J. G. è uno spirito bizzarro, la cui torrenziale creatività si traduce ormai da anni in un numero imprecisato di progetti musicali tra cui i Marlo Tilt, già da noi recensiti. I K. Board & The Skreens sono uno di questi. Quella che lui stesso ci tiene a definire “NON un progetto solista, ma una band formata da un solo membro” (?) nasce a Milano nel lontano ’98 come reazione chimica tra una vecchia tastiera Bontempi rotta e la noia del momento. Il primo prodotto di questo connubio è “Me and my Good Times”, ruvido ascolto elettro noise dal sound violentemente Lo-Fi. Consiglio l’ascolto: se Super Mario avesse un bad trip probabilmente suonerebbe in quel modo, con i raschiosi muggiti di una tastiera 8 bit che friccica a ogni nota. Eppure, già in quelle sonorità fieramente casiniste si può ravvisare una creatività non banale, nonché una volontà di giocare coi generi che rappresenterà l’unica costante dei lavori del gruppo.
“Langue” è un deciso cambio di mood per i K. Board & The Skreens
Negli anni, infatti, il progetto ha continuato a muoversi nello spettro della musica elettronica rilasciando sulle piattaforme digitali tracce della influenze varie, ora techno, ora noise, ora quasi funk. Adesso invece è pronto il loro nuovo minialbum “Langue”, che segna una decisa sterzata verso l’ascoltabilità. La prima constatazione nel sentirlo è quanto il sound dei K. Board & the Skreens, nel tempo, si sia rifinito molto e disti anni luci dalle rauche tastiere originali. La quattro tracce che lo compongono scivolano rapide e ballabili, assimilabili a un brillante elettro pop strumentale. Beninteso, ancora l’atmosfera è onirica, estraniante, anche grazie alle distorte voci di sottofondo, ma carica di una positività inedita rispetto ai lavori precedenti.
Un mini-album orecchiabile, che trasporta con ritmo e solarità
Dopo trent’anni, Super Mario sta ancora avendo un trip, ma i suoi muscoli, negli anni, devono essersi rilassati. Lo dimostra da subito la prima traccia “Soi-Mah”, sospesa su una calma ritmata, quasi sciamanica, che mette l’ascoltatore in un mood riflessivo. Non serve a molto altro che a preparare la strada a “Ikiru”, bomba di solarità e forse gemma dell’intero lavoro. Sgarzolina e orecchiabile come una sorta di strana “Funky Town”, è impreziosita da un godibilissimo outro di chitarra. La successiva “Pashka” è invece più semplice, ritmata e ossessiva, quasi un ritorno alle contrazioni sonore degli album precedenti. Ma “Holmenkollen” conclude l’album di nuovo con un’energia felice. In conclusione, “Langue” dei K. Board & The Skreens è un mini-album certamente di nicchia per impostazione e sound ma che, complice la sua orecchiabilità, si lascia ascoltare facilmente. Se vi piace l’elettronica, sentitelo. Il miscuglio di soluzioni sonore potrebbe sorprendervi.