Il padovano Umberto Tramonte, in arte Umberto Ti.
Il padovano Umberto Tramonte, in arte Umberto Ti.

UMBERTO TI.: “Le mie canzoni partono da scene cinematografiche”

Diamo il benvenuto a Umberto Ti. nel freddo della virtualità delle nostre comunque caldissime pagine. C’è stato un momento in cui hai deciso che avresti raccontato te stesso attraverso la musica?

Ciao a tutti! È un piacere conoscervi! Ho deciso di scrivere le mie storie quando cominciai ad ascoltare i grandi cantautori italiani. Avevo quindici anni quando ascoltai per la prima volta Fabrizio De André. Le sue canzoni e i suoi testi mi aprirono un mondo. Era un modo di comunicare molto intenso e da allora decisi che avrei descritto le mie emozioni sotto forma di canzoni.

Dall’ascolto dei tuoi lavori “Cielo Incerto” e “Alaska” ho notato una certa evoluzione. Da un seme d’autenticità, che muove il tuo filo conduttore di cantautore, si è dipanata una rete in cui ho trovato diversi riferimenti. Chi sono stati i tuoi maestri?

I miei riferimenti sono tre: Fabrizio De André, appunto, poi Francesco De Gregori e Francesco Guccini. Questi grandi maestri mi hanno completamente colpito con i loro diversi modi di comunicare, di descrivere la società. Da qui ho cominciato a conoscere Claudio Lolli, Piero Ciampi, Ivan Graziani. Insomma, dei veri e propri filosofi!

Scopro in Padova un bacino d’intensa attività musicale. Me lo confermi? Più in generale, quanto questa città ha contribuito alla tua presa di coscienza in fatto di musica?

Effettivamente la città di Padova accoglie durante l’anno molti festival e ci sono numerosi club dove poter trovare della musica di alta qualità. Da ragazzino sognavo spesso di suonare un giorno in questi club. Adesso un po’ alla volta il mio sogno si sta trasformando in realtà.

Ho una curiosità che mi preme particolarmente: sei anche tu un reduce tra le fila che nei ’90 ha onorato Max Pezzali e gli 883? Te lo chiedo perché tra i riferimenti da me rintracciati c’erano anche loro, sorprendentemente.

Sinceramente durante gli anni ’90 non ascoltavo gli 883. Al contrario, i miei riferimenti erano i The Verve, Oasis, Radiohead, Nirvana, fino ad arrivare ai Counting Crows e al mio mito Elliott Smith. Questi ultimi artisti citati mi hanno influenzato molto per quanto riguarda questo mio ultimo album. Nel panorama italiano mi hanno ispirato Afterhours, Marlene Kuntz e C.S.I.

Invece quali sono gli artisti che oggi ritieni validi nel panorama musicale nostrano e quali, tra i tuoi contemporanei ti sono d’ispirazione?

Ritengo molto valido Motta, forse l’unico nel panorama cantautorale attuale ad avere un’immaginario forte. Di stranieri sto ascoltando molto Father John Misty, The War on Drugs, Bon Iver.

Concerto a cui non puoi assolutamente mancare?

Concerto che non posso mancare… il prossimo del grande Nick Cave!

Come nasce una canzone del cantautore Umberto Ti.?

Le mie canzoni partono principalmente da scene un po’ cinematografiche, chiamiamole così. Anche perché amo molto il cinema, che influenza in qualche modo le mie liriche. Parto da dei gesti che mi hanno colpito, uno sguardo, un ricordo, qualcosa che ho dentro e che continua a seguirmi.

La scelta del titolo “Alaska”, oltre a determinare un certo tipo di immaginario, è legata a qualcosa in particolare?

Il titolo “Alaska” non ha molto a che vedere con il luogo geografico. Forse l’unica cosa che c’è in comune è che su alcune canzoni racconto di relazioni che possono aver a che fare con il freddo dell’anima. Sono partito da questo nome perché avevo visto un film italiano dal titolo “Alaska”, il nome di un club, che racconta una storia sentimentale molto forte e carnale. Nel mio album racconto di piscine abbandonate, stanze di motel e di coriandoli per terra.

Progetti futuri?

Ho molti progetti per il futuro soprattutto per quanto riguarda l’album che adesso comincerò a portare in giro per locali. Mi potrete trovare il 23 novembre alla Sala Estense di Ferrara in apertura al concerto di Cranchi. Vi aspetto!

Ti saluto e come di consueto, nelle nostre pagine, lasciamo all’artista l’ultima battuta. Stupiscici!

Innanzitutto vi ringrazio per questa bella intervista e per avermi ospitato qui su Music.it, vi saluto con una massima di Emil Cioran“A che cosa faccia appello la musica in noi è difficile sapere; è certo però che tocca una zona così profonda che la follia stessa non riesce a penetrarvi”.

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