Abissale e primordiale, è in questo modo che si potrebbe definire “Nïnde”, l’album d’esordio del giovane compositore Michele Piano. Registrato esclusivamente con tastiere e sintetizzatori analogici, “Nïnde” dipinge lontani ed utopici paesaggi sonori, regalando atmosfere sospese ed immaginifiche. Quello di Michele Piano, pianista e compositore pugliese, è un minuzioso e ragionato lavoro che richiede calma e concentrazione. Introspettivo quanto basta per sprofondare ed estraniarsi dalla realtà circostante, fino a raggiungere quella sottile unione tra l’uomo e la natura.
“Nïnde” è un album dalle lunghe e variegate melodie impreziosite da sonorità elettroniche; un ambient che suscita sentimenti contrastanti, essenzialmente forti, profondi, alla ricerca di un’armonia, dell’unione dell’essere con il suo universo. In tutto l’album si percepisce un equilibrio sonoro che si viene a creare attraverso elementi armonici primordiali, è lento il suo crearsi ma continuo, evolve senza fretta; Michele Piano sembra volersi soffermare e sviscerare passaggio per passaggio; è frequente l’utilizzo di loop di rumori che ribadiscono, analizzano, prima di procedere.
Michele Piano con “Nïnde” intraprende un percorso di riconciliazione, ripartendo dalle origini; perché è necessario sfiorare l’oscurità per poter tornare a brillare
Nel terzo brano dell’album “Mitta”, c’è tensione, sembra che qualcosa stia per accadere, profetico, dall’ampio respiro. Per poi tornare sui propri passi – come per ribadire che non si è ancora pronti per il cambiamento – con “Nïnde pt. 2”; quest’ultimo è un brano che fa tornare alle origini, come per ricominciare, ancora una volta, ma più forti: solo in questo modo sarà veramente possibile il progresso. Infatti, nel penultimo brano, “Vileno”, si cambia registro, una vera rinascita: è la natura che si riaccende, prende forma e crescere con elegante e caotica armonia. Con “Vileno” comincia l’ascesa che nell’ultima traccia porta alla liberazione.
L’album viene chiuso da “Oro12+Palmegane reca”, brano che porta in grembo un sentimento di libertà; ed è così che da un canto lontano, quasi spaventoso e sommesso, si arriva ad un canto libero e fluttuante che s’innalza verso un nuovo e migliore orizzonte. Un lavoro delicato, minimale, in grado di catturare l’attenzione sin dal primo ascolto. Michele Piano con “Nïnde” intraprende un percorso di riconciliazione, ripartendo dalle origini, dal nulla; perché, in fondo, è necessario sfiorare l’oscurità per poter tornare a brillare. Intensa e riflessiva, questa è la storia che vuole raccontarci il compositore pugliese, in una rinascita chiamata libertà.