Silversnake Michelle, benvenuta sulle nostre pagine! Ormai è routine aprire le nostre interviste con una domanda relativa ad un ricordo o un aneddoto dell’artista. Cosa puoi raccontarci? Magari qualcosa che non risulti già nelle biografie ufficiali.
Dunque! Sicuramente nelle biografie ufficiali non si troverà mai scritto di come una donna di 37 anni decide di mollare il suo lavoro per dedicarsi alla musica (senza tra l’altro aver mai studiato fino ad allora canto e teoria musicale).
Decisi di raccontarmi attraverso la scrittura di brani e proposi la cosa ad alcuni musicisti.
Quando ci trovavamo in sala prove mi chiedevano quale fosse la melodia che avevo in mente, per poterla arrangiare, ed io arrivavo “molto professionalmente” con una registrazione fatta al cellulare e cercavo di cantargliela. Alla fine loro intuivano l’idea e in questo modo abbiamo arrangiato e registrato il primo disco.
La tua è una carriera ormai avviata, fatta sì di musica, ma anche di teatro e studio. Dicci, perché proprio la musica come espressione dell’anima? Cosa hai trovato nella musica, che per esempio, non ti ha dato il teatro?
La musica racchiude in sé altre arti. Teatro, danza, pittura. La musica inoltre è più percepibile e immaginativa. Il teatro mi limitava in un certo senso. Sei costretto in una parte, in un personaggio spesso non tuo, anche se comunque liberi le tue emozioni
Nella musica sei tu e soltanto tu. Puoi sceglierti un alter ego, ma è comunque una parte di te che vuoi far uscire e che non sei riuscito a fare venir fuori nella vita reale.
Ci hai detto che nel 2014, in concomitanza all’uscita del tuo primo album “So in my mind”, ti sei esibita negli States. Cosa ti ha lasciato quest’esperienza e, se si, come ti ha cambiata?
Esperienza molto formativa e significativa. Mi ha fatto capire cosa è realmente la musica per me e come approcciarmi ad essa, in un modo meno critico, più divertente. Profondo e leggero. Esattamente il contrario di ciò che avviene in Italia, una nazione superficiale e chiusa rispetto alle novità. Negli States ho sentito la forte importanza della sostanza rispetto alla forma. More actions, less words.
C’è un grande rispetto e grande curiosità per gli artisti, e mi ha resa consapevole delle mie capacità e potenzialità. Mi ha tolto il disagio e la paura di essere me stessa, di non essere accettata, di non piacere al pubblico e mi ha lasciato la voglia di tornare e di fare musica lì, dove viene dato spazio a chi propone un messaggio artistico.
Fin dai tuoi esordi, sono chiari i riferimenti ad icone del rock anni ’80 quali Madonna o Joan Jett, sbaglio? Nel panorama moderno invece, quali sono gli artisti che considereresti di riferimento? Sia internazionali che nazionali.
Si, ci sono molti riferimenti agli anni ’80, verissimo. Gli artisti di oggi che prediligo e che ascolto moltissimo sono Lady Gaga ed Eminem. Hanno un ascendente forte e diretto, che arriva facilmente al pubblico. Condivido il disagio che spesso Eminem racconta nei suoi testi.
Al giorno d’oggi, in Italia come nel resto del mondo, stanno spopolando i talent, che stanno sfornando artisti uno dopo l’altro di anno in anno. Cosa ne pensi?
Che sono la morte della musica e segnano l’epoca del decadentismo musicale. Non viene fuori nulla a mio avviso, solo artisti di plastica, modellati e riciclati da chi ha interessi economici. Non c’è nulla di artistico in un talent.
Intanto la musica è condivisione e non competizione. Inoltre svelare come avviene il processo creativo di un artista, assolutamente personale e intimo, o far vedere come un artista prepara la propria performance, è come spiegare al pubblico i trucchi del prestigiatore. Si perde la magia.
Veniamo finalmente al tuo ultimo lavoro “…Buries the secret of”. Quello che sembra l’epilogo della storia, dopo il secondo album. Si nota subito come tu voglia trasmettere un’idea di cambiamento rispetto ai tuoi primi lavori. Possiamo paragonarlo alla muta del serpente?
Sì, è una muta vera e propria. Il serpente si spoglia e si mette a nudo ogni volta. Ma non è solo un cambiamento di pelle. Vi è un profondo mutamento interiore che viene esteriorizzato. Ho bisogno di visualizzare e percepire il mutamento. Osservo in tal modo la dinamicità della vita, il divenire di me stessa. Si tratta di un’evoluzione progressiva. I tre lavori proposti finora sono un’unica essenza.
Tre concept album legati tra loro a formare una frase unica. “So in my mind”, “Her Snakeness” e “… Buries the secret of”. Così nella mia mente la sua Serpentità seppellisce il segreto di…
Con questo nuovo lavoro scopriamo insieme quale segreto Silversnake Michelle sta cercando di seppellire e se effettivamente ci riuscirà.
Parlando del futuro, cosa bolle in pentola? Ci possiamo aspettare un album totalmente rinnovato nei suoni e nelle forme dopo questo tuo cambiamento?
Sto sperimentando e studiando nuove sonorità, confrontandomi con nuovi musicisti.
C’è sì un cambiamento che però non rinnega il passato silversnakiano. Ci saranno dei richiami e dei collegamenti melodici a esso.
La cosa bella è che neanche io so che piega prenderà tutto ciò, ma mi lascio scorrere e fluire nel presente a seconda dell’ispirazione del momento.
Posso di certo dire che sento la necessità di comunicare musicalmente in modo più semplice, anche se il concetto di semplice è piuttosto relativo. Ho scoperto che addentrarsi nei meandri della propria mente significa perdersi in un meraviglioso labirinto, in questo meraviglioso viaggio chiamato vita.
Silversnake Michelle, ti ringraziamo per averci dato la tua disponibilità e ti chiediamo di lasciarci con un tuo pensiero. A te la parola.
Grazie a voi. Concludo dicendo che la musica ha reso la mia vita poeticamente dissoluta, una vibrazione incontrollabile. Ha reso possibile il legame e la fusione tra Arte e Natura. Esattamente è sesso, l’arte dell’incanto. Una vera ossessione e dipendenza seduttiva, femmina e schiava che ti trascina in un universo di lussuria. Una magia.
Ed effettivamente, come mi definisce un mio caro amico, mi sento molto maga Circe, colei che trasforma gli uomini in maiali.