Dolores O'Riordan in una performance a Cognac, in Francia, nel 2016
Dolores O'Riordan in una performance a Cognac, in Francia, nel 2016

La voce dolce e nevrotica di DOLORES O’RIORDAN e i disturbi di un’anima nera

Una scomparsa che ancora brucia quella di Dolores O’Riordan, voce dei The Cranberries. Era il 15 gennaio 2018 quando il suo corpo veniva ritrovato esanime nella sua vasca da bagno, con un tasso alcolemico decisamente elevato. Oggi avrebbe compiuto 48 anni. La tragica morte della vocalist irlandese ha lasciato una voragine nel cuore di chiunque l’abbia sentita cantare. E praticamente ognuno a questo mondo ha sentito almeno una volta “Zombie”. Il singolo estratto da “No Need To Argue” ha sancito l’entrata della voce di Dolores O’Riordan nell’alveo delle voci più memorabili di sempre.

Certo, non c’è un brano dei The Cranberries che non rifletta il passato oscuro di Dolores’O Riordan. Anoressia, alcolismo e disturbo bipolare: sono sintomi di traumi che la cantante rese palesi a un’intervista al The Guardian nel 1995. Dichiarazioni ermetiche, solo un anno dopo l’uscita di “Zombie”, che hanno fatto trapelare un trascorso di abusi sessuali subiti, cicatrici mai rimarginate. Quasi come se i suoi gorgheggi yodel, tanto eterei quanto graffianti, fossero frutto di un’anima nera, oltre che di uno stile canoro assolutamente personale e vincente. Con il successo della canzone dedicata a due giovani vittime dell’IRA, anche “Dreams” e ”Linger” del primo EP raggiunsero gli ascolti vertiginosi che meritavano fin dall’inizio.

I difficili gorgheggi yodel che caratterizzano la voce di Dolores O’Riordan hanno reso il suo timbro aggressivo ed elegante

Nonostante i disordini psichici, Dolores O’Riordan ha sempre lottato per rimanere lucida. A parte una grave crisi nel 2013, in cui aveva cercato di mettere fine a ogni sofferenza, dal 2017 aveva ritrovato buona motivazione per concludere un album con i The Cranberries. «Non ho concluso niente negli ultimi cinque anni», disse Dolores O’Riordan prima di mettersi a lavorare per l’uscita del disco di cui non avrebbe visto la luce. “In The End” è un album luminoso, l’ultimo che sentiremo con la sensazionale voce della cantante di Ballybricken.

Sono tante le canzoni con cui possiamo omaggiare la sua arte. Potremmo scegliere “Wake Me When It’s Over” (potete ascoltarlo qui), il singolo postumo, il secondo estratto da “In The End”. Invece chiuderemo con “Linger” e un aneddoto sull’adolescenza della cantante. A 17 anni, quando diede il suo primo bacio, credeva che l’utilizzo della lingua fosse una faccenda altamente disgustosa. «Have to let it linger» (n.d.r. cerchiamo di farlo durare), fu il suo pensiero dopo aver vissuto realmente l’esperienza. E questa la canzone della disperazione quando il ballerino che l’aveva sedotta non volle approfondire la sua conoscenza.

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