La formazione degli Zerella.

ZERELLA: “Un primo disco rappresenta solo il biglietto da visita di un artista”

Su Music.it oggi abbiamo ospite Ciro Zerella, penna e mente dietro il progetto musicale Zerella. Ciao Ciro, benvenuto! Ci racconti un episodio che ha contribuito ad alimentare la tua passione per la musica?

Innanzitutto salve a tutti i lettori di Music.it. Guarda, di episodi ne sono successi molti, però uno che ricordo in maniera vivida è stato quando ho scoperto il primo disco di Vasco Brondi (Le luci della centrale elettrica). Ero in cameretta, ascoltando musica su YouTube. All’improvviso parte “Per combattere l’acne”. Ne rimasi folgorato. Ricordo che avevo da poco iniziato a suonare la chitarra e provai a cercare gli accordi di quel brano meraviglioso.

Quel che si definirebbe un colpo di fulmine! Il 6 aprile 2018 è uscito il tuo primo LP, “Sotto casa tua”, per l’etichetta Seahorse Recordings. A distanza di diversi mesi, come riassumeresti le esperienze successive all’uscita del disco?

Frenetiche. Oggi come oggi un primo disco rappresenta nel 90% dei casi solo il biglietto da visita di un artista nel mondo della musica. Il disco, però, ci ha portato a esibirci fuori dalla nostra provincia, prima, e fuori dalla nostra regione, poi. Grazie a questo disco abbiamo suonato in Puglia, a Roma, a Napoli e in giro per l’Italia. Abbiamo aperto artisti di tutto rispetto e siamo in semifinale al Premio Fabrizio De André, che quest’anno si è tenuto a Sanremo nei giorni del festival.

Di recente hai ottenuto i fondi per finanziare il tuo prossimo doppio singolo, “Tutta bianca”, tramite la piattaforma MusicRaiser. Ci riveli qualche dettaglio in più? Come intendi soddisfare le aspettative di chi ha creduto nel tuo progetto?

Innanzitutto offrendogli un prodotto sincero. E “Tutta Bianca”, che uscirà quest’anno, è un brano estremamente sincero. Parla di una migrazione silenziosa, che spesso non fa tanta notizia. Quella dei ragazzi del sud verso le metropoli italiane come Roma, Torino, Milano, Bologna. L’ho scritta di getto una notte di febbraio dell’anno scorso, ispirato dalle storie di due persone molto vicine a me, mia sorella e una mia amica, Matilde.

Quali gruppi o cantautori, del panorama indie italiano, attirano la tua attenzione? Con chi ti piacerebbe collaborare in futuro?

Ce ne sono davvero tanti. Ho iniziato ascoltando chi ha creato la scena indipendente rock in Italiam come Diaframma, Marlene Kuntz, Afterhours. Credo che senza di loro non ci sarebbe mai stato il boom indie. Se dovessi scegliere col cuore e potessi farlo subito, oggi collaborerei con Nicolò Carnesi, cantautore che sento particolarmente vicino a me, e con Vasco Brondi che è stato, come ti dicevo, la scintilla che ha fatto muovere tutto. Ci sono anche altri autori miei coetanei molto validi che considero delle gemme nascoste della musica italiana, come ad esempio Fractae (Paolo Caruccio) e Manfredi Agnello.

Come ti approcci alla contemporaneità? Ci sono delle epoche storiche passate a cui ti senti particolarmente affine, musicalmente parlando?

Gli anni ’90 sono senza alcun dubbio l’epoca musicale a cui sono legato di più. Vuoi perché sono del ’93, vuoi perché nei primi anni zero a casa mia giravano soprattutto i dischi dei Nirvana, dei Noir Désir, dei Red Hot Chili Peppers e di tutta la musica alternative rock in generale.

Se dovessi descrivere la tua musica con tre aggettivi, quali sceglieresti?

Sincera, intima, citazionista.

Sei piuttosto giovane, ma sembri aver già trovato il tuo stile musicale. Come prevedi che potrà evolversi, in futuro? Ci sono dei generi a cui vorresti avvicinarti?

Guardo con estremo rispetto al macromondo del rap e dell’hip hop che negli ultimi mesi sta occupando buona parte dei miei ascolti. Come potrà evolversi ancora non so dirtelo, ma mi piacerebbe inserire più elettronica nel mio prossimo eventuale disco. E perché no, giocare con la mia venatura pop che molti mi hanno fatto notare e che non credevo di avere.

Qual è la tua posizione nei confronti dei talent show italiani? Sono per te un valido trampolino di lancio per la carriera musicale oppure sono specchietti per le allodole?

Il problema principale dei talent è che spesso al centro di questi grandi programmi non c’è la musica ma lo show televisivo. Sarebbe sbagliato e falso bollarli a priori come inutili. Però in effetti, se ci fai caso, chi riesce a portarsi il pubblico al di fuori del programma lo fa decidendo di rinnovarsi, ricercare nuove soluzioni e spesso scrivendosi le canzoni da solo.

Grazie mille a Ciro Zerella per questo confronto. Vuoi aggiungere una nota finale, per chiudere l’intervista?

Grazie a voi! Vi lascio con una citazione che mi ha influenzato tanto, pur non essendo contenuta in un libro o in un disco. Lascio a voi il compito, se dovesse piacervi, di cercare su Google da dove è tratta.
«The flow of time is always cruel / its speed seems different for each person, but no one can change it / A thing that does not change with time is a memory of younger days».

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