“C’eravamo tanto odiati”, ultimo round del concorso Roma Comic Off, giocato a Teatro Trastevere, doveva essere una commedia brillante in due atti, diretta da Antonia di Francesco. Avrebbe dovuto essere una commedia brillante. Se lo fosse stata non mi sarei accorta dell’ora e mezzo abbondante di durata. Non c’è cosa peggiore del prurito alle gambe che affligge quando vorresti sfuggire ad una situazione spiacevole.
Il copione di “C’eravamo tanto odiati” è sobrio e stereotipato. Sul palco di Teatro Trastevere tutto è andato proprio come ci si aspettava. E quando poteva esserci un colpo di scena, il pubblico è stato adeguatamente preparato con ansiolitici alla grande sterzata.
È una faccenda estremamente seria far ridere le persone. Si dice che il riso derivi dall’insensatezza di alcuni sviluppi, dall’incongruenza innocua (e non nel caso del black humour) tra un prima e un dopo. Ma se non è bastata la banalità dello svolgimento dal punto di vista della trama, la ripetizione ossessiva di schemi presunti comici mi ha dato il colpo di grazia.
A “C’eravamo tanto odiati” manca un autore, e sarebbe potuta essere una prova di stile per la regia e per gli attori.
La furbata della regia è stata nel circoscrivere lo spazio di movimento degli attori con una sovrabbondante scenografia. Rendendo difficile capire come le mascherine che hanno dato luogo alla messinscena sapessero muoversi. Non ci son state deduzioni azzardate sul nulla. Ma non è solo il copione ad essere stato scialbo. Dai presupposti della sinossi, sarebbe potuta essere una commedia di formazione, che poi è lo spirito della commedia plautina.
Un anziano padre annoiato, i figli in rotta totale per una bega sentimentale dalle tinte omosessuali, una badante, una patetica storia d’amore tra vecchi amici. Ogni personaggio è rimasto dannatamente inchiodato alla macchietta iniziale nonostante sul palco accadessero un sacco di cose. Ho rinvenuto una magra consolazione nella performance di Giulia Linari. Oltre a denunciare a parole i rovesciamenti dialettici di Susanna, è stata in grado di farli sentire. Ma si è trattato dell’unico personaggio congegnato con un po’ di mollica dietro la crosta.
A “C’eravamo tanto odiati” manca un autore, e sarebbe potuta essere una prova di stile per la regia e per gli attori. Trovare sul palco ben cinque macchiette è stata una sgradevole sorpresa. Di quelle che ti aspetti nel teatro amatoriale di provincia, magari nella Velletri bistrattata durante la messinscena. Non di certo come episodio finale del Roma Comic Off in scena a Teatro Trastevere.