Ciò a cui spesso non facciamo caso è proprio la distanza che possiamo percorrere con la mente, cavalcando i nostri pensieri. In questo senso penso che sia opportuno dire che la musica è il carburante dell’anima. Ma è proprio l’abitudine che spesso ci rende questa nostra capacità invisibile agli occhi. Tutto sembra semplice, tutto sembra scontato, inserisco la cassetta e premo play. E proprio sulle note di Brian Burgan mi accorgo di quanto invece sia importante conoscere questa indole ad andarsene dal proprio corpo, dalla propria città, dalla propria galassia. Comprendere il nostro modo di immaginare per andare più lontano, espandere i nostri orizzonti, o semplicemente fluttuare nello spazio profondo. Bentornati lettori di Music.it, oggi parliamo di “Obey to Black”, l’ultimo lavoro di Brian Burgan disponibile su tutte le piattaforme digitali.
Da alcuni anni a questa parte la musica elettronica ha guadagnato sempre terreno più nel nostro immaginario sonoro. Sembrano lontani quegli anni ’70 in cui si affacciavano i primi pionieri come Brian Eno o i Kraftwerk. Ma in un oceano di artisti quale è oggi il mondo dell’Electronic music diventa necessario saper distinguere ciò che vale veramente la pena di ascoltare. “Obey to Black” è l’ultimo disco del produttore italiano Brian Burgan. Come potranno confermarvi i suoi brani, il suo è un percorso artistico impeccabile. Dietro i suoi dischi infatti si nascondono due lauree in musica elettronica conseguite presso il conservatorio di Como, ed una passione per il suono che lo accompagna fin da quando era piccolo. Inutile dirlo, un esperto del mestiere. Il suo gusto per i suoni cupi mi riporta allo stile di artisti come Kiasmos o Jon Hopkins.
Il produttore italiano Brian Burgan ci presenta la sua ultima galassia di suoni in “Obey to Black”
Il sound di Brian Burgan mette le ali alla nostra fantasia. Un Kick costante che scandisce i battiti del nostro tempo interiore; una voce lontana che ci attira a sé, come le sirene di Ulisse. “Obey to Black” è un’unione perfetta tra un groove Techno, o IDM, e un panorama timbrico prettamente ambient. I suoni siderali che compongono le nove tracce del disco sono anche i mattoni di quello spazio che Brian Burgan ci ha concesso di visitare. Uno spazio che ci permette di comprendere la natura di quella legge universale che tutto governa. L’obbedienza, secondo la mia interpretazione dell’opera, è quella di un universo che tende alla disgregazione della materia, e all’autoconsumazione. Un buio che non potrà mai essere l’oggetto del nostro pensiero, un Deus ex Machina che si rivela nell’assenza.