RENATO TORRE: "Io credo che ogni palco abbia qualcosa da insegnare a un musicista"
Renato Torre presenta "Siamo vicini", il suo nuovo singolo uscito lo scorso 6 novembre su tutte le piattaforme di streaming
Renato Torre presenta "Siamo vicini", il suo nuovo singolo uscito lo scorso 6 novembre su tutte le piattaforme di streaming

RENATO TORRE: “Io credo che ogni palco abbia qualcosa da insegnare a un musicista”

Diamo il benvenuto su Music.it a Renato Torre. Per rompere il ghiaccio, raccontaci un aneddoto divertente o imbarazzante che ti è successo in studio o su un palco.

Mi ricordo una volta durante un concerto con l’orchestra, ero primo violino, e stavo cercando di mettere gli spartiti sul leggio. Però questi spartiti mi sono caduti diverse volte c’ho messo tipo 10 minuti per iniziare il concerto. Mi ricordo invece un’altra volta, sempre durante un concerto con l’orchestra sono caduto dalla sedia e sono finito in mezzo a tutti gli orchestranti. Diciamo che sono stati due momenti molto divertenti.

Parliamo di “Siamo vicini”, quanto è difficile un brano del genere in questo momento?

Secondo me non è così difficile ascoltare un brano del genere, soprattutto perché parla di una situazione che conosciamo tutti e che stiamo vivendo tutti. Il brano ha un testo molto semplice e secondo me non ha nessuna difficoltà nell’entrare nella testa delle persone perché, soprattutto i giovani, hanno vissuto e vivono ancora questa distanza e questa reclusione. Poi a vent’anni, che è anche la mia età, questa cosa è abbastanza deteriorante e per questo penso che i giovani si ritrovino molto nelle parole di “Siamo vicini”.

Pensi che il messaggio dietro “Siamo vicini” possa essere d’aiuto per le persone? Pensi che la musica sia il canale giusto in questo momento?

Io penso che una canzone del genere possa aiutare tantissimo le persone proprio come ha aiutato me. “Siamo vicini” è un brano che mi ha aiutato a mettere in ordine tante idee e tante emozioni e le ha condensate in un testo molto semplice, che però è vicino a tutti perché riprende dei fatti storici che tutti stiamo vivendo. Ad esempio una parte molto importante della canzone è quella che riprende il messaggio del TG che parlava dello “sblocco” delle regioni e del fatto che si potevano riabbracciare e baciare i congiunti. Secondo me è stato un messaggio molto forte che ha dato speranza a tante persone e lo stesso titolo credo che sia un modo per riaccendere questa speranza.

Quale è stata la cosa più difficile a cui hai dovuto rinunciare?

Sì, chiaramente i live sono la cosa più dolorosa a cui ho dovuto rinunciare. Avevo in programma tanti eventi che però, purtroppo, sono stati annullati. Diciamo che i live sono la rinuncia più grande per me perché mi permettono di condividere la mia musica e le mie parole con tante persone ed è la cosa più bella che ci possa essere per un artista. Poi mi mancano anche tutte le cose si possono imparare su un palco; io credo che ogni palco abbia qualcosa da insegnare a un musicista, stando lontani però è difficile e si perde una parte importante.

Domanda complicata in questo preciso momento storico ma tu come stai?

Beh io in questo momento ho un po’ di raffreddore [ride]. Però tutto sommato sto bene e sono contento di essere uscito con “Siamo vicini”. Era un anno che non uscivo con un singolo e portare alla luce questo brano è stata una grande emozione perché c’ho sbattuto la testa e c’ho messo veramente tutto, anima e sudore. Poi la produzione del brano è stata interamente seguita da me dalla musica al testo e al videoclip, quindi per me pubblicare un progetto del genere mi dà un sacco di soddisfazione.

A quanto pare il lockdown non ha messo in crisi la tua creatività. Sei riuscito a lavorare “serenamente” in questi mesi?

Sì, diciamo che la mia musica sta bene perché ho avuto modo di scrivere molto durante questi mesi di lockdown. Poi la musica e la produzione di un artista è fatta delle cose che gli accadono intorno. È fatta della vita e delle sue diverse sfumature. In questo momento particolare ho bisogno di vivere quella vita che a vent’anni va vissuta e ho ancora molto materiale da tirare fuori e non vedo l’ora. Poi diciamo che in questi mesi di fermo ho avuto modo di fare le cose con calma ed è una cosa che ultimamente si era un po’ persa. Soprattutto il mondo della musica si muove molto rapidamente e avere questo tempo a casa è stato un modo per riprendere un po’ il contatto con la calma e le attese, che mi hanno permesso di lavorare a nuova musica.

Dal violino fino a “Siamo vicini”, come si coniugano il mondo classico e quello moderno?

Sicuramente la formazione classica è stata una partenza necessaria per arrivare alla qualità che ritroviamo in “Siamo vicini”. Io sono convinto che la mia preparazione classica, sia per il violino che per il canto lirico, mi abbiano reso molto più versatile in diversi campi così che io possa sperimentare quanto più possibile nelle mie produzioni. La mia preparazione ha influito moltissimo nella mia produzione musicale e voglio sottolineare il fatto che ancora adesso sto studiando per perfezionarmi ulteriormente.

Secondo te quale futuro ci sarà per la musica e per i lavoratori dello spettacolo?

Io spero che il futuro della musica sia molto florido anche perché ognuno di noi ha il bisogno di ascoltare e fare musica. Spero che si vada alla ricerca di un prodotto che abbia basi solide e che ci regali una musica pensata ma anche di cuore. Spero che si vada verso un prodotto pensato non solo per fare hype per poi scomparire dopo mezzo mese, ma che ci siano produzioni destinate a durare e a fare la loro parte nella storia della musica. Per quanto riguarda i lavoratori dello spettacolo io credo che dopo questo periodo ognuno di noi si farà un esame di coscienza e riparta al meglio, anche perché c’è bisogno di non demordere e far ripartire lo spettacolo.

Pensi che la campagne fatte anche dagli artisti famose siano sufficienti a sensibilizzare sull’argomento o si potrebbe fare di più?

Si può sempre fare di più!! Però io credo che le campagne fatte fino a questo momento siano comunque un buon primo passo e siano in grado di dare respiro a un settore davvero in crisi.
Poi, come dicevo, si può sempre fare di più, ma le iniziative messe in campo fino a questo momento mi sembrano piuttosto valide.

Ultima domanda, il classico “fatti una domanda e datti una risposta”. Che puoi dirci?

Questa è difficile [ride]! Allora la domanda che mi faccio è: dove mi immagino tra cinque anni.
La risposta a questa domanda non è facile dato il periodo. Però tra cinque anni mi immagino ancora che faccio tanta musica. Mi immagino continuare gli studi e mi immagino che faccio un concerto da paura, uno di quelli con quanta più gente possibile ci sia a questo mondo.