CAMERAOSCURA: " Il male serve, più di quello che superficialmente si pensa"
In foto il duo dei cameraoscura
In foto il duo dei cameraoscura

CAMERAOSCURA: “Il male serve, più di quello che superficialmente si pensa”

Diamo il benvenuto su Music.it ai cameraoscura! Prima domanda per rompere il ghiaccio: raccontateci qualcosa di voi, qualche aneddoto divertente o imbarazzante che tenete segreto.

Di divertente al giorno d’oggi c’è ben poco, genesi e sviluppo di cameraoscura compresi. Inoltre non pensiamo di avere segreti particolarmente interessanti. Siamo un duo come tanti. Disilluso per il presente e decisamente pessimista per quel futuro che speriamo non arrivi mai. Di conseguenza la musica che proponiamo non può che essere deprimente ed oscura. Ma anche affascinante, soprattutto per il fatto di non avere limiti e vincoli stilistici da dover rispettare. Chiunque può trovare all’interno di un disco come il nostro qualcosa che soddisfi le proprie necessità uditivo/immaginarie. È quindi il disco che deve parlare per primo. Noi possiamo, in un secondo momento, spiegare alcune cose che possono non essere chiare in partenza, per permettere una migliore assimilazione di quelli che sono i contenuti.

“quod est inferius” è il vostro primo disco. Come descrivereste questo lavoro?

La nostra intenzione era quella di riuscire a tradurre in sonorità quelle che sono le nostre alienazioni, cercando di essere quanto più omogenei, ma al tempo stesso mantenere la più totale libertà artistica. Sono i dogmatismi ciò che ci fa più paura. E riuscire a rompere questi sacri vincoli era la nostra dannunziana sfida alle stelle. Non saremo i capostipiti di una nuova avanguardia artistica ma non siamo nemmeno l’ultimo clone creato per mantenere salda la ritualità finto rivoluzionaria di un genere che guarda al futuro mosso da quella follia visionaria che alimenta i sogni di tutti noi che ci cimentiamo con questi paradisi artificiali.

Come è nato “quod est inferius”?

Per quello che riguarda la genesi, come spesso accade, non c’è stato bisogno di sedersi ad un tavolo e programmare nulla. Tutto si è incanalato da solo, nonostante i 300 km di distanza che ci separano. Abbiamo solamente sonorizzato i nostri incubi. E capito che sognavamo le stesse cose pur non avendo mai dormito insieme. Dipingere il male per quello che rappresenta è stato quindi semplicissimo. Il bello viene ora. Riuscire a mantenere il nostro standard, cercando di non snaturare il suono ma al tempo stesso inserendo nuovi elementi.

Il disco è uscito anche in versione cassetta. Perché avete scelto un formato del genere che molti considerano passato?

Inizialmente avevamo pensato al vinile ma poi essendo il debutto di un progetto del tutto sconosciuto abbiamo pensato fosse troppo pretenzioso come esordio. Il CD è [purtroppo] ancora la via maestra per diffondere il proprio verbo. Abbiamo scelto di sposare la linea di Teschio Dischi e quindi di puntare sulla cassetta perché pensiamo che sia un supporto che non è mai morto nonostante ce lo abbiano dipinto come defunto. È stata la comodità della fruizione della musica liquida, quella di hard disk pieni di mp3 che non saranno mai ascoltati, a fare il funerale alla cassetta. Ma erano veramente in pochi quel giorno alla messa di requiem. La musica non è un sottofondo da usare mentre fai dell’altro ma un qualcosa che devi ascoltare con attenzione dedicandoti solo a quello. Quale situazione migliore che non infilare la cassetta nello stereo e “press play on tape”?

Quindi secondo voi è ancora un formato attuale? Voi continuerete a usarlo?

Lo considerano “passato” tutti coloro che si sono piegati ai dettami del mercato e del finto progresso. Non certo noi. Non a caso il prossimo sarà un 7, ma di questo al momento non possiamo e non vogliamo dire altro. Arriverà il momento di svelare l’arcano. Alla fine di questa estate insopportabilmente calda.

Parliamo dell’artwork di “quod est inferius”. Perché avete scelto il simbolo del caos? Cosa rappresenta per voi?

Per l’artwork ci siamo avvalsi delle competenze di Coito Negato artista dell’underground fiorentino, nonché grande amico. Gli abbiamo passato il disco senza dare alcun tipo di indicazione, lasciandolo libero di elaborare il concept dell’album nel modo che riteneva e sentiva migliore, consapevoli del fatto che non saremmo restati delusi. E così è stato. Ci ritroviamo in ogni dettaglio, anche il più nascosto. A partire dalle figure del Minotauro e di Arianna, assolutamente funzionali all’idea di labirinto che troviamo sulla copertina. Quello stesso labirinto in cui ci siamo perduti nella nostra discesa agli inferi. La mitologia legata al Minotauro ritorna nel momento in cui realizziamo che le sette ragazze che ogni anno venivano sacrificate corrispondono ipoteticamente ai sette brani del disco. Senza tralasciare i riferimenti massonici dell’occhio che scruta in mezzo al labirinto incastonato nel simbolo del caos. In merito a questo è inevitabile tornare al discorso di cui sopra e ribadire come la nostra situazione attuale sia più che mai confusa e che ci sia ben poco di cui gioire.

Che cosa vi ha ispirato nella composizione di “quod est inferius”?

Ci siamo semplicemente guardati dentro per poi provare a capire tutto quello che ci circonda. Impossibile provare a capire questi nostri tempi senza aver prima canalizzato le nostre energie per capire noi stessi e prendere di conseguenza le distanze da tutto ciò che sta succedendo. È stato pressoché immediato realizzare di avere poco o nulla in comune con la deriva culturale e morale del nuovo millennio appena iniziato. La vera crisi di cui si è tanto parlato è secondo noi interiore prima che economica. Siamo alla deriva e il bello è che nemmeno intravediamo la costa da cui siamo imbarcati in questo mare di alienazione. Non sarà quindi facile tornare indietro. Nemmeno per noi che crediamo di avere le idee chiare. Quando si va a fondo si va a fondo tutti quanti. E il fatto di esserne consapevoli ci assolve solo in parte dal non essere riusciti ad invertire la rotta per tornare a riva.

Vi sentite ermetici? Perché?

Se per ermetismo intendi la corrente letteraria italiana a cavallo delle due guerre sinceramente crediamo di non avere praticamente nulla in comune. Se invece vogliamo intendere per ermetismo gli scritti esoterici a carattere filosofico e teologico allora siamo decisamente molto ma molto vicini a quello che siamo e che vogliamo essere. Resta forse una certa dose di impenetrabilità di difficile interpretazione ma solo in apparenza. Siamo meno “oscuri” di quanto possa sembrare.

Qual è il brano del disco che più vi descrive? Perché?

Probabilmente “V.I .T.R.I.O.L”, il terzo episodio dell’album. Per lo meno a quanto si legge e si sente dire in giro. Chi ha apprezzato il disco ha posto l’accento sui quei sei minuti e ventotto secondi. Credo ci sia dentro molto di noi e che per una volta “vox populi vox dei” possa essere quanto di più vicino ci sia alla realtà delle cose. Dobbiamo dire che avendola anche proposta dal vivo è una traccia che si presta particolarmente alle nostre esigenze di autoanalisi anche in sede live. È un brano molto stimolante dall’andamento ondivago come le nostre esistenze, anche se pensiamo che l’album sia difficilmente scindibile in singoli episodi tra loro separati. Abbiamo cercato una certa omogeneità non solo a livello sonoro ma anche concettuale. E crediamo di esserci riusciti o per lo meno questo è quello che ci piace pensare.

Quanto in profondo bisogna scavare nell’ascolto di “quod est inferius”? Perché?

“quod est inferius” è lo strumento che abbiamo scelto per sondare le nostre emozioni più nascoste. Quelle che non dobbiamo aver paura di guardare in faccia. Occorre andare sempre più a fondo, ogni giorno di più, senza remore. Chi si ferma al primo strato sottocutaneo ha fatto solo il primo passo verso gli inferi del proprio essere vivo. Ci sono dinamiche intestine che nemmeno immaginiamo. Raggiungerle e capirle non è impossibile, anzi, è molto meno difficile di quanto si possa essere portati a pensare. Il disco è il pretesto per scendere a fondo.

E dopo l’ascolto del disco che succede?

Il bello viene proprio quando l’ascolto si è concluso. Che fare? Tornare immediatamente in superficie e provare a dimenticare oppure restare laggiù e cercare di capire il perché delle cose? Noi vi forniamo il mezzo per la discesa, sta poi a voi decidere come utilizzarlo e per quale scopo. Noi le idee chiare le abbiamo, anche se non è stato facile dare del tu al dolore, guardarlo in faccia e sfidarlo. Ma nemmeno provarci è il peggiore degli atteggiamenti. Il male esiste, ed è forte e radicato dentro ognuno di noi. Il male serve, più di quello che superficialmente si pensa.

Ultima domanda, il classico “fatti una domanda e datti una risposta”.

Ha ancora un senso oggi duemiladiciannove fare musica e pubblicarla anziché limitarsi allo streaming di piattaforme come Spotify e simili? Assolutamente sì. La storia o la si scrive o la si subisce. Noi preferiamo stare dalla parte di chi la racconta in prima persona per averla vissuta sulla propria pelle, indipendentemente dal fatto di stare “dalla parte giusta” o meno. Che gli altri vadano pure dietro alle mode e alla musica liquida, da lettore mp3. Noi restiamo fermamente convinti che senza un’educazione alla lettura del passato non possa esserci futuro. E lo streaming di queste piattaforme non è il futuro ma un presente dilatato. Non confondete le due cose.