L'AMICA GENIALE: La serie RAI ricorda il neorealismo di De Sica e Rossellini
Ludovica Nast e Elisa Del Genio sono Lila e Elena nella nuova serie HBO/RAI “L'amica geniale”.
Ludovica Nast e Elisa Del Genio sono Lila e Elena nella nuova serie HBO/RAI “L'amica geniale”.

L’AMICA GENIALE: La serie RAI ricorda il neorealismo di De Sica e Rossellini

Il cinema è l’arte autosufficiente per eccellenza. La cinepresa è un miracolo polistrumentale in grado di impugnare tutte le armi proprie alle altre arti. Letteratura, teatro e musica hanno dei limiti connaturati ai propri campi d’espressione, limiti che il racconto cinematografico non possiede. Un film può tradurre in immagini un romanzo, suonare un brano musicale, mostrare un palcoscenico, laddove il contrario non è possibile. Proprio per questo motivo preferisco non informarmi molto né prima né dopo la visione, così da entrare in sala senza quelle aspettative che, inevitabilmente, qualsiasi tipo di paratesto mi ficcherebbe nella mente. Un film deve fare a meno di qualsiasi stampella testuale, che sia la sinossi, il trailer, la conferenza stampa o, per onestà di chi vi scrive, anche la stessa recensione. Qualunque cosa un film abbia da dire deve farlo tra i titoli di testa e quelli di coda.

Per tutti questi motivi, quando alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia sono entrato in sala per vedere “L’amica geniale” di Saverio Costanzo, sapevo poco e niente. Conoscevo il regista e il format della rappresentazione. Avrei visto i primi due episodi di una serie televisiva e che questa sarebbe stata trasmessa sul piccolo schermo dal 27 novembre su Rai1. Soprattutto non ero a conoscenza dell’origine letteraria del soggetto: la tetralogia omonima di Elena Ferrante, della quale ignoravo il grande successo fatto di entusiasti e detrattori.

Questi primi cento minuti de “L’amica geniale” sono un’ottima premessa per una serie che intende percorrere in otto episodi tutti i quattro libri di Elena Ferrante

Figuriamoci quindi da quante sovrastrutture sarebbe stata appesantita la visione se avessi letto i libri. Probabilmente avrei finito col ridurre il giudizio al classico “era meglio il romanzo”, togliendo di fatto i meriti del progetto di Saverio Costanzo che per cominciare – e non è poco – assolve al compito di tutti i primi episodi di una serie tv: far aspettare con curiosità quelli successivi. Come aveva fatto Paolo Sorrentino due anni fa con “The Young Pope”, il regista romano è riuscito a guadagnarsi uno spettatore, impaziente di scoprire sullo schermo ciò che milioni di lettori già sanno riguardo questa storia di amicizia stretta tra miseria e bisogno di riscatto.

Quando l’amica più importante della sua intera vita sembra essere scomparsa senza lasciare traccia, Elena Greco (Elisabetta De Palo), un’anziana donna che vive in una casa zeppa di libri, accende il computer e inizia a scrivere la propria storia e quella di Raffella Cerullo detta “Lila”. La donna narra il racconto della loro amicizia che ebbe inizio tra le mura di scuola nel 1950, in una Napoli desolata e affascinante. È solo l’inizio di una storia che abbraccia sessant’anni di vita nel tentativo di svelare il mistero di Lila, l’amica geniale di Elena, la sua migliore amica e la sua peggior nemica.

Elisa Del Genio (Elena) e Ludovica Nasti (Lila) hanno le fattezze e la credibilità dei bambini neorealisti di Vittorio De Sica e Roberto Rossellini.

Saverio Costanzo getta le basi di un insolito racconto di formazione, italiano solo per ambientazione e dinamiche socioculturali ma del tutto straniero nella costruzioni dei caratteri. Stratificati, chiaroscurali e completamente declinati dall’ambiguità, i personaggi in campo dicono ed esprimono sempre meno di ciò che sono. Dal rapporto di amicizia tra le due giovani protagoniste, diversissime nell’aspetto e nell’atteggiamento, traspare un contrasto vitale di indubbio fascino. Da una parte c’è Elena, bionda, pallida, gli occhi già cerchiati da occhiaie e lacrime, vessata da una madre che le nega ogni sogno, ma sostenuta da un padre ora troppo buono ora succube vigliacco. Dall’altra troviamo Lila, bruna, scura in volto, gracile nel corpo ma in grado di aggredire la vita per prendersi tutto ciò che desidera, e che sui banchi di scuola mostra abilità geniali e una fantasia fuori dal comune.

Unica pecca rimane, e sicuramente rimarrà, vista l’impostazione memoriale, il commento over affidato a Alba Rohrwacher.

Entrambe hanno lo stesso obiettivo e lo stesso sogno: sostenere la licenza elementare e la prova per accedere alle medie. Alla prima verrà concesso di progredire nell’istruzione, alla seconda i sogni verranno scaraventati di peso dalla finestra. Ad accomunare le due ragazzine è lo sfondo storico-culturale sospeso nel limbo, tra una guerra ancora fresca e un boom economico lontano. La povertà e il patriarcato negano qualsiasi possibilità di ascesa sociale, concedendo un’istruzione minima e poi esigendo una crescita precoce. I figli maschi devono lavorare, le femmine aiutare in casa. Non c’è spazio per crescere nella mente. La storia affonda in un sostrato antropologicamente neorealista e psicologicamente moderno in cui va in scena lo scontro tra realtà sociale e desiderio personale. Elena e Lila sono disposte a qualsiasi cosa pur di rompere la spirale di autocommiserazione che le ingabbia e che le loro famiglie, nonché l’intera società, vogliono perpetuare in eterno.

In tal senso le parole della maestra Oliviero (Dora Romano) suonano lucidissime nella loro incontrovertibile durezza: alla plebe che si ostina a rimanere tale non va concesso niente, né ai genitori, né ai loro figli, né ai loro nipoti. Ecco dunque che le due ragazzine si aiutano a vicenda, condividono un piccolo tesoro, comprano e leggono insieme “Piccole Donne” così da capire come si scrive un libro e diventare ricchi, ma al contempo accumulano pure rancori e bugie. Lila, a cui la vita non promette niente, è disposta a tutto pur di cambiare segno al proprio destino. Tende trappole e inganni per testare la lealtà dell’amica, forse per impedirle quel riscatto esistenziale che a lei, ben più meritevole, è negato in partenza. Egoismo o bisogno di non rimanere sola? Fatto è che Elena non riesce a negarsi alla compagna, affascinata dal suo genio ingombrante, pericoloso e spesso triviale.

Saverio Costanzo getta le basi di un insolito racconto di formazione, italiano solo per ambientazione e dinamiche socioculturali

Saverio Costanzo costruisce un microcosmo storicamente attendibile. Il piccolo rione napoletano, pur essendo completamente ricostruito in studio, è reso autentico dalla propria valenza simbolica. Le piazze, le corti, le scale e i balconi diventano, più che un luogo reale, la metafora della marginalizzazione sociale. Un luogo di frontiera in cui tutto è allegoria, le situazioni e persino i personaggi: l’insegnante protofemminista, l’orco usuraio, i chiacchiericci di paese, le sceneggiate sul pianerottolo. Alla verosimiglianza storica contribuiscono sicuramente i volti degli attori, scelti dopo un lunghissimo casting in tutta la regione Campania. Nell’amalgama baziniana di professionisti e non, Elisa Del Genio che interpreta Elena e Ludovica Nasti che interpreta Lila hanno le fattezze e la credibilità dei bambini neorealisti di Vittorio De Sica e Roberto Rossellini, tanto da conferire all’insieme un’aderenza al vero di grande fascino.

“Le Bambole” e “I soldi” sono un’ottima premessa per una serie che intende percorrere in otto episodi il primo volume di Elena Ferrante (qui co-sceneggiatrice). Col procedere del racconto e delle età, Elena avrà il volto di Margerita Mazzucco mentre Lila quello di Gaia Girace. Unica dubbio rimane, e rimarrà, vista l’impostazione memoriale, sul commento over affidato a Alba Rohrwacher. Alla voce narrante spetta il compito di esprimere i sentimenti contrastanti di Elena, troppo complessi per essere chiari al pubblico televisivo di riferimento. Questa voce però, non è quella della Elena adulta vista all’inizio, così da emulare l’attività di un lettore anziché i ricordi della protagonista. La scelta ancora il progetto di Saverio Costanzo alla sua matrice letteraria, suggerendo un’operazione volutamente da prima serata più che il tentativo di mettersi alla prova con la forma seriale. Spero di ricredermi quando sarò comodamente seduto sul divano di casa.

https://youtu.be/ydnKAYtG9MM