Ciao Stefano Gurioli, benvenuto su Music.it! Iniziamo con la nostra domanda di rito: ricordi un aneddoto imbarazzante di cui sei stato protagonista avvenuto durante la tua carriera musicale?
Ciao e grazie per l’intervista! Assolutamente sì! L’anno scorso al MEI di Faenza dopo alcune mie canzoni dovevamo fare la cover di la “Guerra è finita” dei Baustelle. Saltano totalmente le spie, quindi l’unico strumento che percepiamo dal palco è la batteria, risultato: io parto su una tonalità a caso, chitarra e basso mi guardano spaesati ed io in panico canto ripetutamente la stessa strofa. Finito il pezzo dovevo presentare la band e nessuno sentiva niente quando doveva fare un proprio assolo per presentarsi. Per fortuna dal pezzo successivo le spie sono tornate funzionanti e il concerto è finito bene. Quella sera abbiamo riso fino alle cinque di mattina!
In quale momento della tua vita ti sei avvicinato alla musica e quali sono stati i tuoi gruppi o musicisti di riferimento?
Mi sono avvicinato alla musica quando ho iniziato a studiare chitarra classica in seconda media e il primo vero colpo di fulmine qualche anno dopo è stato Luciano Ligabue; negli anni mi sono rispecchiato moltissimo non solo nella sua musica ma anche nel suo modo di porsi, nel suo modo di fare le cose in generale: dalle canzoni, ai libri, ai film, penso non si possa comprendere Luciano Ligabuesenza considerare la sua arte nella sua totalità.
Ci sono stati altri cantautori che hanno lasciato un segno nella tua vita?
Su tutti devo dire che Fabrizio De André mi ha davvero cambiato la vita. Penso che non sarei nemmeno enologo se non fosse per i messaggi che ho colto in lui, in particolare riguardo alla forte simbiosi che esiste tra uomo e natura e ancor di più tra l’uomo e le stagioni, quasi sempre presente nei suoi testi. Oggi devo dire che ascolto tantissimi artisti diversi e la maggior parte non sono emersi a livello nazionale, o quantomeno non ancora del tutto. Tra tutti trovo molto interessante Scarda.
Parliamo del tuo nuovo singolo “Stelle cadenti”: sogni e leggerezza si scontrano con una realtà veloce dove le relazioni sono svolte come fossero «alberghi ad ore». Come nasce questa idea? A cosa ti sei ispirato?
È una canzone che rispecchia lo stato d’animo che ho spesso. Mi capita a volte di pensare che abbia l’età giusta per realizzare alcuni miei progetti, altre volte invece penso che sia troppo presto perché in fondo ho quasi 24 anni. Mi capita di pensare che alcuni legami con certe persone siano stupendi e spesso invece sembra tutto legato ad un filo, che il più delle volte viene spezzato dalla fine di una serata. Queste sono le immagini che mi sono venute: delle stelle cadenti, dell’aquilone che spera nel vento e spera nel sole per volare sui tetti, e che poi inevitabilmente però torna giù.
Rispetto al tuo primo album “Giorni Migliori”; uscito nel 2017, com’è cambiato il tuo modo di scrivere?
“Giorni Migliori” è composto da canzoni scritte tra diciassette e vent’anni, quindi certamente per quanto fossero il risultato di esigenze fortissime erano anche un po’ acerbe sotto alcuni aspetti. Penso che ci voglia tempo per trovare un proprio stile davvero autentico, una propria chiave, un proprio modo di fare, questo è un concetto che oggi secondo me andrebbe sottolineato più spesso. Fare successo in poco tempo, come prevede un po’ il modello che abbiamo spesso come riferimento, implica che un’artista debba muoversi in sentieri già tracciati per essere capito ed accettato, invece io credo che ci voglia tempo per trovare la propria voce. Io la mia voce la sto cercando tra cantautorato e rock d’autore, influenzato certamente dall’it-pop contemporaneo.
Quali rituali di scrittura hai durante la stesura di un pezzo? Cosa ti fa capire che un pezzo è veramente maturo?
Sinceramente non ho un rituale per scrivere una canzone, ma è altrettanto vero che più o meno penso sempre durante il giorno alla canzone che sto scrivendo in quel periodo, forse semplicemente perché le mie canzoni sono lo specchio delle mie riflessioni. Quando sento che una canzone sta dicendo qualcosa che trovo originale ed importante, qualcosa di cui parlerei con un amico di fronte ad una bottiglia di vino, e lo sta dicendo con un sound che rispecchia quella riflessione, in quel momento penso che un pezzo sia degno di essere pubblicato. Devo sentire che la melodia spieghi il testo meglio del testo stesso.
Progetti per il futuro? C’è un album in arrivo?
Il progetto era di tornare a Roma per due serate: una a Spaghetti Unplugged al Marmo e un’altra all’ItPopNight alle Mura. Chiaramente a causa dell’emergenza sanitaria le serate saranno rimandate, temo al prossimo autunno. In ogni caso questo singolo apre la strada ad un nuovo percorso, ed è appena iniziato; sicuramente arriverà un altro singolo ma non parlo ancora di album. Ora ho la fortuna di avere un team di ottime persone che mi aiuta nel mio percorso e ne sono davvero grato.
Come sarà Stefano Gurioli tra venti anni?
Spero di essere l’enologo di una cantina che vende buon vino e di cantare canzoni ad un pubblico appassionato ed interessato al progetto artistico. La misura di tutto questo chiaramente non la posso prevedere, per fortuna aggiungerei.
Stefano Gurioli, grazie per essere stato con noi. La nostra intervista è giunta al termine, ma le ultime righe sono per te: puoi salutare i lettori come meglio preferisci, magari con una citazione! Ciao e a presto!
Colgo l’occasione per dire che secondo me, in conseguenza all’utilizzo delle piattaforme di streaming, in futuro ci saranno molti più artisti da poter ascoltare e che riusciranno a ritagliarsi una propria fetta di pubblico, quindi l’importanza di riviste specializzate come questa sarà sempre di maggiore importanza. Ringrazio quindi moltissimo per l’intervista e mi auguro di «conoscerci davvero, seguirci nel destino, capir che è meglio il sole di un fuoco d’artificio» con chi verrà interessato dal mio percorso.