FINLEY: "Chi ascolterà il disco capirà cosa si prova ad essere a un nostro concerto"
I Finley in una foto promozionale
I Finley in una foto promozionale

FINLEY: “Chi ascolterà il disco capirà cosa si prova ad essere a un nostro concerto”

Ciao Pedro, è un piacere poter parlare con te, iniziamo con la nostra domanda di rito, e considerata la carriera dei Finley voglio una bella risposta! Racconta ai lettori un episodio imbarazzante capitato durante un concerto.

Ma certo, è un piacere (ride). La prima cosa che mi viene in mente è che una volta, durante un concerto, mi presentai sul palco salendo con la zip dei pantaloni abbassata! Dopo circa un minuto e mezzo, o forse la fine del primo brano, ricordo che il pubblico era solito portare dei cartelli, o scriverli direttamente al momento da recapitare ai nostri occhi, essendo magari sotto il palco. Su un cartello scrissero “Pedro tira su la zip”. Con grande imbarazzo mi girai e tirai su la zip (ride).

Ricordi che spettacolo fosse?

Sfortunatamente no. Io ho una buona memoria ma non riesco proprio ad associare questo evento ad un palco specifico.

Parliamo un po’ dei Finley, prima di arrivare al presente. Quattro ragazzi di circa 17 anni che videro arrivare tutto questo successo in una sola volta. Non vi siete montati mai eccessivamente la testa, quindi come avete gestito tutto questo?

In realtà ce la siamo montata troppo poco la testa. Nel senso che avremmo dovuto sfruttare di più il vortice che ci ha travolto e buttarci ancora di più nel mondo della musica. Poi forse, vuoi un po’ per preservare quella che era la nostra vita precedente o il nostro giro di amicizie, il nostro micro mondo, abbiamo deciso di farci contaminare ben poco da quello che è il mondo dello show business. Questa è stata forse una cosa controproducente, perché si sa che quando hai grande visibilità, le pubbliche relazioni e il farsi vedere possa essere molto importante per gli anni avvenire.

Beh, il grande conflitto tra rimanere autentici o seguire le tendenze.

Esatto, noi forse per indole, perché stavamo bene anche tra noi e non volevamo sporcare quello che era il nostro mondo, non abbiamo fatto compromessi da questo punto di vista. Abbiamo deciso di portare avanti le nostre vite come nulla fosse, e forse per quello ti dico che ci siamo montati troppo poco la testa. C’è sempre stato grande equilibrio e il fatto di essere una band spesso ti portava a confrontarti l’uno con l’altro e non perdere totalmente il contatto con la realtà. Era cambiata ma era quello che volevamo fare nella vita.

Questo mi lega un po’ alla prossima domanda che volevo farti, ovvero: arrivati ad oggi, c’è qualche rimpianto da parte dei Finley? Qualche occasione che credete di non aver sfruttato a pieno?

Sicuramente c’è qualche rimpianto, ma come nella vita di qualsiasi individuo o la carriera di qualsiasi artista. Anche quello sul tetto del mondo ti potrebbe dire che qualcosa l’avrebbe fatta in maniera diversa e se ti dicesse il contrario sarebbe bugiardo nonostante i risultati che ha realizzato. Non saprei però nello specifico quale, forse quello di cui parlavamo prima potrebbe esserne uno, ma non lo è in realtà. Forse l’unica cosa è che siamo esplosi tanto giovani. Non avevamo completato un processo di maturazione artistica che secondo me ad oggi è arrivato. Magari non al suo completamento ma è arrivato un processo di miglioramento e crescita come performer e come artisti. Siamo una band diversa dopo 17 anni di esperienza e sappiamo gestire il palco in maniera diversa. La consapevolezza è diversa e il gestire il palco è fatto in maniera diversa.

Ovviamente siete maturati rispetto ai quasi bambini che eravate allora.

Sì. ma devo dire la verità, sul palco mi diverto ora molto di più di quando ero ragazzino. Sì, all’epoca c’era entusiasmo, la smania di voler raggiungere obbiettivi e voler fare. Oggi invece la consapevolezza è tale che il palco lo dominiamo, e dominandolo ti riesci a lasciare andare, ad essere autonomo. Forse il rimpianto è che abbiamo bruciato un po’ troppo le tappe, e magari anche le persone ci hanno conosciuto solo per una parte del percorso artistico, che per certi versi era abbastanza acerbo vista l’età anagrafica. Suonavamo in situazioni molto più grandi di noi che forse non ci meritavamo con così tanta velocità e non riuscivamo a tenerle impugno e farci trovare pronti.

Veniamo all’ultimo singolo dei Finley, “San Diego”. Immagino ovviamente il riferimento al piccolo Diego, tuo figlio. Ma la domanda vera è, quanto ti spaventa avere il bimbo in casa?

In realtà è un angelo (ride). Direi che bisognerebbe sottolineare la parola “San”e mi sento molto fortunato. Probabilmente mi hanno dato un “elettrodomestico” facilitato sapendo che non sono una persona così portata in questo senso (ride) quindi mi hanno dato un bimbo facilitato. Ha tanti optional in dotazione tra cui un grande autocontrollo, quindi è bravissimo. A parte gli scherzi e l’accostamento stupido all’elettrodomestico devo dire la verità, è molto meglio di quanto mi aspettassi. È una bella esperienza, specialmente quella del parto è stata un’esperienza potente.

Torniamo invece al singolo vero e proprio

Sì. non ho mai nascosto sin dalle prime battute che questo brano era dedicato a mio figlio, anche perché mi sarebbe sembrato ipocrita nasconderlo. Ma non è solo un brano autobiografico, perché può davvero rappresentare un viaggio verso un orizzonte inesplorato per chiunque. Rappresenta la colonna sonora della mia scorsa estate ed è in questo caso anche un orizzonte per me inesplorato, quello della paternità. Spero potrà essere però anche la canzone dell’estate per tante persone, indipendentemente dal significato comunque viscerale che ha per me e per il legame che sto costruendo giorno per giorno con mio figlio.

E quando lo porterai a vedere San Diego e gli spiegherai il motivo?

Beh quando sarà un po’ più maturo, almeno per poterlo ricordare (ride). È una promessa che gli ho fatto nel singolo e intendo mantenerla. San Diego inoltre è stata scelta però anche per altri motivi. È la città natale dei blink-182, forse un po’ più alternativa rispetto a Los Angeles ma rappresenta un po’ la mia El Dorado. Un punto di partenza e di arrivo che sono riuscito a coronare.

“We are Finley” il vostro ultimo lavoro. Un live album che dovrebbe avvicinare l’ascoltatore a quella che è l’esperienza di un concerto. Per il futuro invece c’è la possibilità di un album di inediti?

Assolutamente sì, stiamo già scrivendo da mesi. Ovviamente i tempi, facendo anche gli speaker ormai da 5 anni, che è diventata non più una parentesi ma una realtà consolidata, si possono dilatare un po’ di più, non essendo concentrati al 100% sulla musica o sulla produzione discografica. Però “San Diego” può essere il primo passo verso una nuova produzione. Questo è indubbio ed è già dall’estate scorsa che stiamo scrivendo alcune cose. Con calma procederemo verso un nuovo lavoro.

Quindi si può dire che ormai state quasi arrivando.

Non saprei, questo lo hai detto tu (ride). Ma sicuramente qualcosa per l’anno prossimo faremo uscire, forse un nuovo album, non saprei, non c’è nulla di certo. Ci sono alcuni pezzi scritti ma è ancora tutta da vedere. Per ora ci concentriamo su “We are Finley” e sul tour di quest’estate e sicuramente a “San Diego”.

Mi stavi parlando della professione di speaker. Come vi trovata a stare, per così dire, dall’altra parte?

Benissimo! Poi da gennaio ci sentiamo completamente realizzati sotto questo punto di vista. Abbiamo trovato la nostra dimensione, il nostro luogo perfetto per sfruttare le nostre caratteristiche, il nostro linguaggio e il nostro divertimento. Siamo veramente felici. Da marzo abbiamo la nostra collocazione in un orario ideale che sarebbe dalle 17 alle 20. Il programma si chiama “I trafficanti” quindi noi accompagniamo le persone a casa dopo una lunga giornata di lavoro e alleggeriamo la tensione dei “trafficanti” in giro per l’italia. Il luogo perfetto per esprimere le nostre potenzialità. Un costante scambio di divertimento ed energia con gli ascoltatori. Molto bello. Veniamo da esperienze, rispetto all’attuale Radio 101, diverse, come i tre anni in radio Kiss Kiss che sono stati come la nostra palestra. Da zero, ci siamo catapultati per tre anni in questo mondo. Poi siamo passati per due anni a Radio Monte Carlo, che è stata una bellissima esperienza che ci h apermesso di alzare l’asta della professionalità, mettendoci anche a dura prova. Quindi opo tutto questo, credo che abbiamo trovato il binomio giusto con Radio 101. Tutti i giorni torniamo a casa con il sorriso stampato sulla faccia.

Vorrei sapere dai Finley, che hanno cavalcato l’onda pop/punk degli anni 2000, cosa ne pensano delle nuove correnti come la Trap.

Ti dico la verità, avere posizioni morbide non aiuta e non escono titoli così accattivanti che attirano l’attenzione. Se sento una cosa che proprio non mi piace o non mi attira, neanche mi interessa parlarne più di tanto. Adesso abbiamo 34 anni e forse i modi e i contenuti di esprimersi di un trapper non mi appartengono, forse non sono neanche io in grado di capirli. Ma ovviamente neanche criticare un artista nello specifico. Diciamo che la tecnica o le capacità compositive non sono messe in primo piano, è più un discorso di attitudine che può essere considerata sbagliata o meno ma non sono io a poter giudicare. Nella trap ci sono cose internazionali inoltre anche molto interessanti, mentre in italia faccio più fatica a trovarne.

Ti parlo di trap riportandoti però le parole di Dave Grohl che l’ha paragonata un po’ al nuovo punk.

In parte ha ragione, assolutamente. È un genere che sta ridefinendo la musica per certi versi. Ha avuto un impatto molto potente, specialmente se guardi e analizzi il pop, è totalmente contaminato dalla trap. Dall’uso del charleston in una determinata maniera, il sound, lo svuotare le canzoni e riempirle solo di pochissimi elementi, senza citare tuner e autotune (ride). Sono tanti gli elementi che stanno contaminando il pop e si può dire che la causa sia la trap.

Invece tornando al panorama underground italiano?

Pensando invece al panorama italiano, ci sono delle realtà indie che secondo me sono degne di nota, ma devo dire la verità, molte si nascondono, secondo me, dietro un esercizio di stile. Cercare la parolina strana o il sound accattivante come quello anni ’80 che funziona al momento. Comunque le realtà interessanti sono molto come le persone che sanno scrivere. Diciamo che mi piace ascoltare musica dove c’è del vero dietro, perché se c’è del vero, indipendentemente dal fumo che si possa lanciare negli occhi, quello arriva comunque.

Siamo alle ultime battute, quelle più scomode. Inizio con il chiederti quale è la canzone che i Finley non avrebbero voluto scrivere

Oddio, così non so che rispondere (ride). Mi fa sempre ridere, non che  non l’avessi voluta scrivere, una canzone che abbiamo scritto quando l’Italia vinse i mondiali. Si chiama “9 luglio 2006” ma non fu pubblicata se non su youtube e forse passata in qualche radio. Più che vergognare mi fa molto ridere!

Invece quella che avreste voluto scrivere su tutte?

Ce ne sono tantissime, un elenco infinito. Ma tu prima mi hai citato Dave Grohl quindi ti dico, una delle mie preferite di sempre, “Everlong” dei Foo Fighters.

Domandina per tutte le fan del gruppo. Dei 4 Finley, all’epoca dei tour, chi era quello che rimorchiava di più?

Eh, ti dirò, secondo me quello che acchiappava di più era Ka. Più che altro veniamo tutti da relazioni molto lunghe, la mia è la più lunga, quindi diciamo semplicemente che chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane. Per portare avanti un rapporto qualcuno si doveva tirare indietro (ride).

Abbiamo concluso. Come per tutti, ti lascio uno spazio libero per dire tutto ciò che vuoi ai lettori, Ti ringrazio tantissimo per la chiacchierata, ci vediamo nei live!

Grazie a voi. Sì, vorrei dire una cosa a proposito del nostro disco, specialmente per chi ci segue. Chi è stato ma specialmente chi non è stato a un nostro concerto potrà finalmente capire cosa si prova ad essere presenti. Chi ascolterà o comprerà questo disco avrà chiaro cosa vuol dire essere dentro un nostro concerto. Volevamo creare non solo un concerto da sentire ma anche da vedere. La cosa bella dei live è che c’è uno strumento in più, il pubblico. Ad esempio la mia voce viene potenziata da tutte quelle del pubblico, ed è bellissimo. Volevamo riportare tutta la nostra esperienza su un supporto e ci siamo riusciti, ovviamente non ci puoi vedere ma puoi “vedere” i suoni che ascolti. C’è tutto il nostro percorso ed è un oggetto davvero prezioso per i nostri fan. Un oggetto che chi ci ha seguito fin dall’inizio deve avere.