CARLO VALENTE: "Il cantautorato non è morto" • MUSIC.IT
Il cantautore Carlo Valente durante un concerto.
Il cantautore Carlo Valente durante un concerto.

CARLO VALENTE: “Il cantautorato non è morto”

Benvenuto Carlo Valente! Music.it è felice di averti qui oggi. Raccontaci del ricordo più forte che ti viene in mente sentendo la parola musica. Quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua strada?

Il ricordo più forte è quando, da bambino, decisi di suonare la chitarra, ma fui virato da genitori e parenti a imparare lo strumento che fa parte della cultura e della tradizione di un paese piccolo come il mio: la fisarmonica. Quello è il ricordo più forte e traumatico, che poi si è rivelato di fondamentale importanza per il proseguo della mia piccola carriera artistica. Ero portato per la musica e ho capito fin da subito di non poterne fare a meno, quindi inevitabilmente ho continuato, fino ad arrivare a scrivere canzoni. 

Da cantautore quale sei so che hai preso ispirazione da grandi nomi italiani. Quali sono state le più grandi influenze?

Da Fred Buscaglione in poi, tutti. Passando per Fabrizio De André, Enzo Jannacci, arrivando a Daniele Silvestri, Vinicio Capossela. Ma amo molto anche la scrittura dei cantautori dell’ultima generazione, ad esempio: gaLoni, Giovanni TruppiGnut, per citarne alcuni. Adoro l’ultimo album di Federico Sirianni “Il Santo” e nutro una profonda stima per lui, per come conduce il suo lavoro di cantautore. 

Fisarmonica, pianoforte e poi chitarra. Ti piace sperimentare? C’è uno strumento che preferisci sul quale ti senti più a tuo agio?

La chitarra, il sogno che poi è diventato realtà. Ho il problema serio di suonare al contrario questo strumento. Sono un falso mancino, e se da una parte questo mi limita parecchio dall’altra rende la mia pennata abbastanza particolare. Sperimentare non è facile: voglio avvicinarmi al mondo dell’elettronica, ma con calma, con molta calma. 

Parliamo del tuo primo album “Tra L’altro”. Musiche vivaci e testi dissacranti che sviscerano le tematiche sociali più problematiche in puro stile pirandelliano, lasciando l’amaro in bocca. Era il tuo intento quello di far riflettere l’ascoltatore? Come hai scelto i temi da trattare?

Assolutamente sì, volevo portare alla luce dei temi che vengono trattati poco ultimamente, mettere sotto i riflettori queste vicende oscure che affliggono il nostro Paese. In parte credo di esserci riuscito. L’ascoltatore ha un ruolo fondamentale, e va stuzzicato e provocato in tanti modi. Mi sento un “cantautore impegnato” sotto il profilo sociale, ma adoro anche scrivere d’amore. Credo che il pop, quello fatto bene, sia la forma d’espressione migliore che la musica possa regalarci. 

Della tua biografia mi ha colpito una frase: «In un mondo musicale ‘sinth-etico’ abbiamo cercato di puntare su suoni puri, legnosi, primordiali, sinceri». Cosa ne pensi della situazione musicale italiana? Pensi che il cantautorato stia perdendo il suo reale valore?

Non lo si sceglie di essere cantautore, noi scriviamo canzoni ma poi è il pubblico che ti cerca e ti giudica. Un cantautore, uno che scrive canzoni, porta un’idea, lascia un ricordo, porta una testimonianza concreta della realtà e cerca di farla capire nel miglior modo possibile. Certo è dura: da una parte ci sono i talent che offrono il famoso quarto d’ora di celebrità; dall’altra la gavetta, scrivere, lavorare sodo, sbattendosi di notte tra piccoli e grandi concerti nei locali italiani. Quest’ultima modalità ha portato alla luce dei grandi artisti, con brani che sono dei piccoli capolavori. Mi riferisco a gaLoniGnut, Giovanni Truppi, Giacomo Toni, il mio amico Rosso Petrolio. Tanti, ce ne sono tanti. Cerchiamoli e innamoriamoci. E posso assicurarvi che non sono da meno rispetto ai giganti del passato. Il cantautorato non è morto, è vivo più che mai. 

Il primo album è sempre un grande traguardo per un artista. Stai già pensando e lavorando ad altro? Puoi svelarci qualcosa?

Al momento uscirà un nuovo singolo tratto dall’album, poi mi godrò il tour che finirà a dicembre. Per il resto ho già qualche idea che mi frulla in testa. Mi prendo il giusto tempo, metto le cose insieme e poi torno più forte e deciso di prima. 

Caro Carlo, grazie per essere stato con noi. Vuoi aggiungere qualcosa?

Grazie di esservi interessati al mio progetto. Vi aspetto ai miei concerti. Grazie ancora.