Music.it apre le gabbie, dando il benvenuto agli Hyena Ridens! Voglio chiedervi, per iniziare, di raccontare ai lettori un episodio stravagante e particolare che vi ha visti come protagonisti. Fateci ridere, ovviamente!
Più che raccontarvi degli episodi che ci sono capitati, vi consigliamo di andare sulla nostra pagina Facebook o sul canale Youtube dove potrete trovare una serie di video dal sapore no sense che raccontano la follia quotidiana degli Hyena Ridens.
Se non sbaglio nel 2014 avete avuto modo di fare da spalla ai Verdena. Deve essere stata una grande soddisfazione! Cosa vi ha trasmesso lo stare a contatto con artisti di quel calibro?
Quella edizione del Meeting del Mare rimarrà sempre nel cuore. Dopo ore passate sotto il sole ad osservare il loro soundcheck, siamo stati rapiti dalla cura e la dedizione di Luca Ferrari. Vedendoci innamorati del suo lavoro, ci ha portati sul palco ad esplorare il suo kit di batteria e abbiamo scoperto una persona molto gentile e professionale.
Da quel che so gli Hyena Ridens hanno subito diverse metamorfosi e difficoltà nel corso degli anni. Quali scelte avete optato e quali abbandonato? In che modo il sound è mutato?
La vera scelta del gruppo è stata quella di far emergere il nucleo storico della band. Noi tre abbiamo sempre avuto un feeling artistico e umano più forte rispetto agli altri membri che hanno partecipato a questo progetto. Dal punto di vista del sound abbiamo riscoperto le nostre radici progressive dando maggior risalto alle tastiere di Paolo Astarita. Sicuramente salta agli occhi di tutti l’assenza di un chitarrista rimpiazzato in alcuni momenti dal basso distorto di Gennaro. Anche la scelta di portare Paolo Cotrone alla batteria è stata determinante perché il suo drumming ricco di frequenze basse ha permesso di trovare un sound più caldo e viscerale.
Sembra quasi che la vostra musica abbia più influenze letterarie che musicali. Quali passi avete mosso per intrecciare questi due mondi? Chi vi ha ispirato maggiormente?
Sin dalla genesi di questo progetto la scrittura dei testi ha avuto un ruolo importantissimo. La presenza esplicita di riferimenti letterari all’interno del nuovo disco nasce dalla volontà di ritrovare dei punti cardinali per delineare un nuovo percorso. “Don Chisciotte della Mancia” è stato un libro di riferimento per tanti artisti e nella rilettura dei classici si trova sempre qualcosa di innovativo.
Il vostro album si chiama “La corsa”. Il consiglio che date, tuttavia, è di non correre a spron battuto, ma di fermarsi ogni tanto. Perché salire in sella a Ronzinante, se non ci è permesso spronarlo?
Ronzinante non era un destriero o un cavallo da corsa, ma è entrato in ogni caso nella memoria di tanti. Nel gareggiare ci si dimentica della propria storia e dei propri limiti perché troppo concentrati a guardare i successi degli altri. Invece nel fermarsi e nel godere di quello che si vive c’è la maturità, che ti permette di prenderti cura della realtà.
Il singolo uscito ad anticipare l’album è “Fantasmi”. Siete riusciti ad affrontare i vostri con questo ultimo lavoro? C’è un consiglio che volete dare a lettori e colleghi musicisti?
Scrivere una canzone è sicuramente un ottimo esercizio per lavorare su se stessi, ma è un lavoro che avviene ogni giorno. Il passato è una dimensione con la quale ognuno di noi si misura e troppo spesso diventa un’ossessione più che una lezione da imparare. Possiamo dire che con questo disco gli Hyena Ridens hanno cominciato a prendersi maggiormente cura mettendo l’adolescente frustato in un angolo.
Ci sarà presto un nuovo singolo? Oppure gli Hyena Ridens stanno lavorando a qualcosa di nuovo che li porterà verso nuove mete?
Stiamo lavorando al nuovo tour che partirà in autunno.
Per noi, invece, il viaggio finisce qui. Sono curioso di vedere come fanno 3 iene a cavalcare. Un giorno me lo spiegherete, o magari mostrerete durante un live!
Un saluto a tutti i lettori di Music.it. Speriamo di incontrarvi ad un nostro concerto!