MARTYR LUCIFER - “Sto coi piedi per terra e punto sempre al cielo”
Martyr Lucifer e i suoi collaboratori Leìt, Fox e Alexios.
Martyr Lucifer e i suoi collaboratori Leìt, Fox e Alexios.

MARTYR LUCIFER – “Sto coi piedi per terra e punto sempre al cielo”

Ciao Martyr Luficer! E benvenuto a te e alla tua line-up sulle nostre pagine. Ti va di raccontarci com’è accaduto il momento in cui hai capito che un giorno avresti detto: “la mia banda suona il rock”?

Ciao! Bella domanda! L’idea del progetto nasce molti anni fa, nel 2005. Al tempo il mio unico progetto musicale erano gli Hortus Animae, band di metal estremo. Sentivo tuttavia il bisogno di esprimermi in maniera differente ed ho cominciato ad abbozzare dei demo. L’idea iniziale era di fare un album piano e voce, che però ho accantonato senza più lavorarci. È stato anni dopo, grazie a Leìt, che ho ripreso tutto in mano. Sono partito anche da quelle canzoni e ho cominciato però ad aggiungere cose, fino ad arrivare a “Farewell to Graveland”, disco gothic metal molto influenzato da progressive, elettronica e alternative rock. Aspetti che poi hanno cominciato a prevalere nei dischi successivi.

La tua musica filtra un repertorio decisamente vasto. Volendo definire un percorso secondo le definizioni dei critici: quali sarebbero le influenze che dagli albori ad oggi ti hanno portato alla creazione di “Gazing at the Flocks”?

Ai generi musicali di cui ti ho già parlato aggiungerei la darkwave e l’indie pop. Se parliamo di influenze dirette, penso di poter citare su tutti Tiamat, Katatonia, Alice in Chains, The Cult, Joy Division, R.E.M., The Sisters of Mercy.

La collaborazione con Leìt è avvenuta dal principio e continua ancora oggi. Mi domando quanto ti sia d’ispirazione e chi, attorno a te, ispira la magia della creazione.

Leìt è una mia grandissima fonte di ispirazione, è con lei che molte volte elaboro i concetti di canzoni e album. Per il resto la magia mi viene data in prestito dalle varie esperienze di vita, dalla letteratura, dal cinema e dall’arte in generale. La presentazione di un testo magari può a volte risultare criptica, ma questo è intenzionale, perché mi piace pensare che un ascoltatore possa filtrare le parole attraverso la propria esperienza e personalità, e trarne delle proprie conclusioni.

Qual è il concerto a cui, oggi, devi assistere assolutamente?

Vorrei tantissimo andare a vedere i Dead Can Dance durante la loro prossima tappa in Italia. È una band dallo spessore assoluto, che ha contribuito molto alla mia visione artistica e alla mia formazione musicale.

Perché hai scelto la criptozoologia per tessere il percorso narrativo di “Gazing at the Flocks”?

Mi affascina il concetto di un intero mondo racchiuso in una cosa compatta, come per esempio un bestiario. Nel nostro caso, criptozoologico. Nella nostra analisi, quella che presentiamo nel disco, ogni creatura ha la sua storia infinita, che però possiamo tenere in mano. È un concetto forse un po’ intricato, però allo stesso tempo spiazzante nella sua semplicità: un universo immenso può essere racchiuso fra i palmi delle mani. Amiamo le cose nascoste, e la critozoologia ha sicuramente meno voce rispetto ad altre scienze. Abbiamo voluto racocntare delle creature che si scoprono avere gli stessi nostri sentimenti.

“Flock” vuol dire “Gregge”, ma anche “Stormo”. Mi domando: Martyr Lucifer è una creatura dell’aria o della terra?

A livello filosofico “la creatura” Martyr Lucifer è d’aria. Però coabita con il Martyr Lucifer uomo, che è, volente o nolente, ancorato alla terra. Farli coesistere in maniera pacifica significa stare coi piedi per terra e puntare sempre al cielo.

La scelta di cantare in inglese, invece, è dettata da qualcosa che va oltre la musicalità dell’idioma?

Ho cominciato a scrivere canzoni fin da giovanissimo, ascoltavo prevalentemente band straniere e quindi esprimermi in inglese è diventato via via sempre più naturale per me. A volte un concetto mi nasce direttamente in maniera anglofona.

L’omaggio reso a Paul Williams è per amore del film “Phantom of the Paradise” oppure perché ti piace “Somebody Super Like You”?

“Phantom of the Paradise” è uno dei miei film preferiti di sempre. Da molto tempo avevo in mente di riproporre alla mia maniera una delle splendide canzoni di Paul Williams raccolte nella sua esplosiva colonna sonora. La scelta è caduta su “Somebody Super Like You”, che nella colonna sonora è stata registrata da Harold Oblong and the Undead, perché a livello musicale aggiunge qualcosa di prezioso al disco. A livello lirico si integra col concetto, pur non riferendosi ad una bestia. Il gregge delle creature di “Gazing at the Flocks” ha bisogno del superuomo protagonista della canzone come pastore. È una reinterpretazione di un concetto globale: la possiamo riscontrare parlando di religione, politica, show televisivi. Quel che intendo dire è che il superuomo è costruito ad hoc sulle apparenze e non sulla sostanza. E tanto noi quanto le bestie, abbiamo così una specie di divinità da idealizzare.

La tua è una produzione prolifica. Hai intenzione di mantenere la line-up attuale per progetti futuri? Hai già in mente qualcosa da fare dopo il tour?

Io e Leìt abbiamo trovato in Alexios e Fox due validi collaboratori. Ho assolutamente intenzione di registrare con loro il prossimo disco, che è già in fase di scrittura. Al momento non c’è un tour all’orizzonte, però stiamo programmando alcune date per promuovere “Gazing at the Flocks”.

Lascio a te l’onore di salutare questo luogo virtuale come meglio credi. Non ci scandalizziamo, vanno bene anche le tag che si scrivono sui muri.

(Ride). No, niente tag! Grazie per lo spazio che ci avete concesso. Invitiamo i vostri lettori ad immergersi nelle atmosfere di “Gazing at the Flocks”. E lanciamo l’hashtag #nientetag!