di vista strettamente tecnico. L’album è curato ed eseguito con competenza. Forse proprio da lì, dal divertimento per il suonare potrebbero uscire l’improvvisazione e l’estro necessari a stupire un pubblico che di questa musica ne ha sentita ormai tanta, forse troppa. Se invece i fan dei The Strigas amano a tal punto il love metal da apprezzare questo “more of the same”, tanto meglio.