INDIGO & THE SIRENS: "Mi piace avere attorno il caos" • MUSIC.IT
Il cantautore Mario Ferrara, in arte Indigo & The Sirens.
Il cantautore Mario Ferrara, in arte Indigo & The Sirens.

INDIGO & THE SIRENS: “Mi piace avere attorno il caos”

Diamo il benvenuto a Indigo & The Sirens! A noi di Music.it piace iniziare le interviste in modo speciale. Ci racconti un ricordo legato alla musica? Qual è stato il momento in cui hai deciso “voglio diventare un cantautore”?

Ciao! Difficile dire quale sia stato il momento esatto. Quello che so è che è iniziato a crescere in me il bisogno di raccontare le mie storie in prima persona. Avendo già avuto il ruolo di autore e co-produttore di un altro artista, non è stato difficile “trovarmi” in quel senso. Forse la parte più difficile è stata mostrare agli altri ciò che avevo trovato.

Toglimi una curiosità. Chi sono le Sirens? Sono entità astratte o le tue muse sono le persone di cui ti circondi? So che collabori con molti artisti.

Sono tutto questo. Indigo & The Sirens era il nome che avevo scelto per una band alcuni anni fa. Nel gruppo sarei stato l’unico uomo. Avere una band faceva sembrare meno terrificante l’idea di salire su un palco. Quando il progetto non è andato in porto, ho deciso di tenere comunque Indigo e conservarlo per il giorno in cui avrei deciso di intraprendere un percorso da solista. Chi mi segue dall’inizio ricorderà che “Youth”, il mio primo singolo, è stato rilasciato due volte. In seguito a problemi di copyright ho deciso di far tornare anche le sirene. Sono cresciuto tra le donne e i miei riferimenti sono forti figure femminili anche dal punto di vista artistico. Le Sirene accompagnano la mia Odissea musicale, e io sono il marinaio su cui vegliano queste creature che gli altri uomini di mare temono

Facciamo un gioco: se potessi scrivere la colonna sonora di un film, che pellicola sceglieresti? E con quali artisti vorresti collaborare?

Questa è facile! Fuoco cammina con me di David Lynch. O qualsiasi altra sua pellicola. Se potessi scegliere il team con cui farlo, senza dubbi prenderei Angelo Badalmenti, già collaboratore di Lynch, il mio attuale produttore Robin Marchetti, lo stesso Lynch, Dan Heath e Lana Del Rey. Amerei anche scrivere una colonna sonora per Baz Luhrmann. Mi piace sognare in grande!

Fai musica destinata a un mercato internazionale. Pensi sia più difficile intraprendere questa strada in Italia? C’è qualcuno che vale la pena seguire nel mainstream della Penisola?

È assolutamente più difficle! La cultura musicale italiana è rimasta indietro di anni rispetto al mercato anglofono. Fortunatamente si iniziano a sentire i primi segni di cambiamento nell’aria. Lo puoi notare già dal fatto che i talent non riescono più a sfornare prodotti capaci di durare nel tempo, e ai piani alti hanno capito che qualcosa non va. Vorrei partire dall’estero per poi aprire le frontiere ad altri artisti che come me non riescono a trovare la propria scena nel Belpaese. Per quanto riguarda il mainstream italiano di oggi, non mi viene in mente nessuno.

Il 9 giugno è uscito il tuo EP The cult of youth. Cosa significa per te?

“The cult of youth” è la gestazione e nascita di Indigo & The Sirens. Ogni pezzo ha una sua identità, ma nella visione totale la canzone diventa il capitolo di una storia più grande. Il concept del disco è collegato all’album di debutto di Sophy Rose (ora Aradia Morrigan, NdR), artista con cui collaboro assiduamente. Entrambi i lavori usciranno quest’anno, e, una volta svelati i tasselli mancanti, sarà tutto più chiaro all’ascoltatore. L’idea di iniziare il mio percorso con un concept EP collegato al disco di un altro artista rende tutto più difficile. Non si tratta solo della mancanza di un supporto di un’etichetta vera e propria: le difficoltà raddoppiano quando si intraprendono strade nuove. Come per ogni prima volta, i meccanismi si scoprono passo dopo passo. A lungo andare tutto il processo creativo rischia di diventare un work in progress messo davanti agli occhi dello spettatore. Fortunatamente in quest’epoca, anche grazie ai social, l’artista può essere manager di se stesso, cosa che rende tutto più reale e genuino.

Come nascono le tue canzoni? Hai un tuo rituale o ti lasci guidare dall’istinto?

Ho scritto la mia prima canzone in un bar, e tante altre nello stesso modo. Mi piace avere attorno il caos, da cui isolarmi mentre scrivo. A volte si tratta di bozze vocali o fogli che accumulo nel mio zainetto nero, altre volte si tratta di canzoni intere scritte di getto in 15 minuti. Da quel punto di vista credo di non avere strani rituali. Mi basta avere un caffè e tante sigarette a disposizione.

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