Nocument, a noi non piace rispettare gli standard delle solite interviste, quindi seguiamo il nostro originale format e vi chiediamo di raccontarci un vostro intimo ricordo musicale legato alla band.
Pensare ad un ricordo intimo per noi è pensare subito a Palermo. L’estate scorsa siamo partiti per visitare questa bellissima città, in occasione anche di un live ad un festival. Un’esperienza importante oltreché divertente: mare, litigi, arancini, lunghe passeggiate, treni persi e sciolle siciliane, hanno permesso a noi quattro di conoscerci meglio, di consolidare un legame all’infuori dalla musica. Così per una settimana abbiamo alloggiato in un bilocale buio che abbiamo battezzato come “Tugurio di Barbie”. Era nuovo, fucsia e verde mela, ma puzzava di fogna, motivo per cui non stavamo mai in casa. Una sera però abbiamo chiuso Robin nella stanza dicendole che avevamo una sorpresa per lei, stile festa di compleanno: la sorpresa era che avevamo ammazzato una blatta gigante appena fuori la sua porta; quando lo ha scoperto non sapeva se ridere o piangere. Indirettamente la guerra alle blatte ci fa pensare anche ai bei momenti della casa di Napoli, a Montesanto. Per certi versi se un gruppo di persone si unisce per combattere le blatte è già da considerarsi una famiglia.
La vostra formazione è cambiata diverse volte negli anni e sono stati diversi i vostri collaboratori. Cosa ha portato ognuno di loro? I cambiamenti sono stati dovuti a delle scelte diverse oppure cercavate l’equilibrio perfetto?
Ogni persona a contatto con i Nocument contribuisce a tenere in vita il progetto, che siano amici o semplici conoscenti che danno il loro apporto per caso. Il succedersi di vari musicisti ha dato l’occasione di evolvere il nostro sound, di trovare nuovi arrangiamenti per le canzoni o ispirarne addirittura di nuove. Il risultato di tale atteggiamento si è concretizzato in “Carpe Diem” per quel che riguarda batteria e tastiere. Infine, determinante per la stesura del disco è stato l’ausilio del Machina Studio e della Jam Music Factory che ci hanno fornito i mezzi e le conoscenze imprescindibili per portare a termine il lavoro. L’equilibrio perfetto lo abbiamo raggiunto ora, con questa formazione, sebbene con non poca fatica.
I vostri pezzi senza dubbio richiamano i movimenti rivoluzionari della scena post-punk dei primi anni ottanta. Come mai vi ritrovate in questa scena? Credete che attualmente ci sia bisogno di una nuova rivoluzione musicale?
Rispecchia il nostro ideale di libertà in musica. Una scena molto seminale, poliedrica, che si è evoluta fino a sconfinare nel pop. Qualcuno l’ha nominata “l’avanguardia scema del novecento”. Dal punk ereditava l’attitudine alla rottura e ad aprirsi a contaminazioni; tutto quello che non era etichettabile come genere era classificato come new wave, lasciando un punto di domanda su cosa significasse realmente in termini di musica. Era questa la sua forza, l’imprevedibilità, o almeno era così all’epoca. Una rivoluzione musicale è già in atto. Grazie ad internet, l’underground ora è alla portata di tutti. Possiamo ascoltare la scena francese, giapponese, americana in qualsiasi momento e subirne l’influenza molto facilmente. D’altro canto qualunque artista può disporre di una visibilità enorme sin dall’inizio, tanto che quando l’industria musicale lo scopre tende a snaturarlo in fretta e a fagocitarlo piegandolo alle richieste del mercato; è un effetto collaterale.
Quali sono gli artisti che vi hanno influenzato maggiormente nel tempo? Ma specialmente, ritenete che ci sia qualche grande della scena musicale attuale che valga la pena di seguire?
A parte i mostri sacri della new wave del passato, ce ne sono tanti, impossibile elencarli tutti. Tra i grandi della scena musicale di oggi seguiamo quelli coerenti a loro stessi ma in continua evoluzione: per esempio Radiohead, Blonde Redhead, Editors, Queens of the Stone Age. In Italia, Afterhours, Verdena, Il Teatro degli Orrori, Edda.
Sia nelle vostre canzoni, che nelle vostre parole, è forte il desiderio di ribellione contro la società, ma musicalmente, come vi approcciate a generi diversi dal vostro? Credete ancora nella musica che trasmette messaggi oppure pensate che ormai sia solo una grande questione di marketing?
È un approccio spontaneo, frutto dei gusti e della storia passata di ciascuno di noi: c’è che chi viene dal rock pesante, dal cantautorato, dal punk americano e non abbiamo pregiudizi verso altri generi. I messaggi la musica li trasmette eccome! Fa parte dei contenuti che rendono un’opera importante. Non tutta la musica è importante, questo è vero. Il marketing è un aspetto dell’industria musicale che serve a vendere un prodotto e far campare gli addetti ai lavori e gli artisti stessi. È importante però che ogni prodotto trovi spazio a prescindere dalla sua vendibilità.
Parlateci del vostro ultimo album “Carpe diem”, quale è il messaggio che volete trasmettere, e specialmente, a chi sperate arrivi?
“Carpe Diem” possiede una forte componente autobiografica, ma non nasconde messaggi quali il rispetto della natura, la critica alla società dei consumi e la solitudine dell’uomo moderno.
Narra di vittorie e sconfitte come conseguenza dell’agire, dell’ora o mai più. Un disco della ricerca di un’identità, la nostra, che smarriamo di proposito. Speriamo arrivi agli appassionati del genere e non solo.
Parlateci del vostro futuro. Ci avete detto che state rilasciando nuove tracce. Possiamo aspettarci un nuovo album nel prossimo futuro?
Domanda difficile. Il nostro futuro è incerto proprio come quello di alcuni ragazzi della nostra generazione; noi siamo del Sud quindi soffriamo la mancanza di opportunità del nostro territorio; non possiamo sapere la direzioni che prenderanno le nostre vite ma ci sforzeremo di tenere il gruppo unito e continuare quest’avventura a lungo. Qualche traccia nuova la metteremo in rete quest’autunno, riguardo l’album nuovo alcune canzoni sono già pronte per essere registrate. Speriamo bene.
Diteci qual è il vostro personale rapporto con le etichette discografiche. Pensate che la giusta etichetta possa far crescere degli artisti come voi qualitativamente?
Certo! Ma a parte qualche contatto sporadico, il nostro rapporto con le etichette è pressoché nullo. Al momento ce la caviamo da soli e va bene così.
Bene, dopo che avete risposto così gentilmente alle nostre domande, vi lascio un po di spazio per dire ciò che volete.
Quando pubblicherete questa intervista il nostro Loris sarà in Francia e quindi vogliamo dire solo questo: “LORIS, WE LOVE YOU!”.