Benvenuto a Giovanni Battaglino su Music.it. Iniziamo la nostra intervista con una domanda di rito. Raccontaci qualcosa di particolare successa a te in campo musicale che non potremmo trovare in una biografia ufficiale!
Una cosa divertente che ricordo ora riguarda il teatro d’opera. Era una delle mie prime esperienze come corista. Un’opera di Giuseppe Verdi “Simon Boccanegra”: senza entrare nei particolari della trama che è piuttosto complessa, ad un certo punto il coro deve dire “assassin”, ma bisogna lasciare una pausa di un quarto, come se si riflettesse prima di emettere una sentenza. Ecco io mi sbagliai e dissi subito “assassin”, quindi si sentì prima il mio e poi quello di tutti gli altri. Un errore trascurabile e divertente tanto più che non si era in un teatro importante, a ben vedere poi anche drammaturgicamente non era così sbagliato. Poteva starci che uno si esprimesse da solo e prima degli altri con una sentenza che influenzasse tutti e li portasse dalla sua parte. Con buona pace di Verdi e del suo librettista.
La tua è una carriera con un passato importante. Con le Malecorde hai sondato la canzone d’autore, poi ti sei interessato ai canti tradizionali, hai stretto collaborazioni con alcuni scrittori e contribuito a molti altri progetti. Da dove nasce questa dedizione all’arte?
La musica mi piace e non mi tradisce mai. Credo sia giusto e gratificante affezionarsi a qualcosa che ti restituisca la dedizione che gli riservi in modo direttamente proporzionale al tuo impegno. Poi credo sia giusto e anche necessario fare incontrare le diverse forme d’arte. Attraverso le canzoni e la musica ci si collega con la letteratura, il teatro, le tradizioni e la memoria orale. Questo è quello che cerco e ho cercato di fare. Lavorare con gli scrittori mi ha anche portato l’amicizia sincera di alcuni di essi, Laura Pariani prima di tutti.
C’è qualcuno, o qualcosa, che ti ha influenzato in questa scelta di vita?
Vengo da una famiglia dove si è sempre fatta molta musica. Mio padre e mia madre hanno studiato musica, cantavano e suonavano più strumenti. I miei fratelli sono musicisti. Mio nonno paterno e i suoi fratelli suonavano tutti e uno di essi era maestro di musica, così anche i fratelli di mia mamma. Proprio dalla passione condivisa nasce questo amore per le note. Lo zio Agostino con l’amico Giovanni Bonino per esempio compì molte ricerche nel campo del canto popolare. Conoscenze che poi portò nella Badia Corale Val Chisone nella quale tutta la famiglia cantò, e da qui nasce la mia passione per questo genere.
Non dimentichiamo la tua attività di cantante lirico sinfonico! Come si condensano tutte queste realtà nel tuo nuovo progetto solista “Alla Porta Dei Sogni”?
Nel disco non è presente musica lirica e il mio cantato è pop se così si può dire, o comunque cantautorale, senza impostazione. Ma la mia passione per la musica classica è presente in molti arrangiamenti che ho scritto o che hanno scritto per il disco musicisti come Marco Robino e Claudio Morbo. O anche grandi professionisti classici come il violinista Mauro Lopes Ferreira, il violista Guido Neri e la violoncellista Margherita Monnet che hanno suonato in alcune canzoni.
“Alla Porta Dei Sogni” vede anche la partecipazioni di molti artisti della scena torinese, da dove provieni anche tu. Cosa rappresenta questa città per te e la tua musica? Svolge un ruolo nella creazione o nell’ispirazione di testi e musica?
Torino è una città ricchissima di stimoli e realtà musicali. Una città viva, con idee originali, proposte varie e raffinate. Una delle più vive d’Italia, anche se a volte soffre di troppi particolarismi e poca sinergia. Torino, per me che sono di Pinerolo, è la città per definizione, quindi ogniqualvolta immagino una scena cittadina o una storia che si svolge in una città, le ambientazioni e i riferimenti sono torinesi.
È a Torino infatti, precisamente all’Arteficio, che è stato presentato il 20 settembre “Alla Porta Dei Sogni”. Come è andata?
All’Arteficio è andata bene soprattutto perché è stata l’occasione per far nascere un trio con violino e contrabbasso. Con Massimiliano Gilli e Davide Liberti abbiamo definito il repertorio, rivisto gli arrangiamenti e creato una formazione che ben si adatta alle mie canzoni. Il pubblico, seppur non numeroso, è stato attento e partecipe. Lo staff del locale poi, anche per quanto riguarda la fonica, è ottimo e competente.
Ci saranno altre date dopo quella di Torino?
Sì dopo L’Arteficio ci sono state e ci saranno altre presentazioni. Il 27 settembre sono stato alla Scuola Intercomunale della Val Pellice (To), il 5 ottobre a Pinerolo (To) all’Oltre Malto. Il 13 novembre a Firenze alla Biblioteca delle Oblate con Laura Pariani per “Leggere per non dimenticare”. Il 17 novembre a Genova al negozio Via del Campo rosso con Il giornalista e musicologo Guido Michelone, e il 6 dicembre a Pinerolo all’Espresso Italia con ospite Alessandro Chiappetta alla chitarra. Un calendario in continua evoluzione che comunico e aggiorno sulla la mia pagina Facebook.
Grazie Giovanni Battaglino per essere stato con noi di Music.it. Ci concediamo con un’altra nostra tradizione. Ti lasciamo quest’ultimo spazio per dire tutto quello che vuoi!
Pubblicare un disco è come chiudere un cerchio. Finito quello, puoi passare oltre. Puoi archiviare. Te ne accorgi che è un discorso chiuso. Dovessi ricominciarlo cambieresti quasi tutto, pochissimo rimarrebbe come è su quel disco. È come finire un libro, una storia. È necessario per passare ad altro, per cominciare una nuova avventura. Finché le canzoni le tieni per te, nei cassetti o nelle tue esecuzioni casalinghe tutto è in divenire ma quando le registri la mente si libera da esse e libera lo spazio nella memoria per le nuove che arrivano.