Ascoltare “I confini del giorno” di Clemente, in un panorama musicale dominato dalle hit pop, è come tornare ad un tempo passato. Antonio Clemente, tale all’anagrafe, pittore e cantautore di origini siciliane naturalizzato genovese, è alla sua quarta prova discografica dopo “Infinito”, “Davvero” e “Canzoni nel cassetto”
ln questo nuovo album, il musicista trasferisce tutta la sua grande passione per la scuola cantautoriale genovese e la musica folk irlandese. Per questo motivo “I confini del giorno” ad un primo impatto risalta come un canto fuor d’acqua, un ritorno all’immagine dell’osteria di gucciniana memoria. Non di medesimo impegno, certo, ma evocando fin da subito il momento di creazione di uno spazio intimo; un luogo in cui musicista e ascoltatore si stringono insieme nella condivisione di un sentimento.
Ne “I confini del giorno”, Clemente trasferisce tutta la sua passione per la scuola cantautoriale genovese e il folk irlandese
“I confini del giorno”, definito da Clemente un concept album, raccoglie brani sparsi scritti nel corso di una quindicina di anni di vita del cantautore. Prevalentemente autobiografiche, le canzoni sono disposte per formare un racconto di una lunga e vissuta storia d’amore, riassunta nell’arco di una giornata. I confini del giorno sono, dunque, le due notti che racchiudono un percorso: una maturazione della consapevolezza della difficoltà che una relazione porta con sé
Così, dopo la delicatezza di un “Buongiorno”, si vira, con “Lontani” e “Con te”, verso la malinconia della presa di coscienza solitaria e improvvisa. In “Cuore” si canta invece con leggerezza lo scontro con la parte irrazionale di noi stessi quando ci si interroga sull’amore. Proprio da qui comincia una maturazione sempre più consapevole; la sicurezza dell’io cantante è la condizione che segue il suo ripiegamento interiore, come dimostrano “L’ora magica” e “Due come noi”.
Clemente racconta una storia d’amore riassumendola nell’arco di una giornata: agli estremi le due notti che racchiudono un percorso di consapevolezza
Musicalmente, Clemente si muove tra ritmi di bossanova (“I confini del mondo”, un duetto con voce femminile) e flauti irlandesi (“Svegliami”, “Amaranto”), passi di flamenco (“Questa notte”) e jazz (“Nostalgioia”). I testi, se confrontati con la grande tradizione cantautoriale, di certo non risaltano per originalità, ma sono efficaci e suggestivi. In generale si mantengono su una linea semplice e si rifanno a immagini o metafore comuni e di immediata comprensione.
C’è una piacevole e intima artigianalità che viene fuori da “I confini del giorno”, una genuina spensieratezza. Clemente non costruisce questo disco con precise pretese musicali, lo fa per raccontare una storia e regalarla a chi è disposto a fermarsi e ad ascoltarlo. Si potrebbero rubare al cantautore due parole che sembrano racchiudere l’esperienza di questo disco: “un’ingenua poesia” in un mondo di giganti, che porta con sé il suo piccolo tassello di identità.