Diamo il benvenuto su Music.it a Kanova. Per rompere il ghiaccio raccontati qualcosa di divertente o di imbarazzante che ti è successo su un palco o in studio.
Ok, in uno dei miei primi live, qualche anno fa, mi esibivo in un locale decisamente poco adatto all’ esibizione dal vivo. L’attrezzatura era quella che era, nessun soundcheck e un microfono per 4 artisti sullo stesso palco. Pensavamo a una cosa intima, con poca gente date le dimensioni della struttura, ma cosi non fu. Senza perderci in particolari, mi ritrovai a suonare con il microfono attaccato male alle casse, io potevo sentire la mia voce dalle casse spie, ma sotto il palco si sentiva solo la strumentale, in pratica ho fatto il mimo per 20 minuti di live (ride).
“11” è il titolo del tuo nuovo brano. Come nasce questo pezzo? Cosa racconta?
Undici è un numero molto significativo per me, è legato a 2 date che nel bene e nel male hanno segnato una svolta nella mia vita. L’ 11/9/09 subi’ un intervento molto pesante che mi segnò nel profondo, un’esperienza forte, che ancora porto dentro. L’ 11/1/19 invece, vinsi un contest che mi portò a registrare una traccia in un noto studio Milanese. Quella canzone era “Miami”, il mio primo progetto ufficiale. Pochi mesi dopo l’uscita fui notato da Dome Recordings e firmai il mio primo contratto discografica.
Se dovessi collocare “11” in un contesto sonoro e culturale, dove lo posizioneresti?
Collocherei “11” nel cantautorato moderno. Le mie influenze provengono sia dal rap e dalla musica urban più in generale, sia dal cantautorato italiano in tutte le sue sfumature. Con “11” ho cercato di unire un testo sentito e riflessivo, a una sonorità fresca e orecchiabile.
“11” viene alla luce in periodo molto particolare per la musica. Tra pandemia ed eventi (quasi) del tutto fermi, quale pensi che sarà il futuro per “11”? E per la musica in generale?
Questo è un periodo particolare per tutti i mercati, l’industria musicale non ne è esente, su questo saremo d’accordo. Quando ho scritto “11” stava finendo il lock-down, l’incertezza era tanta riguardo i Live, le uscite e il mio della musica in generale. Ho voluto scrivere un pezzo, a mio parere, “senza stagioni”. L’intento era una canzone che potesse essere fruibile in ogni periodo dell’anno, spero di essere riuscito nel mio intento. Per quanto riguarda il futuro della musica, penso che piano piano tutto tornerà alla normalità, già si vede un’apertura per ciò che riguarda live e serate. Chiaramente ci vorrà tempo.
Cosa nel pensi della scena rap italiana? Ci sono ancora artisti e contenuti di spessore o no?
Decisamente sì. Ci sono molti artisti di contenuto e spessore, in questi ultimi anni la scena Italiana ha dimostrato di essere al pari con il resto del mondo come mai prima d’ora. Chiaramente, dato l’aumento vertiginoso di musicisti e la facilità con cui si può creare un brano, tanti “fenomeni da baraccone” hanno un esposizione. Io li considero più influencer che musicisti. Penso che ognuno abbia il suo business, fra 6 mesi molti di questi pseudo-rapper non esisteranno più, solo chi fa buona musica dura nel tempo.
Tu ti senti integrato nella scena?
Mi sento integrato nella scena, ma non ho ancora l’esposizione che desidero. Vorrei portare la mia città agli occhi della scena Italiana, perché ancora nessuno è stato in grado di farlo. Le uscite di quest’anno sono la punta dell’iceberg, quindi aspettatevi di tutto.
Di chi o di cosa hai bisogno quando scrivi musica?
Silenzio, tre pacchetti di Camel Light morbide e calma, molta calma.
Ultima domanda, il classico “Fatti una domanda e datti una risposta”. Che cosa puoi dirci?
Posso dirvi che quest’anno, fra le mie uscite, quelle del mio collettivo e degli artisti Dome Recordings, Firenze sarà finalmente sulla mappa del Rap Italiano. Stiamo per alzare il livello, ma sarà la musica a parlare.