“La Confessione” racconta la storia di un prete che scopre la sua omosessualità, e il tentativo di raggiungere un equilibrio tra il rapporto con Dio, la vocazione e la sua tendenza sessuale. Lo spettacolo si appoggia su un testo fin troppo letterale che il protagonista fatica a padroneggiare. La drammaturgia assomiglia molto di più a un romanzo che a un copione rappresentabile a teatro.
Alfredo Traversa, unico interprete sul palco, finge di sorprendersi cercando le parole più adatte per esprimersi in una sospensione che crea tutt’altro che pathos. Più volte c’è un tentativo di coinvolgere il pubblico, inizialmente rivolgendo domande agli spettatori. Le domande però sono più che altro rivolte a sé stesso che non a un ascoltatore lì presente. Non perché siano riflessive. Infatti Alfredo Traversa fatica a uscire da un autocompiacimento continuo.
“La Confessione” racconta la storia di un prete che scopre la sua omosessualità, e il tentativo di raggiungere un equilibrio.
La testimonianza di un uomo che sente la vocazione e, poi, si scopre omosessuale, potrebbe essere più interessante ed emotivamente coinvolgente. Alfredo Traversa, invece, affida ad una serie di luoghi comuni la sua lotta esistenziale. Non si scorge neanche in lontananza il conflitto interiore che possa metterlo in crisi.
Ne “La Confessione” manca la scelta del sacerdote. È pazzo? È pentito? È disperato? Non sappiamo cosa pensare di quest’uomo che sospira e si preoccupa. Sembra più preso dai cambi di tonalità che dal sentire del suo personaggio, che dovrebbe essere il motore portante. Il prete è dipinto fin troppo pulito perché non traspare un minimo tentennamento nella sua etica. Risulta poco chiaro anche il cambio improvviso di dialetto per rappresentare il vescovo della città. C’è un passaggio netto e repentino da una dizione perfettamente pulita al pugliese, che non trova giustificazione neanche in un impeto di bipolarismo.
Ne “La Confessione” manca la scelta del sacerdote. È pazzo? È pentito? È disperato?
La regia de “La Confessione” suggerisce al protagonista di provare ad avvicinarsi al pubblico sedendosi in proscenio. Speriamo in un avvicinamento più intimo, aspettiamo la vera confessione e pensiamo possa essere il momento giusto. Purtroppo niente cambia. Il prete rimane rigido e irremovibile anche quando ha la possibilità di incontrare gli occhi del pubblico.
Mi sembra, purtroppo, una grande occasione mancata quella de “La Confessione”. L’argomento trattato è molto interessante. Di certo si può trovare una necessità, una motivazione, un’urgenza nel raccontarlo. Urgenza che è totalmente sfuggita al regista e interprete.