Un’altra serata all’insegna della musica live si è consumata dentro la splendida cornice del parco di Villa Ada, per la rassegna musicale Villa Ada Incontra il Mondo. Del mese di Luglio, la prima. Sul palco l’ex CSI, CCCP e PGR Giovanni Lindo Ferretti. Personaggio controverso, difficile e provocatorio. Amato e odiato a un tempo da molti dei suoi fan. Lunga la fila per l’acquisto dei biglietti. Forse per questo, il concerto comincia in ritardo. Dalla folla – piuttosto raccolta sebbene copiosa – c’è chi urla “Giovanni!!!”, altri vanno a prendersi una birra e moti restano in attesa, silenziosi e cupi come apparirà Lindo Ferretti di lì a poco. Arriva il momento: la musica si spegne e si accendono le luci. Sottili ed eleganti, sembrano preparare una scenografia liturgica e intimista.
Entra la band. I due ex Ustmamò Ezio Bonicelli (violino e chitarra elettrica) e Luca A. Rossi (basso, chitarra elettrica e batteria elettronica) e lui, uno dei padri del punk in Italia. Cantante che con i suoi 65 è capace di tenere un concerto intero con le mani in tasca e senza sforzo alcuno sganciare mine con le sue corde vocali che paiono cristallizzate. “Morire” ad aprire la scaletta. E sui versi cantati a Mishima e Majakowskij scroscia il primo applauso. Da qui, il repertorio CCCP si srotola. “Oh, battagliero!”, “Tomorrow”, “Tu Menti”. Stravolta, “Mi Ami?”. Priva la formazione di sezione ritmica, il lavoro fatto col campionamento ha dato largo spazio al violino, che ha reso il tutto più morbido, caldo e anche aulico, a discapito della tipica energia sferzante di quella che è stata la “Musica Melodica Emiliana – Punk Filo-sovietica”.
Giovanni Lindo Ferretti, cantante che a 65 anni è capace di tenere un concerto intero con le mani in tasca e senza sforzo alcuno tirare delle mine con le corde vocali che paiono cristallizzate.
In compenso, non ci si è arrestati un attimo. Uno dietro l’altro, Giovanni Lindo Ferretti ha eseguito più o meno tutti i brani dell’allor “A Cuor Leggero” tour allargando col suo repertorio solista. Con “Barbaro” o “Pons Tremolans”, che fa zittire il pubblico tant’è solenne e greve. Qualcuno nel mezzo del pubblico torna a gridare. Urla: “Spara!” e trova abbondante seguito di voci. Ferretti risponde e sarà l’unico momento di contatto verbale. La sola occasione fortuita di sentirlo parlare. “Se volete finisco subito. Faccio “Juri Spara” e ce ne andiamo!”. Sorride, sembra sereno. Eppure non è semplice evitare di domandarsi come viva, lui, la posizione in cui si trova. Da alcuni angoli del parco s’è sentito rovistarne la biografia. Sono partiti degli insulti mai giunti a destinazione perché deboli e troppo lontani. E insieme ad essi, tantissimi applausi e ammissioni di bravura, nonostante tutto.
Sì. Perché se non lui, si adorano le sue canzoni. E attraverso di esse si compie lo scambio nella performance dal vivo. Dopo una pausa di pochi minuti lasciando il tempo di sgranchire anima e corpo, il trio torna sul palco. “Irata” fa cantare tutti e tutte. Leggermente rivisitata, più netta, più veloce. Sempre bellissima. Si avvicina la fine – si avvicina Juri – e un’altra cover a introdurla. “Bang Bang” nella versione italiana di Dalida. La ferrettiana teatralità – si potrebbe dire – si presta naturalmente all’interpretazione del brano. “Io sparo a te, tu spari a me”. Manca Juri. Ne mancano tante, ma adesso è Juri che deve sparare. E con “Spara Juri” il pubblico si scatena,.si mette a ballare. Meno vigorosa dell’originale, ascoltarla ancora è sempre una felicitazione. Un concerto andato benissimo. L’acustica di Villa Ada perfetta e un grande lavoro alle luci. Checché se ne dica, “Ei fu. E quindi, è”.