Gigi D’Alessio torna sulla scena: dopo lo show “Vent’anni” e un nuovo disco pubblicato da poco, l’artista festeggia i suoi cinquant’anni nel migliore dei modi. “Buongiorno” è il disco pubblicato di recente che vede molti nomi noti della scena italiana che hanno riarrangiato i pezzi di Gigi D’Alessio portando un tocco di modernità nei brani storici del cantante. Boomdabash, Clementino, CoCo, Enzo Dong, Franco Ricciardi, Geolier, J-Ax, LDA, Lele Blade, MV Killa, Rocco Hunt, Samurai Jay, Vale Lambo e, ovviamente Gigi D’Alessio, hanno riportato i successi del cantante in cima alle classifiche amplificandone ancora di più il successo.
Gigi D’Alessio, “Buongiorno” e la nuova musica italiana
Parlando del successo del disco Gigi D’Alessio ha detto:
«Questo fa capire che la lingua napoletana è qualcosa di meraviglioso. Sono canzoni senza tempo. Ho preso dal mio repertorio dal 1993 al 1998 brani che per i giovanissimi sono degli inediti, mentre per i loro genitori sono pezzi storici. Ci vuole coraggio. Ci vuole curiosità. Chi rimane nel proprio orto non va da nessuna parte. È stata una bella esperienza rivisitare queste canzoni senza perderne il cuore. Gli ho tolto un po’ di patina e ho levato la cornice»
E ancora, parlando dei brani di “Buongiorno”:
«Queste canzoni piacciono. Non so se mi sono spiegato. La materia prima c’è. È come quando si prende il pesce fresco, poi cucinarlo male è un attimo. Queste sono hit che hanno 30 anni. E se una cosa dura da 30 anni vuol dire che è entrata nel cuore delle persone. Solo che le sonorità erano vecchie. I testi, invece, sembrano scritti oggi»
Una mossa commerciale niente male, soprattutto se pensiamo al tipo di pubblico vicino alla musica del cantante napoletano che, così facendo, ha attirato le simpatie dei giovanissimi.
Tra gli ospiti del disco troviamo anche LDA, pseudonimo del figlio di Gigi D’Alessio. Parlando di questa collaborazione l’artista ha detto:
«A mio figlio Luca ho sempre detto che, se vuole fare questo lavoro, deve avere delusioni. Io ho preso tanti pugni in faccia. Luca l’ho inserito in questo progetto perché era un’operazione giovane. E poi l’ho lasciato solo: me ne sono uscito dalla sala d’incisione per fargli prendere le sue responsabilità.
Mi chiedeva, in lacrime, se fossi sicuro, ma l’ho fatto solo perché era un lavoro nelle sue corde. Non alzerò mai il telefono per raccomandare mio figlio. Gli vorrei male»
Neomelodici e Trapper, affinità e divergenze?
Nel corso dell’intervista si è parlato anche delle affinità tra la musica neomelodica “popolare” e il sound contemporaneo che per certi versi è tornato ad essere popolare, nel senso che viene dalla strada e dai rioni. Potrebbe sembrare un paragone azzardato ma il sound di Gigi D’Alessio, che può piacere o meno, comunque è di estrazione popolare e viene dalle strade di Napoli, quelle colme di voci e del dialetto locale.
«Questi ragazzi sono nati e cresciuti nei rioni popolari. In queste case, già dagli anni ’90, si ascoltavano le mie canzoni. Non solo a Napoli. Ho raccontato la vita di tutti. Molti si ritrovano, pensano che abbia scritto della loro vita. Tutti vogliono dare un’etichetta alla musica, ma la musica non ha etichette. La musica è una, è come la vesti. Le mie canzoni sono fatte di cemento armato, non di legno che se arriva un temporale un po’ più forte non reggono. Nel mio caso c’è la canzone. I rapper non scrivono il brano e vanno in sala d’incisione. È l’inverso: prendono un beat, la cosa più figa, e poi ci scrivono sopra. Spesso il pezzo non ha una linea melodica o armonica, ma un solo accordo. In questo caso è la mia canzone, la mamma di tutto. Solo dopo sono state messe le sonorità moderne. Sono cambiati i suoni, ma il senso della melodia e dell’armonia – che nei miei brani sono anche abbastanza complesse – è complicato, non ci sono tre accordi»
E tra Sanremo e la musica contemporanea non poteva non venire fuori la domanda su Renato Zero e la recente frecciatina che il cantante ha lanciato ad Achille Lauro. La risposta di Gigi D’Alessio è stata:
«La cosa peggiore è giudicare gli altri. Quando una persona fa successo non bisogna farsi troppe domande. Se io non capisco una cosa è un mio limite. Per me ogni canzone è un’opera d’arte: solo dopo posso dire se un brano mi piace o mi fa cagare. Poi il parallelismo tra anni ’80/90 e 2000 non lo possiamo proprio fare, perché è cambiato tutto. Oggi il giudizio su un disco è immediato. In un’ora ho capito che “Buongiorno” stava avendo successo: su Spotify ho visto 18 mila persone collegate e mi sembrava Capodanno. E poi prima c’era il direttore artistico della casa discografica. Oggi dove sta? Prima investivano su un artista sei anni, oggi se il primo singolo non va sei fuori. La generazione mia e di Renato non aveva i talent, ma Renato ha scritto la storia, che cazzo gli vuoi dire? Abbiamo fatto più gavetta e forse è stata la nostra salvezza»
E ancora:
«Se uno prende la patente e gli danno il Ferrari, poi che si aspetta? Noi avevamo una tavola di legno con quattro ruote, ci facevamo lo sterzo e ci giocavamo. I matrimoni, le comunioni, le feste di piazza, mi hanno insegnato un sacco di cose. Nel Sanremo 2017 ho portato La prima stella, un brano in 5/4. I musicisti dell’orchestra mi hanno fatto la standing ovation, anche quando nella serata delle cover ho portato L’immensità. È una questione di gavetta e studio. Oggi, purtroppo, tutto si consuma presto e tutto è simile. In radio non ti accorgi di chi canta. E poi ci sono i cantanti che fanno il successo delle canzoni e le canzoni che fanno il successo dei cantanti»
L’intervista integrale è disponibile su sito di Rolling Stone Italia.