IL CONTE BIAGIO: "Io e l’industria musicale non abbiamo un bel rapporto"
Il Conte Biagio in una foto promozionale.
Il Conte Biagio in una foto promozionale.

IL CONTE BIAGIO: “Io e l’industria musicale non abbiamo un bel rapporto”

Ciao Il Conte Biagio! Raccontaci un episodio particolare e imbarazzante legato alle tue esibizioni. Facci ridere, sorridere, insomma! Noi di Music.it iniziamo così le nostre interviste.

Aprivo un Djset. Una volta sceso dal palco mi dicono:“Biagio ci sta un problema, il dj è al cesso”. Così sono risalito e ho detto;“lo so che siete timidi e volete il bis, va bene vi canto un altro pezzo”.

Giovedì 1 ottobre hai inaugurato il nuovo mese con il tuo singolo “Università”. L’ultima volta che ti sei divertito senza chiederti perché? Quando è successo?

Che bella domanda! Qualche settimana fa in Porta Venezia qui a Milano con amici; una serata surreale.

“Università” brano orecchiabile, vicino al sound indie. Se lo dovessi inserire in una playlist, quali brani sceglieresti come compagni del tuo?

Dovrebbe esserci, se non sbaglio, anche una playlist ufficiale di Spotify chiamata “Una vita in università” e non capisco perché ancora non ci sono. Sono fiducioso, diamo tempo ai ragazzi di Spotify di accorgersene. In alternativa anche Indie Italia potrebbe andar bene. Compagni di Playlist? Riccardo Sinigallia, Francesco di Bella, Motta, Lucio Dalla.

Parliamo di “Occhiali a specchio”. Nel videoclip cammini, passeggi ma soprattutto spacchi i telefoni dei passanti. Come è nato questo video? Spiegaci la tua filosofia su social, smartphone e dipendenza da giga.

È nato dalla disperazione. Il disco appena uscito “La mia depressione” era andato malissimo e volevo lasciare la musica. Il regista e amico Angelo Cariello per tirarmi su di morale, mi disse:“Inventiamoci un videoclip con qualcosa di forte, andiamo a spaccare i telefoni ai passanti in giro per Roma”. Complice una bottiglia ghiacciata di Amaro del Capo ho accettato senza pensarci un attimo.

Ti è difficile produrre video banali e anche il videoclip “La mia depressione” riprende la tua voglia di fare musica trattando tematiche importanti ma con la giusta leggerezza. Depressione, ricerca disperata del lavoro trovano il loro luogo ideale in Romagnano al Monte, comune della provincia di Salerno. Come hai scoperto questo magnifico luogo e quanta creatività ci hai trovato?

Moltissima! Sempre con i registi Angelo Cariello, Valentina Gaudiosi e tutto lo staff di “La Balena” abbiamo ottenuto le chiavi del paese fantasma, abbandonato dopo il sisma dell’80. È stato magico far rivivere un paese abbandonato con un team di 120 persone tra comparse, corpi di ballo e tecnici. Conoscevo già il borgo di Romagnano al Monte, è vicino Palomonte il mio paese di origine. Girare un video come “La mia depressione” in cui parlo di lavoro e depressione in una realtà in cui molti partono per cercare fortuna altrove ha assunto un significato particolare.

Iconico è il tuo logo: il tuo viso stilizzato con un paio di occhiali. Facciamone un manifesto. Conte Biagio, nel tuo regno, quali dovrebbero essere le priorità da avere sempre sott’occhio?

Le coincidenze. Nel mio regno le cose importanti e rivoluzionarie capitano per caso.

Musica per vivere e musica come passatempo. Qual è il tuo rapporto con l’industria musicale? Quanto spazio di libertà c’è?

Io e l’industria musicale non abbiamo un bel rapporto. Ma vado avanti per la mia strada. Negli ultimi anni c’é stato interessamento da parte di qualche discografico e di programmi televisivi (Amici, X Ffactor) ma non è quella la mia strada. Esser contattato dalla redazione di Amici l’anno scorso perchè si erano innamorati di brani come “La mia depressione” e “Occhiali a specchio” è stata la conferma che devo continuare a fare le cose che ho in testa, prima o poi qualcosa accadrà.

Super Social Tour è il tour che ti ha visto viaggiare per l’Italia grazie a una campagna promossa da Musicraiser. Tra le 10 città che hai visitato qual è quella dove hai sentito più partecipazione?

Sono due: Napoli e Bologna.

Bene Il Conte Biagio, la nostra intervista è finita. Puoi chiedere qualcosa al nostro pubblico, chiudere con una domanda emblematica, riflessiva oppure semplicemente salutare.

Valgono di più i numeri o le persone?