Benvenuto a Paolo Palumbo sulle pagine di Music.it. A noi piace sempre iniziare le nostre interviste in maniera non canonica, quindi vogliamo chiederti si presentarti ai nostri lettori improvvisando una strofa che potrebbe entrare a far parte di un testo di una tua canzone.
Ciao ragazzi, vedo che siete andati subito al dunque! Volete una strofa potente? Eccola: “Ho tramutato il mio dolore in forza, come un cuoco che trasforma e valorizza i suoi piatti con la scorza”
Fare musica è già difficile per chi ha tutti gli strumenti del caso, per chi non ti conosce, potrebbe sembrare impossibile che tu faccia meglio di molti altri. Vuoi raccontarci come nasce una tua canzone o una tua produzione?
Essendo uno chef, il mio modo di esprimermi non è il linguaggio della musica, ma quello dei sapori. Sono principalmente un ascoltatore e non un cantante o musicista, e questa è stata un’esperienza diversa dal solito, che mi ha regalato emozioni e fatto imparare delle cose che non sapevo.
Quando Cristian Pintus, in arte Kumalibre, è venuto a conoscenza della mia storia, ha deciso di dedicarmi una canzone perché si sentiva molto legato alla vicenda. Mi ha inviato il brano e poi siamo diventati amici. In breve tempo ci siamo messi al lavoro insieme sulla canzone ripensandone il ritornello e certe parti, fino ad arrivare all’idea di inserire anche la mia voce. Abbiamo sperimentato! Quindi, essendo una prima volta per me, non ho ancora sviluppato un metodo di lavoro che so di ripetere nel tempo
È noto che prima dei tuoi 18 anni, la tua passione era la cucina. Se dovessi dare il nome di un piatto a un tuo brano, quale sarebbe e perché?
Penso sarebbe “Esplosione nelle Papille”, perché un piatto è come un brano ,è una forma di espressione d’arte ,di trasmettere emozioni e in bocca un piatto fatto bene esplode grazie alle papille gustative come quando si sente un brano che ci fa venire la pelle d’oca.
Quest’anno sali sul palco dell’Ariston. Un’emozione che davvero in pochi possono provare. Raccontaci come è andata e cosa si prova.
Ragazzi, è stato un mix di sensazioni che è difficile ricordare in modo lucido. Non vedevo l’ora di salire sul palco, ero emozionato comil sorriso aiuta lo spirito ed uno spirito raggiante è l’unica cosa che ci tiene vivie un bambino a Natale, però c’era anche l’adrenalina dovuta alla consapevolezza di stare per vivere un momento indimenticabile, forse il più importante della mia vita, e avevo una grande responsabilità. Di paura non ne ho avuta, ce ne vuole prima di farmi prendere paura!
Quali sono le armi che Paolo, il guerriero, usa contro il suo nemico numero uno, la SLA.
Le armi di Paolo sono l’amore della famiglia, la forza di volontà, la costante voglia di creare qualcosa di nuovo! L’arma migliore è la reattività, perché essere passivi e lasciarsi schiacciare dalle difficoltà non porta mai a nessun risultato.
Veniamo al tuo singolo “Io Sono Paolo”. Oltre i confini del tuo corpo, riesci a volare con gli occhi. Un messaggio veramente di speranza, che forse insegna più a chi non è costretto su una sedia che non viceversa. C’è qualcosa oltre il testo che avresti voluto dire?
Le cose da dire sono tante, questa è una canzone apripista, una di quelle che presentano una persona e quello che fa. Ho scritto altri testi che spero di tradurre presto in musica, in cui affronto molti temi differenti, come ad esempio la fede.
Sono rimasto colpito da “scusate la voce da casello autostradale”. Anzi, più che colpito ho riso per buona parte della canzone ripensandoci. Quanto è importante non prendersi troppo sul serio in queste situazioni secondo te? Quale è il giusto equilibrio?
Non vedo alcun problema nel prendersi sul serio, però penso che chi esagera nel farlo finisca per soffrire il peso della serietà a lungo andare. La mia condizione di per sé si può considerare molto dura, diciamo addirittura drammatica, ma se trascorressi tutto il giorno a piangermi addosso o a lamentarmi di quanto sia stato sfortunato, oggettivamente che differenza farebbe? Non guarirei, al contrario starei peggio e peggiorerei l’umore dei miei cari. Quindi tanto vale prendere di petto la cosa e riderci su, perché il sorriso aiuta lo spirito ed uno spirito raggiante è l’unica cosa che ci tiene vivi.
Per concludere, parlami del progetto che ora porterai nelle scuole, atto alla sensibilizzazione dei giovani a non fare uso di alcol e stupefacenti.
Dopo la mia esibizione a Sanremo è venuta a trovarmi Nunzia de Girolamo. Abbiamo fatto una chiacchierata, parlando di un progetto bellissimo che mi vede coinvolto in prima persona, per cui devo ringraziare il ministro dei beni e delle attività culturali Franceschini e la ministra dell’istruzione Azzolina. Sono anni che cerco di veicolare le lezioni che ho imparato. Il valore della vita, la famiglia, l’altruismo, la voglia di svegliarsi al mattino e creare qualcosa di nuovo: tutte cose che avrei voluto che qualcuno mi trasmettesse a scuola. La cucina mi ha insegnato come approcciarmi al mondo e penso di essere vicino a scoprire la ricetta per la felicità. Gli studenti di oggi sono i ricercatori, i genitori, gli assistenti, i politici del domani, ma ahimè, saranno anche pazienti in attesa di cure. Per questo il mio obiettivo è portare il concetto del restare uniti, del non sprecare il poco tempo che abbiamo su questa terra facendo del male, ma investendolo affinché si possa stare meglio tutti insieme.
Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato!
Grazie a voi ragazzi, siete grandi!
https://youtu.be/5h-Yl3guoe0