Vengono da Cecina, si chiamano Vostok e picchiano forte. A oltre quattro anni di distanza dal loro primo album, i Vostok hanno pubblicato “Smania”, un lavoro che contiene nove tracce in cui è racchiusa la necessità di restare vivi, l’irruenza giovanile che diventa urgenza matura. Quella di esserci, sempre e comunque. A “Primavera” come a novembre, nonostante «l’inutilità del necessario». Uscito agli esordi di questa nuova annata per l’etichetta indipendente Manita Dischi, “Smania” è un album pulito, solido e rock. Indie-rock, a voler esser più specifici. E, volendo seguitare, indie-rock italiano, aggiungerei. Perché per l’asse strutturale dei brani, a un primo ascolto, le canzoni di “Smania” fanno immaginare una combustione tra Zen Circus, il più elettrico Luci della Centrale Elettrica, i Tre Allegri Ragazzi Morti. Non sempre però, non per tutti i brani e non per forza loro.
Infame è la smania perché, checché ne dicano i Vostok.
Per quanto un certo tipo di sound sia oramai collaudato per le orecchie e il sentire dei sempiterni giovani cuori nati tra gli ’80 e i primi ’90, la musica dei Vostok riesce comunque a brillare non di luce riflessa. Le chitarre la fanno ovunque da padrone. Elettriche e robuste nei primi tre brani – uno dei quali è il singolo estratto “Ridatemi Novembre” – si fanno più sottili e poetiche quando, acustiche, acchittano la “Primavera”. È questo, a mio avviso, il brano che porta il disco un gradino più in profondità di quanto non appaia all’inizio. Da qui, “Militare” combina tutta l’ elettricità punk dei Vostok alla magia di un rock melodico ed energico. Comunque, poetico.
Protagonista di “Confo” è la batteria. È lei a sostenere questo brano che si immagina cantato a piena voce da un pubblico fedele e innamorato.
A oltre quattro anni di distanza dal loro primo album, i Vostok hanno pubblicato “Smania”.
“T.” è forse invece il brano più massiccio fra tutti. A mio avviso, il migliore del disco. Squisitamente punk-rock, possiede una carica che non solo è energetica, ma anche emotiva. Coinvolge, ma non risucchia. Ed è questa la bravura dei Vostok dimostrata in “Smania”: quella di lasciare aperto il canale ricettivo e percettivo di chi ascolta, pur restando decisi nel sound che propongono.
La stessa voce è sì chiara, eppure è doppia. Come fossero due voci sovrapposte e parallele.
“Aurelia” poppeggia che è un piacere, mentre “Reni” chiude il disco alla fermata del binario che ha percorso. Quello di una generazione confusamente infelice, ostinatamente avversa all’ovvio. Che sente la miseria, quando l’ovvio deve impararlo a memoria. Perché, sopravvivere?
«Di questi giorni, che cosa ci rimane? / I nostri accordi e questo disco infame».
Ma infame è la smania perché, checché ne dicano i Vostok, “Smania” è l’esatto contrario.
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VOSTOK
SMANIA
4 gennaio 2019
Manita Dischi
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