I Profugy in una foto promozionale.
I Profugy in una foto promozionale.

PROFUGY: “Mixiamo folk americano, cantautorato italiano e dialetto napoletano”

Accogliamo i Profugy, band folk-rock di Napoli, sulle pagine di Music.it. Benvenuti ragazzi! Oggi parleremo del vostro nuovo disco, “Stato confusionale”. Ma prima vi poniamo la nostra domanda di rito. Ci raccontate qualche episodio curioso che vi è capitato da quando fate musica?

Ciao! Grazie a voi della disponibilità concessa. Di episodi curiosi ne abbiamo vissuti tanti. Così, su due piedi, ricordiamo di quando eravamo diretti a un concerto in un paesino disperso in Basilicata. Per arrivarci ci siamo imbattuti in una strada sterrata da far invidia ai più terrificanti film horror.
Buio pesto e pioggia a dirotto. Arrivammo giusto in tempo per montare e suonare. A metà concerto qualcuno sparò dei fuochi d’artificio, più comunemente chiamati miniciccioli, praticamente a un paio di metri da noi. Immaginate un locale al chiuso. La cosa era paradossale ma noi finimmo il concerto e andammo ad alloggiare in un hotel. La notte ci ridemmo su pensando all’accaduto. Da quell’episodio curioso nacque una canzone, o meglio un promemoria musicato. Facemmo l’alba per scriverla. La canzone parlava di come anche le cose più brutte possono servire a qualcosa.

“Stato confusionale” è uscito il 23 novembre in formato digitale e uscirà il 14 dicembre in formato fisico. Com’è nata l’idea di raccogliere fondi su Musicraiser?

In verità è stata una cosa improvvisa e inaspettata. Venivamo da un anno e mezzo di lavoro tra studio e ricerca profonda della nostra identità musicale. Abbiamo ricevuto molto supporto in questo percorso. Nel momento in cui bisognava produrre il disco non si è trovata una soluzione artistica che andasse bene per tutti. Ci siamo trovati così con un album praticamente terminato ma che non potevamo produrre per ragioni economiche. Non nascondiamo che è stato un periodo assai difficile. Poi un giorno ci contattò un talent scout della piattaforma in questione che ci suggerì di intraprendere una campagna, perché avevamo i requisiti per farcela. Così, eliminando qualche pensiero scettico, ci siamo buttati in questa situazione al motto “o la va o la spacca”. Fortunatamente ha spaccato.

Ci descrivete l’emozione di scoprire che così tante persone hanno creduto nei Profugy, sostenendovi attraverso il crowdfunding?

È stato bellissimo. Ce lo aspettavamo un po’ ma di sicuro non di questa portata. Capire il senso della cosa e abbattere i pregiudizi non era facile per le persone. Ci siamo messi nei loro panni.
Con umiltà ci siamo messi in gioco e pensiamo che questo abbia influito molto sull’esito della campagna. È stata un po’ la prova del nove per noi.

Le undici tracce di “Stato confusionale” ripercorrono la vita di un uomo comune, un uomo in cui tutti possiamo immedesimarci. Ma come siete riusciti a scrivere una canzone sulla vecchiaia, senza essere mai invecchiati?

Perché più che provarle sulla pelle siamo stati attenti a percepire le sensazioni di chi ha vissuto queste esperienze. In verità il disco racchiude sia esperienze vissute in prima persona, sia raccontate da chi le ha vissute. L’ultima traccia parla della vecchiaia, sì. Di un’anziana signora chiusa in un ospizio. Una signora che è esistita davvero. Attraverso i suoi racconti abbiamo vissuto le sue esperienze.

Prima di parlare, ma anche prima di cantare, è importante saper ascoltare. Si percepisce che i svolgete un lavoro di ricerca su campo, e che avete ascoltato le storie di molte persone per distillarne le emozioni. Qual è la storia che vi ha coinvolti e commossi di più?

Eravamo immersi in uno dei nostri viaggi. Ci trovavamo di passaggio in una località dell’Emilia Romagna e ci fermammo a suonare su una panca di legno, su una sponda del fiume Po.
Improvvisamente si avvicinò un tizio dall’aspetto trasandato che chiedeva di poter suonare con noi in cambio di una bottiglia di vino. Si unì a noi a cantare e poi chiese di poterci suonare una canzone che aveva scritto lui.
Prese la chitarra e scoprimmo che non sapeva suonarla, pizzicava la corda senza andare a tempo. Però iniziò a cantare: “e non c’è niente di male, lo puoi fare anche tu, apri quella finestra, quella che sta un po’ più su”. Il motivetto subito ci colpì e la sua interpretazione, anche se non sapeva cantare, era da brividi.

Un personaggio davvero curioso. Com’è andata a finire?

In poco tempo diventammo amici e ci confidò di vivere sull’altra sponda del fiume, in una baracca di legno. Non aveva parenti né amici e ci chiese se poteva seguirci nel nostro viaggio. Senza nemmeno darci il tempo di rispondere, si alzò per andare a prendere l’ennesima bottiglia di vino. Non tornò più.
Noi, quel giorno stesso, continuammo il motivetto che ci aveva suggerito e nacque una canzone: “Il guardiano del Po”. Scoprimmo che l’uomo era soprannominato il guardiano del Po, perché viveva davvero in una baracca vicino al fiume che lui credeva di dover sorvegliare.

Come mai non avete inserito il brano nel disco?

Perché sarebbe una cosa fantastica regalargli la sua canzone, anche se è improbabile trovarlo.

Chissà, magari un giorno lo ritroverete!
Ragionando per generi, la musica dei Profugy si può classificare come folk rock. Quali sono i gruppi e gli artisti che vi hanno influenzati di più?

Di sicuro ascoltiamo molto cantautorato italiano e americano. Luigi Tenco, Fabrizio De André, Pierangelo Bertoli, Eddie Vedder, White Buffalo, John Denver, Bob Dylan.
Abbiamo ricercato un sound che richiamasse il folk americano puro, accostandolo ad una scrittura cantautoriale italiana, e al dialetto napoletano.

Quali concerti avete in programma?

7 Dicembre, Fortuna – Eboli.
14 Dicembre, Rodaviva – Cava de’ tirreni
18 Gennaio, MMB – Napoli
2 Febbraio, Tarumbò – Scafati
Le date sono in continuo aggiornamento!

Vi piacerebbe suonare all’estero o in altre zone d’Italia?

Certo che sì e sarà uno dei nostri obiettivi! In passato abbiamo avuto modo di suonare per l’Italia. Fa un certo effetto portare le proprie canzoni oltre Napoli e la Campania. Anche per questo la nostra musica, nonostante sia in napoletano, è comprensibile a tutti. I concetti dal particolare si evolvono all’universale così da poter coinvolgere ogni personalità. Scriviamo in napoletano ma non parliamo di Napoli e sinceramente non abbiamo la presunzione di voler portare Napoli e il napoletano nel mondo. Anche perché Napoli e il napoletano già sono in tutto il mondo. Nel nostro piccolo cercheremo di trasmettere un nostro pensiero, sperando che qualcuno possa immedesimarsi in almeno una nostra canzone.

Grazie Profugy, per il tempo che ci avete dedicato. C’è qualcosa che volete aggiungere in chiusura?

Rinnoviamo i ringraziamenti a voi per la vostra disponibilità. Approfittiamo per ricordare ai lettori che possono ascoltare il disco sui tutti i portali digitali, Spotify, iMusic, iTunes. Senza tralasciare i videoclip sul nostro canale YouTube, compreso il nuovo arrivato, “Stato confusionale”.

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