Dedica o invocazione? Solo i Cara Calma custodiscono l’intenzione dell’appellativo con cui si rivolgono alla calma che portano nel nome. Una cosa è sicura: “Souvenir” è un diario su cui hanno riversato la loro intimità più autentica. L’avevano già fatto con il loro primo album, “Sulle punte per sembrare grandi”. A distanza di appena un anno hanno premuto l’acceleratore sul ritmo. Impossibile non sentire il marchio di Karim Oqru, batterista degli Zen Circus, che ha definito in modo più robusto il sound di “Souvenir”. Resta una punta di riflessività che pervade l’arrangiamento della chitarra e, soprattutto, il timbro del vocalist. In “Rodica”, singolo di lancio dell’album, esplode in malinconia per i ricordi delle cose belle. «Ho finito le stanze in cui scappare / il tempo da rubare».
“Sono io o sei” tu ha il sapore della hit estiva che si dipana in un alt-rock maturo e consapevole. Il contrasto tra l’amarezza di un amore finito e la frenesia accompagna l’urlo di frustrazione che esplode in “In tutti i dettagli”. E poi arrivano le ballad di “Souvenir”, “Com’era per noi” e “Universo”, cantata da Luca Romagnoli di Management. Il timbro pulito e rassicurante delle strofe si sporca e aggredisce le orecchie nel ritornello, adeguandosi alla struttura sonora costruita dai Cara Calma. Un featuring naturale e ben riuscito, come quello di “Otto ore”. A intervenire nel ritmo frenetico della traccia già nominata è Ivo Bucci dei Voina, in una polemica punk rock su lavoro e società con il frontman dei Cara Calma.
Da “Souvenir” sprigionano le diverse identità musicali della formazione dei Cara Calma.
Ne “Il mio rifugio” la questione si fa filosofica. Il poeta adotta la prospettiva privilegiata del senno di poi, da cui osserva la strada battuta. Da quel sentiero innesta serrate critiche ai luoghi comuni, alle strade percorribili da tutti, invitando ciascuno a seguire il proprio percorso. “Seconde Occasioni” è la composizione di “Souvenir”, da cui si sprigionano in maniera puntuale e precisa le diverse identità musicali della formazione dei Cara Calma. La robustezza dei groove di batteria viene fusa a caldo con arpeggi cantautorali. Il montaggio magistrale tra le strofe richiama in qualche modo il contenuto del testo – «siamo persi in un fantastico buco nero di seconde occasioni» – a cui fanno eco le diverse sfumature di punk. Riesce a emergere anche quella cosa difficile da ascoltare che è il post hard-core.
In “I mobili” cercano nel passato le tracce di ciò che è rimasto nel presente, con un dialogo intimo con il pubblico, facendogli prendere fiato. Per fortuna c’è il riverbero della cassa a impedire all’adrenalina di calare. L’energia di “Tu sei la guerra” è l’ultima pagina di “Souvenir”, in cui fissano tutta l’ansia di fare propria un’adolescenza che sembra non voler svanire mai. Sono un po’ tirchi i Cara Calma, ma potrebbe essere un bene. Anche se il loro sound sembra avere una parentela con altri cugini del panorama indie-rock, quali i Ministri e i Cabrera, “Souvenir” lascia a bocca asciutta un ascoltatore avido. A quando il prossimo?