Proseguiamo la nostra rassegna di artisti digitali, questa volta parlando di un disco che mi ha particolarmente colpito. Uno sconfinato campionario di suoni sintetici, timbri acidi e progressioni dissonanti per raccontarci una storia che vagamente ricordiamo. “Mostri” è il titolo del nuovo lavoro di Naddei, disponibile su tutte le piattaforme digitali. un disco audace che non ha paura di sfidare la storia della canzone d’autore, un disco che non teme tracotanza. quella che il nostro artista prende sulle spalle è proprio l’eredità di quei mostri sacri, i grandi della musica italiana, o meglio i mostruosamente grandi.
“Mostri” è una raccolta di cover, o meglio di reinterpretazioni, di quei pezzi che hanno fatto la storia della canzone italiana. Da Luigi Tenco a Paolo Conte, da Fabrizio de André ai CCCP, e chi più ne ha più ne metta. Naddei ha compreso perfettamente il concetto di veicolazione dei significati di un’opera artistica; una minuziosa operazione chirurgica, un nuovo corpo per una idea passata. Camminando su quella sottile linea che divide la sperimentazione elettronica ed il grande cantautorato il nostro artista è riuscito a ridare voce a questi testi in maniera raffinata ed estremamente originale.
“Mostri” di NADDEI: un disco che audace che non ha paura di sfidare i grandi della musica italiana.
Ma un lavoro simile è frutto di molta esperienza. Franco Naddei, in arte Naddei, classe 1972 è un instancabile ricercatore del suono perfetto. Egli si lascia alle spalle tre dischi del suo precedente progetto pronto a gettare le radici per un nuovo inizio. “Mostri” è infatti il primo passo in questo nuovo percorso, una partenza decisamente degna di nota. Il disco raccoglie dieci rivisitazioni di grandi classici della musica italiana riadattati in chiave contemporanea.
Tra le interpretazioni più coraggiose, per la distanza stilistica che le separa dall’originale, c’è sicuramente “Verranno a chiederti del nostro amore”. Qui l’artista non si è tirato indietro ed ha voluto cantare un grande testo accompagnato da un vellutato tappeto di suoni sintetici. «Volevo il brano più diretto possibile che potesse parlare e raccontare di me senza troppi filtri. (…) Ho scelto di eliminare il più possibile il sapore cantautorale di matrice francese e lasciarmi andare ad uno spoken-word meditativo poggiato sulla frenesia dei sintetizzatori».
L’idea che sta alla base di questo è definita, attraverso un gioco di parole, come Cantautorave. A mio parere la scelta di questa nuova etichetta rischia di sminuire il lavoro accurato che sta alla base di “Mostri”. Ma a prescindere dalle combinazioni di lettere e parole resta, alla fine di tutto, l’ascolto dell’ottima musica. A questo punto mi permetto di dire che la partita di Naddei contro i suoi mostri si è conclusa con una memorabile vittoria. Ora però stiamo come pubblico aspettiamo con frenesia la pubblicazione di un album di inediti. Ricordo che “Mostri” è presente su tutte le migliori piattaforme digitali, allora ancora non lo state ascoltando?