In Italia usciva sotto Natale – in America un mese prima, ma sempre nel 2002 – il 43esimo film d’animazione distribuito dalla Walt Disney. Non solo si assicura il primato per essere il primo lungometraggio animato a parlare di pirati. Per quanto riguarda la Walt Disney è anche il primo ad ambientazione futuribile. Pirati, navicelle spaziali e cyborg prendono posto ne “Il pianeta del tesoro”. Forse il grande pubblico non era pronto per una produzione così atipica. La grafica costò davvero tanto a fronte degli esigui incassi.
Non sono pochi, però, i Millenials che “Il pianeta del tesoro” non l’hanno semplicemente apprezzato. Una generazione sognatrice, insofferente alle regole e più aperta rispetto a tante altre. Ma se c’è una cosa che molti tra i nati tra gli anni ’80 e ’00 sembrano avere in comune in modo davvero trasversale è l’apprezzamento per un determinato repertorio animato. Insomma, essere cresciuti con le meravigliose colonne sonore della Walt Disney li ha resi adolescenti, e poi adulti, tanto sensibili da essere suscettibili alle emozioni forti.
La colonna de “Il pianeta del tesoro” non è da meno rispetto ai cult che sono riuscite più celebri
Basti pensare che a musicare il tema di Jim ci ha pensato John Rzeznik, frontman e vocalist dei Goo Goo Dolls. Siccome oltre ad aver avuto quell’ottima scuola di doppiaggio che è stata un grosso ostacolo per l’apprendimento dell’inglese fin da piccoli, il timbro roco dell’autore di “Iris” è sostituito dalla voce calda di Max Pezzali. La traduzione di senso della lirica è molto buona: riporta lo stesso dramma della ricerca di se stessi, tipico dell’adolescenza. Esplicitato in “I’m Still Here”, nella versione italiana risulta meno forte il trauma del transito all’età adulta.
Il pianeta del tesoro – Ci sono anch’io – 883
“Ci sono anch’io” sembra condurre il motivo originale composto da John Rzeznik in una spirale pop inarrestabile. La voce del cantante di Pavia riesce ad addolcire persino il riff potente e profondo che anticipa l’ultimo ritornello, peraltro l’unico frammento in cui la traduzione risulta forzata:
«ti potranno dire che / non può esistere / niente che non si compra / o si compra perché / chi è deserto non vuole / che qualcosa fiorisca in te»
a fronte di
«They can’t tell me who to be / ‘Cause I’m not what they see / Yeah, the world is still sleepin’ / While I keep on dreaming for me / And their words are just whispers / And lies that I’ll never believe»
«non possono dirmi chi essere / perché io non sono cosa vedono / sì, il mondo dorme ancora / mentre io continuo a sognare per me / e le loro parole sono solo bisbigli /e bugie a cui non credo»
Il significato è stato salvato in calcio d’angolo. Trascorsi 17 anni dall’uscita de “Il pianeta del tesoro” possiamo ancora riesumare motivazione e pezzi di adolescenza dal tema di Jim. Non importa se in italiano o in inglese, ma riscoprire il “Il pianeta del tesoro” significa rivolgere un pensiero a quei compagni di viaggio che, nel bene e nel male, hanno forgiato l’io del presente. Jim ripensa al Capitano Flint. Voi a chi pensate?