QUESTO È UN UOMO, QUESTO È UN PALAZZO, il nuovo lavoro dei MASCARA
I lombardi MasCara in una fotografia promozionale.
I lombardi MasCara in una fotografia promozionale.

QUESTO È UN UOMO, QUESTO È UN PALAZZO, il nuovo lavoro dei MASCARA

Passato e futuro. I nomi che hanno i solchi del presente. Del presente gli estremi, destri e sinistri. Indescrivibile altrimenti, il presente ha da essere specchio. E i lombardi MasCara, in questo colto riflesso ci hanno trovato un uomo, hanno rin-tracciato un palazzo. E sì, tentato di raccontarne l’esperienza e l’architettura. Quella del presente che si estende all’attualità. Alla quotidianità del vivere contemporaneo. Ebbene, “Questo è un uomo, questo è un palazzo” è il nuovo, terzo disco dei MasCara, band sorta nella provincia di Varese.

Uscito il 22 Settembre su tutte le principali piattaforme digitali, il disco è completamente autoprodotto. Diffuso on line, “Questo è un uomo, questo è un palazzo” è frutto di uno stretto rapporto dei musicisti con le macchine della tecnologia sonora. Impregnato di contemporaneità, il disco è infatti pieno di campionamenti manomessi, inquinamenti melodici, alterazioni vocali, inaspettate curve ritmiche.

I MasCara hanno colto il riflesso che dà lo specchio del presente cucendone e tagliandone gli estremi destri e sinistri, il passato ed il futuro

È pertanto attraverso la manipolazione del suono – e quindi della percezione tutta – che i MasCara raccontano il presente, mettendo in discussione il reale che è sempre meno lucido, meno distinto. Il reale, sì, “ammesso che esista”. Come a mettere in costante relazione il digitale e l’analogico, il sentire attivo con il calcolo passivo. L’azione della macchina con quella del sentire umano.

E tutto questo si sente, in “Questo è un uomo, questo è un palazzo”. Undici le tracce, tutte diverse ma in un qualche modo figlie e sorelle di una stessa intenzione. Si ascolta elettro-pop, post rock, tracce di cantautorato, aperture ambient, chiusure elettroniche, soluzioni r’n’b.

Ma il tutto, sempre con un margine piuttosto ampio d’errore, inteso come deviazione quasi spontanea e quindi caotica, ma di un caos che disperde e contemporaneamente raccoglie energie ed esibisce un’avanzamento nella sperimentazione e ricerca sonora.  Un disco arguto senz’altro, non complicato, ma nemmeno facile. Semplice sì, ma perché riesce ad attraversare la complessità.