GARAGEVENTINOVE: “Ogni opera è un enigma, ogni enigma una sfida”
Una foto promozionale dei GarageVentiNove.
Una foto promozionale dei GarageVentiNove.

GARAGEVENTINOVE: “Ogni opera è un enigma, ogni enigma una sfida”

Benvenuti su Music.it! Iniziamo dal leggendario. Raccontateci un episodio senza il quale i GarageVentiNove non sarebbero ciò che sono oggi.

Claudio: L’episodio leggendario nella nostra carriera è stato il tour a Cuba nel 2002. Suonare in posti mitici come il Patio de Maria dell’Avana ti ricompensa di tanti sacrifici e ti motiva ad andare avanti
Brian: I GarageVentiNove non esisterebbero se nell’autunno del 2011 non fosse entrata Patty. Transfuga dalla cover band TNT dove ci eravamo conosciuti, ha portato un notevole cambio di direzione al sound. Infatti prima ci chiamavamo in un altro modo (ride).

Quando e come è avvenuto il vostro primo incontro con la musica?

Ermanno: No comment. Mia madre mi costringeva a prendere lezioni…
Patty: Io con l’organetto Bontempi, intorno ai 6-7 anni.
Brian: Ho cominciato come baritono in una corale. Come cantante rock… beh, era metà degli anni ’80. Allora imperversavano i paninari, i “troppo giusti”. Io ero prigioniero in un’istituzione totalizzante borghese e, come reazione, mi unii ad altri ne Gli Sbagliati!
Claudio: Ascoltando The Rolling Stones e Lou Reed, specialmente “Love You Live” e “Rock’n’roll Animal”. Da lì ho cominciato suonando blues.
Ciccio: All’età di 7 anni con le tastiere in una piccola band di coetanei. La mia prima composizione di allora era uno strumentale dal titolo “La Morte del Cavallo”.

Come si sono incrociate le vostre vie? In che occasione avete stipulato la vostra alleanza?

Brian: È un episodio divertente (ride). Era il 1991 e io, milanese studente a Bologna, ero stato precettato per fare il servizio civile a Varese. Lì dapprima conobbi Ciccio, mio collega/commilitone, poi misi un’inserzione su “Occasione”, il giornale di annunci cittadino, del tipo “cantante dalle molteplici esperienze cerca gruppo valido e creativo”.
Claudio: Sì, intendeva esperienze di droga!
Brian: Ssssh, non si dice. Comunque dopo aver sentito un paio di gruppi di banalissimo hard rock, ebbi la ventura di conoscere Ermanno e gli altri. Suonavano con lui Claudio e il tastierista Carlo Ascoli, presente nella prima formazione e nel primo mini-cd. Non avevano un batterista e suonavano con una drum machine, ma Ciccio lì per lì era riluttante a entrare. Abbiamo dovuto insistere!

Perché “GarageVentiNove”? Cosa significa?

Brian: Ah guarda, per mesi non siamo riusciti a metterci d’accordo su un nome!
Ermanno: Niente di che, 29 era il numero del box dove facevamo le prove.
Ciccio: È legato anche a un concetto di musica underground.

La musica è senza dubbio il vostro denominatore comune. Avete degli artisti che vi mettono d’accordo? E quelli per cui sareste in grado di urlare in macchina se l’amico non cambia immediatamente stazione radio mentre siete alla guida?

Brian: (Ride). Sì fra noi maschiacci ci sono una serie di band che ci accomunano e comunque ci influenzano. C.S.I., The Cure, Jane’s Addiction, Nirvana, Tool, Sonic Youth, ma normalmente non vengono apprezzati da Patty. Con lei ci troviamo d’accordo solo su Porcupine Tree ed eventualmente Peter Gabriel.
Claudio: Non sopportiamo la trap in genere. O il canto deformato dall’auto-tune.
Ciccio: Nemmeno la musica positiva, quella suonata coi tasti bianchi.
Patty: Io non sopporto l’acid house e il dark.

Citazioni esplicite da Hannah Arendt. Abbiamo un filosofo tra i GarageVentiNove? Fuori il nome!

Patty: Guarda, qui il filosofo è Brian!
Brian: Aspetta! Sì, su Hannah Arendt forse, ma non sono certo l’unico filosofo del gruppo! Dovreste sentire Ciccio parlare del tempo.
Ciccio: O della bara, nostro baricentro (ridono tutti).

Se doveste descrivere “Il male banale” con cinque parole, quale usereste? Motivatele anche…

Brian: Un attimo, abbiamo appena parlato della Arendt, intendi “il male banale” come concetto o come disco? Come concetto posso dirti che è banale il male di tutti giorni, quello fatto con indifferenza, sovrappensiero. Le piccole cattiverie che ci si sente in diritto di compiere, ma che goccia dopo goccia scavano l’inconscio di chi le subisce. Mentre se ti riferisci al disco lo definiremmo… (si consultano)

Travagliato! Abbiamo impiegato almeno tre anni per produrlo, durante i quali ha conosciuto almeno tre missaggi. Il primo da parte di un produttore che definire incapace o in mala fede sarebbe dir poco. Il secondo da parte di Antonio Celenza, tecnico di studio che conoscevamo da tempo. Ma quello definitivo è di Phil Liar nel suo studio alla Karma Conspiracy, un vero mago! Lui e Marcello Venditti di Overdub Recondings, l’etichetta, ci hanno veramente tolto le castagne dal fuoco!

Eterogeneo. In effetti il disco raccoglie materiale composto in diversi anni. Noi abbiamo considerato questa varietà una ricchezza, perché rappresenta diversi stati d’animo con diverse atmosfere, pur unite dal tema, dal nostro stile e dalla nostra sensibilità.

In evoluzione. Il disco può essere paragonato a un concept album degli anni ’70. Il tema della banalità del male viene visto da diverse angolazioni, in una sorta di crescendo emotivo ed esistenzialista, diremmo interiore. Si tratta di musica d’autore, in fondo.

Intenso. È esattamente il concetto che cercavamo di esprimere prima. La canzone d’autore, quella sentita, sofferta, che viene dal cuore, non ama un ascolto superficiale e frettoloso. Necessita meditazione, immedesimazione e un filo di pazienza. Insomma va ascoltata!

Libero. È un’opera sincera, senza condizionamenti di sorta, assolutamente libera di esprimersi sia musicalmente che testualmente. Una testimonianza sincera dei nostri tempi

In “Il male banale” l’attenzione è catturata da due tracce, “Ocean” e “Down the River”. Come mai due isole di inglese in un mare di italiano?

Claudio: Non lo diciamo ad “Unwise Gods”, che se no si offende (ride). Poverina, è anche una delle nostre più vecchie composizioni!
Patty: Perché ti hanno colpito particolarmente quei due pezzi? Comunque, come ti abbiamo detto alla domanda precedente, siamo e ci sentiamo liberi. Se volessimo potremmo comporre anche in francese. O in spagnolo.

Ormai si pretende di far musica davvero con poco talento e poca tecnica. Cosa consigliereste di ascoltare alle nuove generazioni?

Brian: Magari ci fosse più talento! Ormai si fa musica più per prurito che per talento, credimi. Un consiglio ai giovani? Cercate i grandi autori e… ascoltate, non skippate!

Tour, o nuovo album all’orizzonte?

Ermanno: Nuovo album? è già un miracolo se siamo riusciti a finire questo!
Brian: Per il tour stiamo organizzando, vediamo che succede
Ciccio: Per adesso siamo in fase creativa, abbiamo ripreso a comporre

Le ultime righe sono a tema libero. Potete usarle come volete! Ciao, e spero di risentirvi presto.

Ogni opera è un enigma, ogni enigma una sfida e la sfida va raccolta, affrontata. Ed è vero per tutti, anche per l’ultimo coglione.