Dò il benvenuto a Luca Serpenti e Gianclaudia Franchini, aka Serpenti sulle pagine di Music.it! Per iniziare, perché non ci raccontate un aneddoto divertente, sorprendente, o semplicemente vero tratto dal vostro periodo di quarantena? Come ve la state vivendo?
Stiamo piuttosto bene! Per fortuna abbiamo casa e studio insieme quindi possiamo procedere alla nostra vita “normale”… a parte la parte sociale.ù Stiamo cercando di cogliere il lato positivo della faccenda e di concentrarci sulla nuova musica che sta nascendo… con le tentazioni di distrazione totalmente azzerate. Abbiamo comprato l’abbonamento a Disney + per i nostri bimbi ma ne stiamo largamente approfittando: in questi giorni stiamo facendo una full immersion Marvel in rigoroso ordine cronologico.
Il vostro nuovo pezzo, i “Giorni di Ulisse”, racconta di un viaggio, e di un ritorno. Com’è nata questa traccia?
Melodicamente il pezzo nasce al mare. Eravamo io e Luca in vacanza con una semplice chitarra acustica e questa melodia è nata così, in maniera piuttosto strana per i nostri “metodi”, abituati a lavorare subito con beat, loop e synth. Per quel che riguarda il testo, abbiamo voluto parlare del nostro viaggio, del perché ci siamo allontanati dal progetto Serpenti e di cosa abbiamo perso e trovato per strada… le metafore del viaggio e di Ulisse ci sembravano perfette per raccontare la nostra storia.
I “Giorni di Ulisse” è un pezzo che definirei cantautoriale, e che differisce enormemente dalle stilose bordate elettroniche di “Cyclone”. Cos’è cambiato nella vostra visione artistica nel frattempo?
Durante la nostra assenza da Serpenti ci siamo dedicati alle nostre carriere di autori per altri interpreti. In questa fase ci siamo allontanati dal nostro ordinario modo di lavorare, ci siamo spogliati delle nostre convinzioni, ci siamo mischiati a nuove realtà ed abbiamo scoperto nuove sfaccettature delle nostre personalità, ci siamo spinti in luoghi sconosciuti ed il nostro modo di scrivere la realtà è inevitabilmente cambiato.
Leggevo che la vostra formazione è nata con l’obbiettivo di “fondere due grandi elettroniche”. Potreste spiegarci meglio la genesi del vostro gruppo?
Io e Luca ci conosciamo da quando eravamo veramente giovani. Militavamo nella stessa band di stampo pop rock in perfetto stile anni ’90. A questa grande passione si è aggiunta quella della musica dance ed elettronica primi 2000… anche in questo caso l’unica maniera per “respirare” è stata contaminarsi.
Quali sono i gruppi che più hanno influenzato la vostra crescita artistica, ora e in passato? E che band sentite invece come compagni di strada, per storia comune magari, o per visione?
I nostri anni “della formazione” sono stati “super ‘90ties”: Garbage, Depeche Mode, U2, Blur, Oasis, Coldplay, Red Hot Chili Peppers, Marylin Manson, Placebo, Texas, The Prodigy e, per rimanere in Italia, Bluvertigo e Subsonica. Io poi ho una grande passione per i Cocteau Twins, Blondie, ABBA, Kate Bush e tutta una serie di band new wave (oddio mi hai aperto una voragine e so già che passerò i prossimi giorni a riascoltare 100000 dischi). Band di riferimento per noi sono i Soulwax, Chemical Brothers e Whomadewho.
“Cyclone”, vostro ultimo album, era del 2014. So che nel frattempo vi siete impegnati in un progetto diverso, “Phantafox”. Potreste parlarcene?
Phantafox è la nostra piccola creatura che, se vuoi etichettare, si potrebbe definire Deep House cantata in inglese e che è nata da una grande voglia di scrivere qualcosa di diverso, sentivamo che avevamo l’urgenza di “partorirla” e che non sarebbe potuta confluire in Serpenti. Col senno di poi era un chiaro segnale di qualcosa che stava cambiando in noi… quasi l’anello di raccordo tra i Serpenti di ieri e quelli de “I giorni di Ulisse”.
Ascoltando la vostra musica si è sempre sentita una forte ambizione a non chiudersi fra le quattro mura della nostra penisola. Che ne pensate della scena musicale mainstream italiana? Quali secondo voi le criticità, quali i punti positivi, se ne trovate?
La nostra incoscienza e innocenza ci hanno portato a fare musica senza pensare troppo alle conseguenze. Abbiamo sempre fatto quello che sapevamo in quel momento e lo abbiamo fatto senza porci limiti o barriere. È stato sempre un aspetto distintivo di cui siamo andati orgogliosi senza farci troppe pippe su quello che “andava in quel periodo” e forse è stato anche il nostro punto debole perché non abbiamo mai avuto una scena di riferimento. La musica italiana in questo momento gode di un’ottima salute e ce n’è per tutti i gusti… è un momento d’oro per raccontarsi perché dall’altra parte c’è un pubblico molto attento e ricettivo.
Era tutto per me. Vi ringrazio e vi faccio i migliori auguri per il futuro. Vi lascio volentieri lo spazio di chiusura per un ultimo messaggio ai nostri lettori.
Grazie per essere arrivati fino in fondo alle nostre chiacchiere e se ne volete sapere di più o avete qualche spunto per confrontarci, cercateci sui nostri social.