Quando nel 1969 esce “Abbey Road” i The Beatles sono a un passo dallo scioglimento. Certo, dopo ci sarà “Let It Be”, ma essendo composto da brani registrati in alcune session precedenti, l’ultimo vero disco della band è proprio il cinquantenne “Abbey Road”.
“Abbey Road”: un disco da solisti?
Ci sono molte “curiosità” attorno a questo disco, la maggior parte riguardano i rapporti tra i componenti dei The Beatles, ma comunque vale la pena ricordare di come è nato “Abbey Road”.
Per prima cosa bisogna parlare dell’evidente frammentarietà del sound. I The Beatles durante le registrazioni si incontrarono pochissime volte, solo per registrare le ritmiche probabilmente.
Praticamente, “Abbey Road” è frutto di un lavoro da solisti, dove ognuno dei Beatles entrava in studio, registrava e poi andava via senza troppi complimenti.
Nonostante questa “freddezza” nei rapporti, è innegabile che il risultato finale sia comunque eccellente. Solo una band geniale come i The Beatles poteva concepire e realizzare un disco in queste condizioni.
“Abbey Road”, affinità e divergenze tra Lato A e Lato B.
Altra cosa evidente dall’ascolto del disco è l’evidente “differenza concettuale” tra il Lato A e il Lato B. Mentre il Lato A è un disco classico, con brani molto riusciti ma comunque niente di innovativo rispetto al materiale precedente dei The Beatles, il Lato B è la vera punta di diamante di “Abbey Road”.
Partendo da un’idea di Paul McCartney e di George Martin, il Lato B contiene un Medley (o una suite se preferite) costruita in otto brani. Ad esclusione di “Here Comes The Sun” e “Because”, il resto del Lato B è una sorta di innovazione per i The Beatles che, tra i primi, sono riusciti a concepire l’idea del Medley all’interno di un disco.
John Lennon, che non amava i medley, alla fine ha “acconsentito” alla cosa e ha “aiutato” magistralmente i suoi colleghi nella realizzazione di diverse composizioni.
“Abbey Road”, l’indimenticabile medley.
“You Never Give Me Your Money”/”Sun King”/”Mean Mr Mustard”/”Polythene Pam”/”She Came In Through the Bathroom Window”/”Golden Slumbers”/”Carry That Weight”/”The End” sono questi i vari tasselli che compongono il medley di “Abbey Road”.
Dopo venti secondi dalla conclusione di “The End” arriva “Her Majesty”, inizialmente scartata e inserita alla fine come una sorta di bonus track a chiusura di tutto. Pochi prima di “Abbey Road” si erano cimentati in una cosa del genere e in pochi l’hanno fatto a livello dei The Beatles.
Per certi versi possiamo dire che “Abbey Road” è un disco nato sotto una cattiva stella: i rapporti interni della band erano irrimediabilmente incrinati e i quattro erano in disaccordo praticamente su tutto.
Ovviamente poi arrivò il problema del nome. Inizialmente si era pensato a “Everest”. L’idea sembrava buona ma nessuno dei The Beatles voleva andare a scattare foto sull’Himalaya, le priorità ormai erano altre.
Poi, quasi per gioco, Paul McCartney propose di dedicare il disco agli Abbey Road Studio dove i The Beatles avevano registrato per otto anni. Da quell’idea la celebre foto di copertina che sarebbe poi diventata famosa in tutto il mondo.
Nonostante i dissapori dentro la band e nonostante la frammentarietà sonora di “Abbey Road”, è innegabile la band abbia ancora una creatività fuori dal comune.
“Abbey Road”, la maturità compositiva e l’epilogo dei The Beatles
A distanza di cinquant’anni possiamo dire che questo disco coincide con la piena maturità compositiva di Paul McCartney e di Ringo Starr che riescono a dar vita a nuovi arrangiamenti sempre più articolati.
John Lennon stesso, nonostante il disinteresse verso la band e verso il disco, riesce a concepire delle perle che risulteranno indispensabili per la chiusura di “Abbey Road”.
“Abbey Road” si può intendere come il canto del cigno di una grande band che, nonostante le incomprensione è riuscita a concepire un disco memorabile.
I The Beatles erano una macchina che iniziava ad arrancare, qualcosa si era rotto all’interno del motore ma, nonostante tutto, sono riusciti a preservare la genialità che li ha sempre contraddistinti.
“Abbey Road” non è altro che questo: il prodotto di una genialità irripetibile che ha avuto la meglio su tutto il resto. Il colpo di coda di una band unica e irripetibile che nonostante gli attriti ha saputo regalare ai fans un epilogo di tutto rispetto.