Oggi diamo il benvenuto a Luke Rhodes su Music.it. È un piacere scambiare qualche parola. So che da quando sei a Roma hai suonato in diversi locali, rompiamo il ghiaccio raccontando ai lettori un aneddoto divertente in proposito?
Salve a tutti, il piacere è tutto mio! Aneddoti divertenti legati ai miei live? Partiamo in quarta con le domande vedo -ride -. Mi viene in mente che nel mio ultimo live ho invitato degli amici musicisti e cantanti a vedermi, tant’è che alla fine abbiamo anche fatto una piccola jam session, per il resto dell’esibizione però ero sicuro di aver suonato da solo (avevo la spia in cuffia e non sentivo molto di ciò che succedeva all’esterno). Il giorno dopo riguardando le storie in cui mi hanno taggato su Instagram, scopro che per metà concerto avevo un chitarrista elettrico che si era messo a fare assoli fantastici mentre suonavo e non essendomi accorto di nulla nemmeno gli ho detto mezza parola quella sera. Nonostante l’imbarazzo che ho provato poi, il risultato pare essere stato molto d’effetto!
Hai iniziato a suonare la chitarra all’età di sei anni. Come è nata questa passione per la musica?
La passione per la musica è iniziata molto prima, la chitarra è arrivata solo in un natale dopo mille capricci nati l’estate dello stesso anno, quando vedevo mia cugina suonarla. I primi ricordi o quasi, risalgono a quando avevo 4 anni (in parte devo fare affidamento a quello che mi raccontano i miei) e giravo con questo giocattolo di Paperino, che non so descrivere esattamente con un nome. Aveva un’imboccatura dove soffiare e una tastiera per modulare le note… credo che ora mi ritireranno il diploma – ride -. Riproducevo ogni cosa che sentivo ad orecchio, come per esempio la suoneria del cellulare di mia madre sotto il suo sguardo sconvolto.
Quali sono gli artisti che hai maggiormente preso come punto di riferimento all’inizio del tuo percorso?
Prima ero solito ascoltare musica italiana senza un vero e proprio gusto – fatta eccezione per il periodo dai 3 ai 7-8 anni in cui avevo una fissa per De André, tornata poi nell’età adulta – e improvvisamente capitai tramite YouTube in alcuni brani di Avril Lavigne. La faccio breve, ho una cotta per lei da quando la vidi su MTV nel 2002 e ancora non mi è definitivamente passata. Musicalmente parlando mi introdusse a generi più “rockeggianti”, facendomi da ponte tra Laura Pausini e gli Iron Maiden. Di conseguenza iniziai a studiare l’inglese sia per comprendere le news che rilasciavano i miei nuovi artisti preferiti (Green Day, Nickelback ecc…) nelle interviste senza dover aspettare le traduzioni, sia soprattutto per scrivere canzoni in inglese, lingua che suona meglio col modo che ho di raccontarmi nelle canzoni.
Ad oggi hai nuovi punti di riferimento oppure gli “artisti del cuore” sono ancora gli stessi?
Sicuramente continuo a tenere nel cuore gli artisti di cui ho parlato sopra, anche se molti non sono più nelle mie playlist. Sono andato un paio di anni fa a sentire i Green Day dal vivo (mozzafiato) e continuo a seguire Avril Lvaigne, però i miei artisti di riferimento sono decisamente altri considerando che il mercato è cambiato, e puntando ad un pubblico il più vasto possibile devo tenere conto delle novità che emergono ogni giorno. Una grande, immensa passione che è emersa negli ultimi anni è sicuramente quella per Beyoncé, non passa giorno che non rimanga sempre più sconvolto dalla mole di lavoro e talento che continua a mettere in tutto ciò che fa. Dopo Michael Jackson credo sia il più grande esempio che io possa seguire.
Recentemente hai avviato una campagna di crowdfunding per cercare di produrre il tuo disco, ma non è andata bene. Quali pensi che siano stati i punti critici di questa campagna?
Uh, ferita aperta – ride -, onestamente non penso che la campagna avesse molti punti deboli. Forse l’obiettivo economico era troppo alto e per questo anche dopo le prime donazioni, la percentuale di completamento essendo rimasta bassa può aver scoraggiato le persone a partecipare. Francamente non riesco ad attribuire a qualcosa di specifico il fallimento, può essere anche il periodo natalizio, che solitamente come ogni periodo di vacanze crea una diminuzione dell’afflusso di utenti sul web.
Credi che ad oggi la musica si basi solo sul sapersi vendere, oppure vale la pena scrivere ciò che più ci piace senza pensare all’ascoltatore?
Personalmente credo che non debba mancare nessuna delle due capacità in una carriera. All’inizio trovo utile sapersi vendere, nel modo giusto e che sia sempre nei limiti del dignitoso. Il rispetto per sé stessi e per il pubblico non deve mai mancare. Più avanti, magari con qualche tormentone alle spalle, ci si ritrova con un pubblico e un buon nome nel mercato, questa è la condizione base per poter iniziare a seguire di più i propri interessi artistici. Magari anch’io tra qualche anno potrò pubblicare pezzi che non attirerebbero l’attenzione ora, ma che ho scritto perché ne ho avuto bisogno, esprimendo ciò che solo a parole non riuscivo a dire. Ovviamente non è la cosa giusta da fare in tutti i casi, c’è chi mantiene la propria passione musicale come un hobby. In quel caso suggerisco di fregarsene totalmente ed usare quest’arte solo ed unicamente come forma di espressione.
Restando in argomento, stai avviando tanti progetti paralleli alla tua musica, che spaziano dal teatro ai video su Youtube, dammi qualche informazione in più.
Al momento l’unico progetto davvero nuovo è quello dell’aver aperto un canale con Alberto Pagnotta, Violetta Rocks ed Arianna Bonardi, dopo il successo della nostra collaborazione con un medley a tema Anastasia – d’animazione del ‘97 – e aver formato i Backdoor Broadway. Per quanto riguarda il teatro; ho recitato molto in passato tra prosa e musical e non nascondo che amerei tornare a recitare magari davanti l’obiettivo, cosa che mi ha sempre affascinato, ma che non ho mai avuto l’occasione di sperimentare. Tornando in tema YouTube sto continuando a pubblicare cover di brani famosi sul mio canale principale, anche se molto meno frequentemente. Nonostante l’esito della campagna di crowdfunding sono ancora motivato a realizzare il mio disco e perciò sto lavorando parallelamente agli inediti.
Progetti per il futuro? Puoi svelare qualcosa ai nostri lettori e ai tuoi fan?
Nel futuro più immediato ci sono gli innumerevoli video a tema Disney o sulle serie TV più in voga, che continuerò a realizzare con i Backdoor Broadway. Contemporaneamente spero di poter rilasciare nuova musica originale molto presto. Guardando più avanti nel tempo, ovviamente, ho grandi piani incentrati quasi tutti sulla musica e sono pronto a seguirli anche all’estero!
Ti ringrazio per averci prestato un po’ del tuo tempo. Ti lascio quest’ultima risposta come lavagna per i tuoi pensieri!
Innanzitutto ringrazio io voi per le splendide domande e per l’ospitalità! Spero di poter rileggere questa intervista tra qualche anno e ripensare a ciò che sto vivendo come l’inizio di qualcosa di grande. Capita spesso purtroppo di avere momenti in cui l’obiettivo sembra essere fisicamente troppo lontano da raggiungere. Credo che la linea di confine tra il farcela e il restare fermi sia proprio il continuare a provarci. Bisogna farlo anche quando a volte si smette per un po’ di crederci, perché a discapito di quello che si racconta in giro, vi assicuro che nessuno è convinto al 100% tutto il tempo di quello che fa. Come nel mio e in tantissimi altri casi, a volte, tentare ancora è tutto ciò che ci rimane da fare, e so che un giorno l’ennesimo tentativo sarà quello giusto. Un abbraccio, Luke.