Benvenuti Nosexfor sulle nostre pagine. Entriamo subito nel vivo. Raccontateci qualcosa di voi e della vostra musica.
Grazie mille! È piuttosto facile: chi ci vuole conoscere non deve far altro che ascoltare la nostra musica. Siamo quello che musichiamo. Quello che scriviamo e raccontiamo è quello che viviamo sulla nostra pelle, che ci colpisce direttamente o di rimando. Il nostro album omonimo “Nosexfor” è come se fosse una biografia tra le righe e sulle righe. Tra le righe nei brani più personali. Negli altri, specialmente in quelli con temi sociali, non le mandiamo certo a dire. È abbastanza chiaro che ci sono delle cose che ci fanno saltare la mosca al naso. Siamo due ragazzi di provincia con occhi e orecchie ben aperte e abbiamo la presunzione di credere che molti giovani italiani possano rivedersi in noi e in quello che diciamo.
La vostra formazione è semplice quanto efficace. Ci si potrebbe aspettare l’utilizzo della chitarra. Invece avete scelto il basso come unico strumento a corda. Come mai questa scelta e come si costruisce un tappeto sonoro solo con basso e batteria?
Vuoi mettere il basso con la chitarra? Col basso la faccenda ha preso una piega tutta diversa, più intrigante, più glamour. E la sfida era certamente più ardua. Riuscire a escludere la chitarra da quello che è da sempre il suo regno indiscusso, il rock, beh, se non è una rivoluzione è senz’altro un cambio di tendenza. La costruzione del set up è più semplice di quello che si potrebbe pensare: basta truccare il basso come uno scooter degli anni ’90. Tre ampli, un paio di pog e il gioco è fatto. La composizione invece è più delicata: non devi far rimpiangere l’assenza degli altri strumenti e devi saper usare, nei modi giusti, tutta la tastiera del basso. È tutto più divertente e stimolante. Inoltre volevamo assolutamente evitare un progetto con troppe persone. Questo era l’unico modo per escluderli, ed era l’unico modo per farlo in modo che risultasse anche figo.
“Pensavo fosse ok” è il singolo che avete scelto per presentare l’album. Come mai proprio questa traccia?
Non facendo prettamente pop e non essendo nati ieri, non avevamo nessuna particolare velleità. Sapevamo solo – o meglio speravamo – che avendo alcune caratteristiche catchy il brano avesse quell’immediatezza che potesse colpire al primo ascolto e che ci aiutasse ad avere un esordio artistico d’impatto. Ma la verità è che solo una volta pubblicato ci siamo resi conto del suo reale potenziale. Non avevamo capito che il titolo ripetuto in strofa più volte fosse, come si dice in gergo, un hook. Poi le persone hanno iniziato a scriverci messaggi, a fare complimenti, a dirci che non riuscivano più a togliersela dalla testa, a intonarla quando ci incontravano in giro nei bar. E allo stesso tempo le visualizzazioni del video su YouTube salivano freneticamente. L’abbiamo decisamente sottovalutato. Meglio così.
Parlateci anche del videoclip che, come appena detto, ha avuto in poco tempo un grande successo su Youtube.
Associare immagini e musica non è mai facile. Il rischio è di distorcere l’idea che un ascoltatore ha del brano. O addirittura mortificarlo. In questo caso non c’è dubbio che il video ha dato un plus al pezzo. La scelta vincente è stata anzitutto evitare di mettere in piedi uno storyboard complesso, non avendo fondi importanti. Un’idea semplice ma d’impatto come appezzare il set di palloncini è stata una buona intuizione. Quei palloncini simboleggiano la società che ci ammanta e cerca di conformarci. I neri che subentrano e si fanno spazio, invece, sono le personalità, il voler essere se stessi contro questa omologazione globale, agganciando così anche il tema del brano. Il più lo ha fatto il regista Michele Piazza, talentuoso videomaker che ha firmato lavori di artisti ben più quotati di noi, come Tiromancino, Arisa, Omar Pedrini, e che ci onora con la sua amicizia da oltre vent’anni.
“Nosexfor” racconta senza paternalismi e con una buona dose di ironia le ansie e la crisi dei giovani di oggi. È un’esortazione al risveglio o una protesta?
Entrambe le cose. Anche noi a volte pensiamo che forse sarebbe stato meglio nascere prima, e avere 20 o 30 anni negli anni ’70 o ’80. Non che il mondo allora fosse una verginella illibata, ma lo spirito delle persone era diverso e quasi sempre il male era chiaramente riconoscibile. Ma questa non è una scusa per piangersi addosso. Siamo figli di questo tempo, e dobbiamo viverlo al meglio delle nostre possibilità. E a volte per migliorare le cose bisogna alzare la voce, una cosa che gli italiani hanno dimenticato.
Quali sono state le vostre ispirazioni musicali per approdare al vostro progetto?
Siamo degli onnivori musicali: ascoltiamo veramente di tutto, anche per il lavoro che facciamo. Nelle recensioni che stanno uscendo in queste settimane hanno detto di noi di tutto: c’è chi sente del funky, chi il metal, altri il blues, pop, post-rock. Per noi è solo musica, la nostra musica. E la cantiamo in italiano perché non vogliamo filtri, neanche linguistici. Vai a capire poi come la musica che ascolti viene elaborata dall’inconscio e successivamente, quando scrivi e componi, guida le dita in un modo piuttosto che in un altro. Ma non è neanche necessario capirlo.
Quello che incuriosisce davvero è vedere la formazione basso-batteria su un palco. Potremo vedervi presto live?
In verità siamo in giro già da agosto. Abbiamo chiesto alla nostra booking agency di prendere date ancora prima di esordire perché scalpitavamo, volevamo rodarci e saggiare il polso della situazione con il pubblico davanti. Ovviamente poi abbiamo continuato anche a carte scoperte. Siamo stati a Roma, Empoli, Milano. Abbiamo chiuso l’anno a Pistoia. Stiamo lavorando per le date del 2019. Dovete seguirci per restare aggiornati. La gente con il cellulare ormai ci fa anche all’amore quindi non dovrebbe essere troppo complicato fare un salto sul nostro sito.
Nosexfor, è nostra usanza salutare gli artisti dedicando loro uno spazio vuoto da riempire con quello che vogliono. Questo è il vostro!
Lettori ricordate: domani è tardi e Nosexfor si scrive tutto attaccato.