La Bottega degli Artisti è un piccolo teatro autenticamente vintage nel cuore della Prati romana. Luci soffuse, sedili di legno, divanetti e piccoli tavoli rotondi con abat-jour, radio e poster d’epoca riempiono la platea. Nessuno ha potuto fare a meno di notare due corde tese verticalmente ai lati del palcoscenico con su “stesi” 28 numeri, ed un timer piuttosto vistoso appoggiato sopra un pianoforte sulla destra del palco. Gli spettatori sono stati accolti da Valentina e Paola che, lasciando totale libertà nella scelta dei posti, hanno dotato ciascuno di un menù molto particolare. Un elenco di 30 voci assai bizzarre che non ho potuto fare a meno di leggere con curiosità. Il tutto sorseggiando un aperitivo gentilmente offerto a tutti i convitati da Gioele, una rinfrescante bevanda analcolica al sapore di menta. Chiuso finalmente il botteghino, i quattro attori sul palco ci hanno spiegato le regole del gioco.
“30 spettacoli in 60 minuti” ne è l’inedita e importata rielaborazione dell’originale copione cabarettistico d’oltreoceano “Too much light makes the baby go blind (30 plays in 60 minutes)”, scritto e pensato da Greg Allen. In una frenetica corsa contro il tempo, rigorosamente scandito dal timer sotto gli occhi di tutti, gli attori si sono impegnati a raccontarci in un’ora 30 storie. La sfida consisteva nel non conoscere l’ordine in cui le pièce sarebbero state messe in scena, perché veniva deciso esclusivamente dagli spettatori, eccezion fatta per gli ultimi due episodi, per evitare al pubblico la spiacevole sorpresa di un finale sotto tono. La performance è durata 60 minuti e un soffio. Sotto le incalzanti e decisamente contraddittorie indicazioni degli spettatori, che perlopiù urlavano numeri, i quattro attori hanno portato in scena tutti gli spleen dell’animo umano. La rabbia, il dolore, la gioia, il fraintendimento, i tipi umani sono stati oggetto di scherno, trovando nella parola la forma di una pungente satira, oppure di una seria meditazione, e hanno trovato nelle sincere e vivide espressioni dei volti e nelle caricate posture corporee degli attori il perfetto medium comunicativo.
Non amo i soggettivismi all’interno delle recensioni, ma questa volta sento la necessità di andare oltre quello che ho sempre ritenuto un valore all’interno di un’analisi: la ricerca d’imparzialità. Nutrivo sinceri dubbi sul fatto che avrei potuto gradire “30 spettacoli in 60 minuti” per il semplice fatto che non sono un amante del cabaret. Di fronte a copioni afferenti a tale genere resto di solito una spettatrice indifferente e piuttosto infastidita dalle risate sguaiate del resto della platea. In “Ancora Shakespeare?!” avevo apprezzato l’innegabile bravura di Lodovico, Paola e Valentina, che nella resa degli intermezzi autenticamente shakespeariani mi avevano fatto emozionare, rabbrividire, sognare. Sono tuttora piacevolmente stupita di quanto stavolta sia riuscita a ridere di gusto, inequivocabile indice di gradimento dello spettacolo. Ringrazio vivamente la compagnia Vox Animi per avermi resa partecipe di quest’occasione unica.