JO BROWN: "Crescere comporta a volte l’inevitabile perdita dell’immaginazione"
Intervista di Mirco Calvano. Jo Brown ci parla di "Mr Brown" e "Smile", ultimi due singoli usciti, e dei suoi progetti per il futuro
Jo Brown ci parla di "Mr. Brown" e "Smile", ultimi due singoli usciti, e dei suoi progetti per il futuro.

JO BROWN: “Crescere comporta a volte l’inevitabile perdita dell’immaginazione”

Diamo il benvenuto su Music.it a Jo Brown. Per rompere il ghiaccio raccontaci qualcosa di divertente o di imbarazzante che ti è capitato sul palco o in studio.

Ricordo che una volta mentre stavo cantando inciampai quasi sul batterista a rischio di beccarmi le bacchette in faccia. In studio di registrazione invece sono capace di registrare parole inesistenti. Ogni volta mi succede di incasinarmi e di stonare delle parti.

Parliamo di “Mr. Brown”, come nasce questo brano?

“Mr. Brown” nasce durante un pomeriggio di settembre del 2016, mentre stavo mixando un demotape di un altro pezzo. Praticamente continuava ad aprirsi il progetto provvisorio che avevo nominato “Around the world”, ed era solo un loop di batteria e chitarra. Volevo continuare a mixare l’altro brano, ma alla fine fui distratto dal beat. Il giorno dopo, avendo completato la base decisi di utilizzare per le strofe di “Mr. Brown” alcune parti, che avevo già scritto di un’altra canzone.

Cosa racconta “Mr. Brown”?

“Mr. Brown” si ispira principalmente alla raccolta di poesia “Songs of Innocecence and of Experience” di William Blake, che lessi durante l’università. Praticamente parla del bambino che c’è in noi e che a un certo punto si scontra con il mondo materiale. Crescere sia per Mr. Brown che per molti di noi, comporta a volte l’inevitabile perdita dell’immaginazione e ci si ritrova semplicemente più realisti e disillusi. La stessa immaginazione che ti permetteva di vedere la vita con stupore e curiosità all’improvviso non c’è più. Il viaggio di cui racconto nel brano, ovvero questo Mr. Brown in giro per il mondo, tra le città di New York, Tokyo o Las Vegas, rappresenta la metafora dell’esperienza. Quel sentirsi uomo vissuto, ma che alla fine si rende conto che la vera felicità sta nelle piccole cose. Un po’ come quando da piccoli si è felici perché fuori c’è il sole e si può andare a giocare in giardino.

“Smile” è il tuo secondo singolo, parlaci di questo brano. Come nasce e dove vuole arrivare?

“Smile” è nata nello stesso periodo di “Mr. Brown”. Desideravo tanto scrivere un pezzo che ricordasse quelle sonorità anni ’60 in stile Frank Sinatra. Mi immaginavo una storia d’amore elegante e raccontata in modo semplice e diretto. E così tirai fuori al pianoforte una prima bozza del brano. Poi l’anno scorso decisi di completare la canzone grazie a una persona speciale, con la quale ho condiviso un periodo molto felice della mia vita. Questa relazione purtroppo è finita prima che il brano venisse pubblicato. Tuttavia, spero che lo abbia ascoltato in questi giorni e che come dice la canzone, conservi un piccolo sorriso di quel momento insieme.

Che progetti ha Jo Brown per il futuro? Cosa succederà dopo “Mr. Brown” e “Smile”?

Ci sono molti live in programma e tanti eventi, di cui però ancora non conosco le date. Il 29 febbraio ho cantato al Teatro Baraccano, in una serata dedicata a Lucio Dalla. Sicuramente ci sarà un altro singolo per l’estate. Mi piacerebbe anche tanto andare al Festival di Sanremo l’anno prossimo. Vedremo, infondo bisogna permettersi di sognare.

Come definiresti il tuo sound? A quali esperienze sonore ti senti più vicino?

Io sono un’artista senza un genere predefinito. Il fatto che il mio stile sia contaminato prevalentemente dal soul e dalla musica R’n’B, è legato alla mia vocalità, che si avvicina a quel mondo lì. Credo che qualsiasi brano canti emerge sempre la mia identità vocale. Amo fare musica in modo istintivo e per questo che le sonorità dei miei pezzi nascono in relazione a quello che vivo. Per me il soul rappresenta un’attitudine ben precisa. Quella di specchiarsi attraverso la musica e di poter raccontare il proprio io interiore. Avere la possibilità di far conoscere al pubblico un lato di te, che rimarrebbe inesplorato. Ringrazio per questo anche mio padre, che mi faceva ascoltare Stevie Wonder, James Brown o Ray Charles.

Che posto trova il Soul/R’n’B nel panorama musicale italiano?

In Italia ci sono diversi artisti che raccontano bene l’R’n’B. Uno è Ainè e l’altro è il grande Ghemon, artista con una scrittura all’avanguardia. Questo genere musicale ha influenzato tutto il genere pop. Diciamo che lo troviamo in molti brani del momento, anche se non sempre vengono identificati sotto il genere soul.

Di chi o di cosa non puoi fare a meno mentre scrivi musica?

Per poter scrivere le mie canzoni non potrei mai fare a meno del mio pianoforte o dei miei loop sul pc. Ho bisogno però di viaggiare e di staccarmi da tutto e tutti. In solitudine ritrovo la mia dimensione e la possibilità di analizzarmi. Quando sono in giro per la città spesso mi capita di annotarmi pensieri sul cellulare. Successivamente utilizzo le stesse parole per esprimere i concetti delle mie canzoni.

Ultima domanda, il classico “Fatti una domanda e datti una risposta”. Che puoi dirci?

Jo cosa vorresti fare da grande?
Sicuramente vorrei essere un uomo felice e per farlo devo cantare e godermi le piccole soddisfazioni della vita.