È Marzo. Finalmente, il terzo mese dell’anno che porta con sé il tanto adorato equinozio di Primavera. È Marzo, spuntano i fiori, si ricomincia a ballare, a desiderare l’estate. Vederla vicina anche sotto la pioggia. Almeno, un tempo era così. Adesso, forse, riapriranno le strade alla sua libera frequentazione, magari a concerti all’aperto. Magari. E questo, pensarlo è davvero assai poco normale.
Eppure, di fatto siamo già a un anno esatto dal debutto sulla scena mondiale dell’assoluto protagonista di queste quattro stagioni che da Marzo 2020 a Marzo 2021 non hanno sentito parlare che di lui, il signor Covid-19. Certo, ultimamente si parla di varianti, ma la famiglia è la stessa, una specie di mafia.
Io sono in Francia, e di concerti ne ho visti parecchi. Concerti, appunto, intesi come accordi. Intese prese tra musicisti locali della campagna nel Sud Ovest della nazione, dove mi trovo io. Niente biglietti, solo passaparola e attenzione alle guardie, sebbene per finta ché qui in campagna hanno ben poco da fare e non si vedono spesso. Il primo concerto fu nel week-end che chiudeva Febbraio.
È Marzo. Finalmente, il terzo mese dell’anno che porta con sé il tanto adorato equinozio di Primavera
L’ultimo, finora, nella casa in cui abito adesso, dove studio il basso assieme a qualcuno che non sopporta l’audio dei PC o dei telefoni cellulare, nemmeno delle casse bluetooth. “Sono abituato al suono acustico”, mi dice. Mentre lo fa, penso alla miriade di concerti on-line che durante quest’anno hanno riempito le bacheche dei social e piacevolissime, stranissime ore.
Non posso non pensare, ricordare, ergo riascoltare quello di Alberto Ferrari, chitarra dei Verdena che ha prestato la sua voce anche al progetto I Hate my Village. Registrata in casa, l’esibizione fu trasmessa in streaming il 31 Marzo 2020, sulla pagina Facebook “Latteria Artigianale Molloy”, a sostegno delle attività di Emergency nelle province di Bergamo e Brescia nel pieno della crisi pandemica. Mezz’ora di autentica emozione e potente fragilità. Se ve lo siete perso, tanto meglio per voi che l’ascoltate per la prima volta.
Inizia a piovere. La pioggia è sottile, è quella di Marzo. Penso a Lucio Dalla, mi chiedo Cosa Sarà? Rispetto alla musica, chissà cosa avrebbe risposto Lester Bangs che già nel 1973, a quanto pare, dichiarava finito il rock and roll, di già un’industria del più fico. Di certo, non c’è andato lontano. Ma adesso la questione è più sottile. Non sappiamo come cambieranno le cose, effettivamente, nel nuovo quotidiano della scena musicale quando tornerà a mostrarsi dal vivo.
Non posso non pensare, ricordare, ergo riascoltare quello di Alberto Ferrari
O per lo meno, non lo so io. Di certo, ora come ora è nettamente chiara la posizione che la società, così come la conosciamo, riserva all’arte e alla cultura. Una posizione marginale, rubata per lo più dalla spettacolarizzazione. Per cui, in attesa di permessi e diverse possibilità, è importante seguitare a nutrirsi. Perché l’arte cerca la vita, anche quando si crede morta. La vita non muore, moriamo noi. Non ha contrari la vita, così come non ne ha l’arte.
Sorrido allora, e celebrando il momento metto su “La pioggia di Marzo” nella versione di Mina arrangiata da Ivano Fossati. Il brano è del grande Antônio Carlos Jobim e un poco risponde alla domanda di cui sopra. Cosa Sarà? È un mistero profondo, una piccola pena […] È la pioggia di marzo, è quello che è, la speranza di vita che porti con te. Penso che è Marzo, che domani l’equinozio avrà luogo e con esso un’altra stagione, ancora e per sempre. La Terra, del resto, si muove da sempre e senza alternative. Come illudersi d’essere fermi noi stessi?