Dopo più di un anno Ixia è di nuovo sulle nostre pagine per fare due chiacchiere. Raccontami in breve cosa è cambiato dall’ultima volta che sei stata da queste parti.
Intanto inizierei con il ringraziarvi per dedicare nuovamente il vostro tempo al mio progetto. Dall’ultima volta che ne abbiamo parlato c’è stato un passo in avanti dal punto di vista del portale di Musica Celtica Italia, anche con qualche grande soddisfazione. In più, soprattutto, dopo 4 anni sono finalmente riuscita a far uscire l’album e il mio primo video, grazie anche alla mia casa discografica.
Ti presenti con un lavoro fresco fresco di studio, “Katherine”. Come sono andate le registrazioni del disco? Hai avuto qualche difficoltà particolare, considerata la varietà di suoni presenti nell’album, da chitarre ad archi?
Le registrazioni del disco hanno avuto vari passaggi e varie collaborazioni che si sono andate a integrare tra loro. Da Anna Chiara Zincone che ha registrato tutte le voci, a Francesco Lo Cascio che in una prima fase mi ha aiutata con gli arrangiamenti, andando ad alleggerire certe mie scelte forse troppo ricercate. A tutto questo lavoro si è poi aggiunta la mia casa discografica, che mi ha messa in contatto con artisti davvero eccezionali per registrare. Le chitarre di Simone Gianlorenzi, la batteria e le percussioni di Matteo Di Francesco e il basso di Domenico Azzolina. Difficoltà particolari immagino siano state più di Domenico che ha mixato, editato e fatto il master dell’album insieme a Stefano Todaro.
Andando più nel dettaglio, ho notato diversi cambiamenti rispetto ai lavori precedenti. Uno di questi è l’ambientazione del disco, che passa da temi fiabeschi a temi più reali, oserei pirateschi. Raccontami come mai.
In realtà l’ambientazione resta un piccolo villaggio non ben definito. Probabilmente la sensazione giunge dall’inserimento delle chitarre. Infatti da un lato vanno ad aumentare le dinamiche dei brani, dall’altro possono dare la sensazione di allontanarsi dal piano onirico. Prima poteva capitare di distrarsi tra immagini di campi, boschi e scogliere. Ora sicuramente c’è questo nuovo elemento che tiene alta la curiosità di chi ascolta.
Il disco è focalizzato tutto sul personaggio di Katherine e sulle sue (dis)avventure. C’è qualche nota autobiografica o è tutto frutto della tua fantasia?
Fortunatamente no, nulla di autobiografico (ride). La storia di Katherine è nata da un sogno che mi ha perseguitata per qualche tempo, finché non l’ho messa per iscritto con i vari brani. Ma nessuno si è mai sfidato a duello per me, lo posso assicurare! Sicuramente il tutto si sviluppa come fosse un monito a non lasciarsi travolgere dagli eventi, ma a prendere posizione e vivere la vita che si desidera. L’inizio dell’album è frutto di questo: non occorreva qualcosa di nuovo o di strano, quello che occorreva era gettare le basi per una situazione che potesse suscitare empatia nell’ascoltatore, e questo non riesce se la storia è troppo particolare.
Il genere del disco viaggia sempre sull’onda folk. La produzione però è stata abbastanza ampia, specialmente nei brani con chitarre e percussioni, che riportano ad atmosfere più epic. Spiegami come hai operato le tue scelte in merito.
In una prima fase, con Francesco Lo Cascio avevamo optato per un progredire degli strumenti con lo scorrere del tempo, per scandirlo. A lavoro finito, tuttavia, c’era comunque la sensazione di un lavoro incompleto e potenzialmente noioso ai più. Abbiamo cercato quindi di renderlo più accessibile con l’inserimento di strumenti di uso più comune, che l’orecchio tende a cercare ormai spontaneamente.
Tra i brani che mi hanno colpito maggiormente ci sono “The white lady” e “The new age”. La prima per le atmosfere, mentre la seconda per lo scorcio sul futuro e lo spunto di riflessione. Sono probabilmente i due brani più significativi di tutto il lavoro. Parlamene meglio.
Sono entrambe due momenti di passaggio nella storia in effetti. “The White Lady” è una preghiera disperata alla Luna, dove Katherine, dopo aver scoperto di essere stata venduta dal padre, prega di sfuggire alla sua sorte, o con la morte del suo futuro marito o la sua. “The New Age” invece è il punto di raccordo necessario affinché la maledizione possa avverarsi. È proprio in questo brano che, anche se non spiegato esplicitamente, lo spirito di Katherine va a reincarnarsi nella bambina nella pancia della donna che va a violare il campo.
Infine l’album si chiude con un brano totalmente inaspettato. Se non sbaglio, ormai siamo nel presente. E anche gli strumenti e la composizione danno questa impressione. Come mai questo cambio di registro?
Devo ammettere che “Shadows” è nata come proposta per una sigla di una webserie. Per questo l’avevo scritta usando suoni totalmente lontani da “Katherine”, che poi era l’unico altro brano esistente. Probabilmente è la canzone che più è rimasta vicina al mio arrangiamento iniziale. Dal vivo, peraltro, è la più complessa da cantare, avendo due linee vocali sovrapposte.
Prendendo spunto da “Shadows”, potrei azzardare nel dire che sembra quasi una finestra sul futuro discografico di Ixia? Hai già in mente come proseguirà la storia?
È nata un paio di mesi dopo “Katherine”, nel 2012. Quindi definirla il punto di arrivo, immagino sia molto lontano come pensiero. Per quanto riguarda la storia sì, ho già in mente il concept del prossimo album che, al contrario di questo, sul serio avrà influenze piratesche!
Parlami ora di qualche curiosità legata al video.
Ne approfitto volentieri, citando la presenza nel cast del disegnatore del booklet dell’album. Insieme ai testi, riporta disegni tratti da scene di “Katherine”, a opera di Empler, che nel video è lo sfidante moro. Con mia grande emozione ci sono anche il mio papà e la figlia di un mio amico di vecchia data che si è lanciata con entusiasmo in questa avventura, e che ogni volta che vedo a inizio video mi strappa un sorriso! Per non parlare di Raffaele che, nonostante l’abbia conosciuto da poco, ha accettato di prestarsi a questo delirio collettivo che però, wow!
Come è stato vedere un tuo testo trasformarsi in una storia tangibile, come il video?
Veder tradurre il testo in video è stato veramente emozionante, e per questo devo sicuramente ringraziare lo staff della Baburka Production. Oltre a essere bravi, il giorno delle riprese mi hanno fatto sentire davvero coccolata. Hanno fatto un mega lavoro di post produzione con il colore delle foglie! Con la truccatrice avevo avuto già modo di collaborare nel video di Ida Elena, con la quale oltretutto avevo scritto la prima versione di testo di “The Story Begins”. Inizialmente aveva tutt’altra storia al fine di essere la canzone di presentazione delle Noir Sisters!
Un’ultima domanda. So che il disco è stato travagliato e ci ha messo molto ad uscire. Hai sempre un aneddoto stravagante in serbo per noi, quindi raccontami un’ultima follia.
La maglietta! Mi era venuta un’idea per il disegno, così mi sono messa a lavorare sulla grafica. Dopo qualche settimana, parlando con un amico, mi fa notare che nell’impressum della pagina Facebook avevo fatto un errore di battitura. Temendo il peggio, sono andata a leggere cosa avessi scritto e, in effetti, invece di “sweet” ho letto “sweat”. Non capendo perché fossi sbiancata, il mio amico ha provato a rassicurarmi, ma appena ha visto che aprivo il file delle magliette in produzione ha capito tutto. Sì, le magliette di Ixia incitano le persone a scoprire la storia della sudata Katherine. Il giorno dopo ovviamente sono state consegnate. Ho valutato se farle uscire il 10 ottobre, per la giornata dell’obesità, con una foto in stile “corsetta”, ma l’idea è stata bocciata. Quindi ho chiesto aiuto a Gabriele Ricigliano. Ha tirato fuori una vignetta umoristica stupenda!
Ixia ti ringrazio per averci prestato il tuo tempo. Come sempre ti lascio carta bianca per comunicare quello che vuoi ai nostri lettori e ai tuoi fan.
Credo di aver già detto tutto, quindi approfitto per ringraziarvi ancora tutti. Oltre che per l’intervista, per l’interesse vivo che nutrite anche per i generi musicali non di ascolto comune, e per farvi un saluto!