ALÉXEIN MÉGAS abbandona la sua gabbia e vola con THE WHITE BIRD (Album)
Una foto promozionale di Aléxein Mégas.
Una foto promozionale di Aléxein Mégas.

ALÉXEIN MÉGAS abbandona la sua gabbia e vola con THE WHITE BIRD (Album)

Ci sono momenti in cui un individuo si sente costretto in un meccanismo del quale non vorrebbe fare parte. Si sente in gabbia. In momenti come questo qualcuno riesce a evadere, come un uccello bianco che abbandona la sua gabbia. Questo è “The White Bird”. È la concezione che Aléxein Mégas ha di questa sensazione, il suo modo di evadere. Nel (quasi) concept album l’immagine della fuga e della libertà la fanno da padrona, grazie a un mix di sonorità elettroniche e orchestrali incalzanti.

Ispirato da artisti quali Bonobo, Nicolas Jaar e Safri Duo, quest’album si snoda in 10 tracce dai ritmi in costante ascesa. Raramente possiamo ascoltare la voce di Aléxein Mégas, ma è comunque palese il messaggio lanciato dai suoi brani. Si apre con “I am a shadow”, e già il titolo della traccia rivela molto. Il pezzo, oscuro e pieno di angoscia, trasmette una sensazione di disagio e rassegnazione. Farebbe un figurone come colonna sonora di un indie game come “Inside” o “Limbo”.

Procedendo sembra di incappare subito nella libertà dell’individuo, data l’euforia crescente di “Vector space”, terza traccia di “The White Bird”. Una libertà in realtà fittizia, dato che subito “Bring me to life” mi rimette al mio posto, zitto e buono a chiedermi perché stia lavorando, o vivendo. E così l’altalena di emozioni continua durante l’ascolto del disco, che paradossalmente scorre in maniera facile. Si tratta di un album personale, da ascoltare da soli, con le cuffie, quando si ha bisogno di pensare.

Aléxein Mégas ha trasformato il proprio lavoro in un racconto fatto di suoni ed emozioni. “The White Bird” non è mai banale, noioso.

Ovviamente in questo mio viaggio mentale, che se accompagnato da droghe leggere di qualche tipo sarebbe durato probabilmente tutta la notte, non manca l’attenzione ai dettagli. Dettagli come l’ottima qualità della produzione di Aléxein Mégas. In questa giungla di suoni e atmosfere emerge “An electric love”, sesto brano della tracklist. Come un fulmine a ciel sereno, dove la voce del cantante assume finalmente forma concreta, ricordandomi brani in stile moderno di gruppi come i Joy Division.

Ritroviamo “The White Bird”, omonimo singolo che anticipa l’uscita del disco, quasi in chiusura, come traccia numero otto. Il brano mi colpisce per l’atmosfera internazionale, che del nostro paese ha ben poco. Reputo un punto a favore per Aléxein Mégas la sua capacità di slegarsi completamente dall’ambiente culturale che lo bombarda giorno dopo giorno. In chiusura, dopo il viaggio spazio temporale, “Rays of warm sunset” ci lascia con un’atmosfera di assoluta pace e tranquillità.

Finisce il disco, ci rifletto un attimo e tiro le somme. È un album assolutamente da ascoltare, ma non per tutti. Non sto parlando di un artista commerciale. Aléxein Mégas ha trasformato il proprio lavoro in un racconto fatto di suoni ed emozioni, poco adatto a chi cerca musica per ballare o divertirsi. Nonostante non abbia simpatia per tutto ciò che è concettuale, ho apprezzato molto questo disco. “The White Bird” non è mai banale, noioso. È curato in maniera eccellente ed è in grado di proiettarsi verso sonorità contemporanee, nonostante spesso le atmosfere ricordino ambienti più tradizionali.

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ALÉXEIN MÉGAS

THE WHITE BIRD

5 ottobre 2018

Autoprodotto

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alex cover

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