I VersozerO sono una band dalle premesse ambiziose. I cantautori italiani, così lontani dal rock per tecniche espressive, ritmi e toni, sono parte della base “culturale” di molti rocker del nostro paese. Raro è però il tentativo di unire testi elaborati a un sound rock, vuoi per la difficoltà di coniugazione tra i due generi, vuoi perché il risultato rischia di essere di nicchia. Proprio in questo non facile equilibrio i VersozerO trovano la loro realtà artistica, già esemplificata in un album del 2013 (il concept e loro secondo lavoro “Evolver”). In questo filone si inserisce il loro nuovo “Uomo”. Si tratta di un album fresco, che trasmette il suo messaggio di riflessione sulla razza umana a colpi di rock, con toni disperati e a volte speranzosi, riflessivi e a volte epici.
“Uomo” è un riuscito tentativo di commistione tra ragionamento e alternative metal
Dal punto di vista tecnico la formula sembra ben collaudata. Quello dei VersozerO è un alternative rock flessibile, che senza essere cervellotico dimostra complessità e sa esprimere una apprezzabile varietà di toni. La formula è resa più accessibile anche dai testi in italiano. Questi sono incentrati, come accennato, sulla natura umana, dalla guerra (“Il Proiettile”, “La Ballata del Cecchino”) alla società moderna (“L’ultimo giorno, “La cosa più giusta”) senza mai perdere la speranza in un cambiamento (“La Vita che Vive”).
Le tematiche della guerra e della natura umana sono dipinte da un grintoso pennello rock, dal sound robusto ma accessibile
L’album dà inizio alle danze con un’introduzione elettronica stile colonna sonora di “Tron” dei Daft Punk, per poi lanciarsi nell’epica apocalittica di “L’Ultimo Giorno”, ben riuscita e credibile. Da “La Cosa più Giusta” a “Manifesto”, invece, l’album pompa rock puro,per ritornare epico a “Radici”, nono brano di “Uomo”. Le ultime quattro tracce, “Il Proiettile”, “Le Prede Importanti”, “La Ballata del Cecchino” e “Uomo”, terminano l’album in un crescendo di pesantezza strumentale. La title track in particolare si dimostra una degna conclusione, caratterizzata da inserti elettronici noise che contribuiscono alla sua squadratezza.
In conclusione, I VersozerO riescono a produrre una buona commistione tra testi riflessivi e un sound graffiante, che scorre rapida e non appesantisce l’orecchio. La scelta di testi in italiano, allo stesso modo, funziona anche grazie al carisma di Manuel Olivieri (voce) che sa picchiare nei momenti rock e rendere credibili gli scorci più epici. Tra speranza e disillusione, l’album si gioca tutto su questi due poli, senza trovare uno scioglimento. Per quanto riguarda i VersozerO, però, mi sento di dire che il loro nuovo album li lascia ben sperare per il futuro.