Ed ora tutti fermi, tutti un po’ più calmi, prendevi tempo ed immergetevi in questo viaggio in solitaria tra attimi di sublime speranza e punte di velata malinconia. Stiamo parlando di “You Can Dream It In Reverse”, il terzo album uscito il 13 marzo dei Black Tail. Un viaggio alla fine di un’estate, forse di un sogno, tra ricordi e inquietudini, per inoltrarsi ed appoggiarsi all’ombra di un albero e lasciare che il tempo scorra. Riverberi e distorsioni lasciano spazio ad arpeggi puliti; il tutto è reso più concreto, percettibile e reale, dal sottofondo fatto di interferenze, nastri sporchi e registrazioni ambientali lo-fi; spettrali sono i disturbi delle cassette a nastro magnetico, usate e riusate nei demo registrati nelle proprie camerette.
Perché è esattamente nella cameretta che inizia questo viaggio: mettetevi le cuffie, chiudete gli occhi e vi ritroverete improvvisamente ai tempi della scuola, della prima band, del sentirsi soli anche se circondati da milioni di persone. “You Can Dream It In Reverse” è l’album che avremmo voluto ascoltare da adolescenti, quando chiusi e liberi nel proprio mondo, nessuno sembrava capirci. I Black Tail sono Cristiano Pizzuti (voce, chitarre, organo, wurlitzer / rhodes, mellotron), Roberto Bonfanti (batteria, percussioni), Luca Cardone (basso). Nel corso dei nove brani che formano “You Can Dream It In Reverse”, la band sembra rivivere intensamente quei momenti di spensierata primavera, dei fiori che sbocciano e della leggerezza del tempo in continuo divenire; fino ad arrivare all’adesso, all’oggi e, per quanto il ricordo del nostro miglior passato possa ancora influenzarci, non sarà mai più possibile riviverlo.
I Black Tail con “You Can Dream It In Reverse” percorrono un viaggio tra attimi di sublime speranza e punte di velata malinconia
Rimangono però i sogni, forse ancora mai realizzati. I Black Tail con queste canzoni sono stati in grado di dipingere immagini dalle forti emozioni, un turbine di sensazioni scaturite da piccoli e impercettibili gesti dal sapore dolce-amaro. Ascoltare quest’album è come meravigliarsi di quei primi caldi raggi di sole nel mese di marzo; quando tutto sembra rinasce e prendere vita: maledetta primavera. Un viaggio sensoriale nei meandri del proprio passato, accompagnati da una luce fioca: è come camminare a piedi in una città desolata dal sottotono luminoso. “You Can Dream It In Reverse” è l’album che dovremmo sentire da adulti, quando chiusi in questa incresciosa realtà, nessuno è in grado di capirci e forse neanche noi stessi. È ancora possibile sognare come tanti anni fa? O meglio, si può sognare ancora?