L’Afi (Associazione Fonografici Italiani) ha presentato un ricorso per decreto ingiuntivo contro la Rai che “negli ultimi dieci anni ha accumulato oltre cinque milioni di euro di debiti per diritti musicali non pagati” si legge nella nota dell’Afi che sottolinea che, “come stabilito per legge, i produttori discografici sono titolari di diritti patrimoniali che si attivano ogni volta che una loro opera viene utilizzata dalle emittenti radiofoniche, televisive e cinematografiche. In forza della stessa legge, la Rai stipula accordi con le Associazioni dei produttori per l’utilizzo in licenza del repertorio da loro tutelato, prevedendo i rispettivi compensi (altrimenti determinati ex lege). Quindi, se da un lato le regole formali sono stabilite (al netto dei mancati rinnovi contrattuali, a solo titolo esemplificativo l’AFI è in regime di prorogatio rispetto ad un contratto del lontano 2013) dall’altro le azioni della società concessionaria sono sempre di natura informale con lo scopo unico di tutelare il proprio personale interesse, il quale nella pratica si traduce in milioni di euro sottratti ai produttori musicali”.
“A seguito di un opportuno approfondimento di Afi rispetto al repertorio dalla stessa gestito e utilizzato all’interno dei programmi Rai, infatti – prosegue la nota – l’Associazione ha rilevato gravi inadempienze e anomalie nel sistema di pagamento della tv pubblica nei confronti dei produttori discografici che hanno spinto l’Associazione a cercare un’interlocuzione risolutoria con i vertici dell’azienda”.
”La nostra volontà era quella di trovare insieme una rapida soluzione, riconoscendo la comune provenienza industriale delle due realtà”, afferma il presidente dell’Associazione, Sergio Cerruti, spiegando che “nonostante le diverse comunicazioni e richieste d’incontro inoltrate agli organi dirigenziali dell’azienda oltre che al Consiglio di Amministrazione e all’AD Fuortes, nulla ci è stato concesso”.
”È alquanto sconsigliato contrapporsi alla Rai per chi, come me, ha fatto della musica il proprio lavoro – continua Cerruti – ma sin dal primo giorno in cui ho intrapreso questo ruolo l’ho interpretato con spirito di servizio e senso di responsabilità, due aspetti spesso assenti in un settore che registra un ritardo strutturale di oltre 20 anni, le cui cause sicuramente vanno ricercate anche nei sistemi gestionali degli addetti ai lavori. Per questo non mi risparmierò nel combattere ogni ingiustizia proveniente dalla Tv pubblica, nella speranza che in questo periodo di cambiamento anche politico ci sia qualcuno disposto a difendere e tutelare i diritti dei lavoratori dell’industria musicale esattamente come succede per tutti gli altri segmenti industriali.”, conclude il presidente dell’Afi ribadendo di augurarsi che “la Rai voglia chiarire tutto e riconoscere ai miei associati quanto gli è stato tolto”.
La risposta della RAI
La Rai ha appreso “con sorpresa” delle dichiarazioni rese da Afi all’interno dell’articolo pubblicato ieri sul ‘Fatto Quotidiano’, nonché “nella propria nota ripresa oggi da alcuni organi di stampa”, in cui “si accusa sostanzialmente il servizio pubblico di non pagare i diritti agli artisti e agli autori musicali. Accuse infondate e che ignorano, volutamente, di menzionare i milioni di euro che la Rai riconosce agli autori e agli artisti ogni anno e alle associazioni che li rappresentano”, precisa una nota Rai.
“Le esternazioni di Afi riguardano del resto una vicenda che non ha niente a che vedere con l’impegno di Rai a sostegno della produzione musicale italiana anzi lo conferma ancora di più – prosegue la nota.
La Rai ha infatti fin da subito preso in carico le richieste di Afi e di fronte alle non poche difficoltà incontrate nel ricostruire i fatti, anche in ragione del numero delle rivendicazioni (migliaia) e degli anni passati (talvolta più di 12), ha dato piena ed immediata disponibilità a fornire chiarimenti e ad avviare un tavolo tecnico che consentisse di risolvere le questioni pendenti”.
Inoltre, “l’impegno profuso da Rai e la sua buona fede sono ancora più evidenti se si considera che le contestazioni di Afi sono pervenute dopo che quest’ultima aveva, anche formalmente, riconosciuto in più occasioni la correttezza dell’operato di Rai, salvo poi cambiare idea e formulare migliaia di disorganiche rivendicazioni che, è necessario precisare, nella quasi totalità dei casi riguardano musiche facenti capo alla medesima società”.