È uscito da poco il nuovo album di Nicolò Carnesi, dal titolo “Ho bisogno di dirti domani”. Un lavoro denso di significati e spunti di riflessione scritto dal cantautore palermitano che abbiamo già avuto modo di recensire. Rimasti piacevolmente colpiti da questo talento, ci siamo incuriositi e siamo andati ad incontrarlo al Goccia – Ristoro Permanente di Roma dove presentava alcune delle canzoni che formano “Ho bisogno di dirti domani”.
Prima dell’esibizione siamo riusciti a rubargli del tempo per farci raccontare di lui e del suo nuovo lavoro. Un’intervista ai limiti dell’astratto nella quale il cantautore è riuscito a spiegarci l’essenza di quello che c’è dietro e dentro al nuovo album. Ma prima di entrare nei particolari, Nicolò Carnesi non ha potuto esimersi dal raccontarci un aneddoto divertente accaduto durante un suo concerto.
«Era il giorno del mio venticinquesimo compleanno ero a Palermo e dovevo suonare per una manifestazione. Venivo da una serie di concerti e quella sera arrivai molto stanco. Salii sul palco, c’era molta gente, quasi cinquemila persone ma il concerto andò bene. Prima di finire, però, volevo fare una sorta di performance, un gioco, e cioè che io scendevo dal palco con la chitarra con l’idea di far suonare il pubblico a caso. Il problema è che non avevo calcolato, questo dovuto alla non lucidità, che la base in cui saltai dal palco era un carrello vuoto, con le ruote aperte, quindi nel momento in cui precipitai su questo baule con le ruote, volai via cadendo al contrario e sbattendo la testa. Questo mi fa ridere ma in realtà ho rischiato e non poco».
Fa ridere anche noi, ma non potevano non chiederci quali furono poi le conseguenze.
«Le cose divertenti stanno sempre in bilico tra la vita e la morte»
«I tipi della sicurezza mi rimisero in piedi ma io con la testa avevo perso gli ultimi quindici secondi; andai comunque con la chitarra mezza rotta a fare la performance. Ho ancora una foto di me in quel momento, nella quale io sono accasciato e abbracciato dal pubblico. Ho capito che la morale di tutto ciò è: non saltare quando non sei sicuro del posto in cui atterrerai».
Questo racconto ci ha fatto preoccupare, ma Nicolò con sincera ironia ha saputo far tornare il sorriso.
«Non mi sono fatto particolarmente male, mi si è sballato l’equilibrio ma lo hanno rimesso a posto. Potrebbe essere quasi una canzone: “Si è sballato l’equilibrio”. Comunque, avevo anche solo venticinque anni ed ora ne ho trentadue. Ne è passato del tempo».
E proprio a proposito del tempo abbiamo chiesto a Nicolò Carnesi di parlarci di “Ho bisogno di dirti domani” e di come ha preso vita questo nuovo lavoro.
«La prima canzone che ho scritto, non sapendo che poi sarebbe finita su un disco, la scrissi più o meno a inizio 2017. Me lo ricordo bene perché abitavo a Milano e mi arrivò una botta di nostalgia di casa, sotto forma di odore. Molto spesso l’olfatto rievoca dei ricordi passati e a volte riesce a visualizzarli: fu un odore di pesche, tipico profumo del marcato estivo tipo di Palermo; questo mi procurò una profonda nostalgia e scrissi la canzone “Un giorno di pesche” in dieci minuti».
«Molto spesso l’olfatto rievoca dei ricordi passati e a volte riesce a visualizzarli e fu un odore di pesche»
Nicolò ha saputo afferrare quell’impercettibile sensazione e renderla eterna. Ma la forza è stata poi quella di dar vita ad un vero e proprio album.
«“Un giorno di pesche” cominciò a farmi capire che avevo bisogno di dire qualcosa. Ho capito che era tornata in me l’esigenza di scrivere e ciò non è mai scontato, perché non sai mai quando ritornerà in maniera pura. Mettersi a scrivere è mestiere. Credo che fare un disco deve essere qualcosa di assolutamente genuino e sincero. La traccia “Ho bisogno di dirti domani”, invece, è nata a Palermo e capii subito che doveva anche essere il nome del disco: da lì sviluppai il concetto di tempo».
Quindi non solo la musica, ma anche la fisica incuriosisce e cattura l’attenzione di Nicolò.
«Sono un appassionato di fisica, leggo molto i saggi divulgativi. Mi affascinano i concetti, per esempio il concetto che il tempo viene percepito solo dagli esseri viventi, che quest’ultimi producono energia, calore, o che l’adesso non esiste e domandarsi “Cosa succede adesso su Proxima Centauri” è assolutamente senza senso».
L’adesso non esiste. Questa frase ci ha riportato con la mente al brano strumentale che apre l’album intitolato “Il presente”. Nicolò Carnesi ci ha voluto dare la chiave di lettura e di ascolto di questo inizio.
«Il presente non esiste, quindi non ha testo, non lo puoi raccontare perché illusorio e quindi come lo esprimi questo concetto in un disco di canzoni? Senza mettere le parole e subito si arriva alla proiezione del presente verso il domani ed è “Ho bisogno di dirti domani”, seconda traccia».
Impossibile rimanere indifferenti alla struttura interna dell’album: inizia con il presente, poi attraversa il futuro e finisce con il passato. Abbiamo domandato a Nicolò se c’è una precisa logica dietro a questa organizzazione.
«Ci sono momenti in cui sei realmente innamorato e non pensi più al tempo»
«La logica è esattamente in realtà il contrario della logica stessa, il tempo stesso è illogico. Noi lo fruiamo lateralmente, ma tendenzialmente non lo è, è una sorta di cerchio, di loop, nel tempo si interseca passato presente e futuro. Questo avviene anche nelle relazioni, perché la relazione è fatta molto di relatività, di tempi relativi. Ci sono momenti in cui sei realmente innamorato e non pensi più al tempo, lo fruisci perché è uno stato mentale; altre volte, invece, ti pesa tantissimo passare del tempo con qualcuno, addirittura a volte può essere un macigno. Fondamentalmente attraverso la scaletta ho cercato di descrivere questo sorta di cerchio di Nastro di Möbius, che in realtà è un loop infinito».
Nicolò ha parlato di relazione e, ovviamente, abbiamo voluto indagare a riguardo chiedendo quale ruolo ha avuto l’amore all’interno del disco.
«L’amore in sé non credo che abbia un ruolo, forse c’è più l’idea dell’amore, la mia proiezione. Io credo di vivere una contraddizione forte rispetto a questo sentimento: ne parlo spesso ma lo provo molto raramente, ultimamente credo mai, è un po’ amaro da dire ma è così. Noi poniamo questo sentimento sotto l’esclusivo punto di vista dell’amore tra due persone, ma in realtà l’amore può essere per mille altre cose: per il mio cane, per la musica che faccio, la mia passione»
Quindi possiamo dire che sia il tempo che l’amore sono relativi?
«Assolutamente, sono in relazione tra l‘altro».
Nonostante l’ampio discorso che si sarebbe potuto aprire, abbiamo preferito concentrarci su una parola che ricorre in “Il futuro”, brano che ci ha colpiti particolarmente. Il cantautore ci racconta come è cambiato nel tempo il significato della parola “Navigare”.
«Ok navighiamo, ma sta volta davvero»
«In passato navigare significava scoperta, rischio, scelta, pericolo. Oggi, invece, nell’accezione comune del termine occidentale è un’altra cosa. Non dimentichiamoci che c’è anche la navigazione dei migranti, ma per loro è rischio e non più una scoperta, lo fanno per sopravvivenza. Noi abusiamo di questo termine e fondamentalmente non lo abbiamo del tutto compreso. Proprio per questo motivo che ad un certo punto del brano dico “Ok navighiamo, ma sta volta davvero”. Internet per certi versi è stato un forte fallimento e non sono l’unico a dirlo: non ti connetti più su uno smartphone con il senso di scoperta, ma di abitudine, anzi a volte è lui che sceglie per te, che è anche il discorso nella traccia “Amore capitale”. Finiamo per essere succubi degli algoritmi, delle scelte nemmeno altrui, ma programmate da qualcuno»
Siamo convinti e fortemente d’accordo con il discorso di Nicolò.
«Non è nel mio carattere giudicare le cose, anzi sono anche favorevole allo sviluppo, penso siano la soluzione finale dell’uomo, visto la situazione attuale; però possiamo farlo con una consapevolezza maggiore e cominciare a riflettere sulle nostre scelte e su quello che crediamo di scegliere ma che non scegliamo più»
Per timore di rubare troppo tempo a Nicolò Carnesi siamo costretti a chiudere l’intervista anche se avremmo voluto continuare a parlare per ore. Prima di salutarci, però, ci lascia un suo personale messaggio.
«Il segreto sta nel rubare il tempo»
«Quello che mi auguro è che questo disco abbia dedicato un po’ di tempo, che le persone che lo ascoltano possano dedicare una piccola parte del proprio tempo a queste canzoni. Solo questo per me sarebbe una grande soddisfazione anche perché ormai è tutto veloce: l’idea che qualcuno mette un vinile e dedica quaranta minuti a queste canzoni mi rende soddisfatto e mi fa dire: ok, ne è valsa la pena!»
Dunque, invito tutti coloro che ancora non lo abbiano fatto ad ascoltare questo album piuttosto che navigare e quindi naufragare nel web: il tempo che ci concediamo per pensare è sempre tempo ben speso e questo non è relativo, ma è appurato.