Se si volesse riassumere in poche righe “L’apparizione” di Xavier Giannoli si rischierebbe di farlo sembrare un episodio di “X-Files”. Un uomo indaga su un possibile caso soprannaturale ma i suoi sforzi sono disseminati di discussioni sulla fede e sulla verità. L’indagine viene ostacolata da uomini potenti i cui segreti potrebbero nascondere complotti. C’è persino una visita nella stanza sotterranea di una influente istituzione piena di fascicoli che riportano presunti casi soprannaturali. Episodi che chi detiene il potere rifiuta di riconoscere o di renderli pubblici. Tuttavia, le somiglianze finiscono qui. Il dramma di Xavier Giannoli è un racconto molto più pensoso del tipico caso di sci-fiction, nonché più acuto di un thriller alla Dan Brown, accomunabile a questo solo per il campo spirituale dell’indagine. Piuttosto, il film rinnova le atmosfere agnostiche del bellissimo “Lourdes” (2009) di Jessica Hausner, declinandole alla francese e riscaldandole nei risvolti di trama.
Jacques (Vincent Lindon) è un reporter di guerra che lavora per un grande giornale. La sua reputazione di investigatore imparziale e talentuoso attira l’attenzione del Vaticano. Questi lo recluta per prendere parte a una commissione d’indagine sulla verità dietro una santa apparizione in un piccolo villaggio della Francia. All’arrivo in città, Jacques incontra la giovane e sensibile Anna (Galatéa Bellugi) che sostiene di aver assistito personalmente all’apparizione della Vergine Maria. La ragazza, profondamente devota, ha raccolto un seguito impressionante nel villaggio, è divisa tra la sua fede e le molte pressioni che riceve. E, intanto, cominciano ad arrivare orde di fedeli da tutto il mondo. Di fronte alle opinioni opposte dei membri del clero e degli scettici, Jacques inizia a scoprire le motivazioni e gli interessi nascosti dietro il proprio compito. Scosso nel profondo, l’uomo comincerà a rivedere i suoi parametri di giudizio.
Il fatto che alla fine il film viri verso una risoluzione tradizionale del mistero, non inficia sulla complessa stratificazione che Vincent Lindon e Galatéa Bellugi operano sui loro personaggi.
“L’apparizione” è raccontato in una serie di capitoli, ciascuno dei quali conduce lo spettatore in una direzione prima che quello seguente lo guidi in un’altra. Lo obbliga, di fatto, a un ripensamento. Non si arriva mai al bivio della responsabilità, laddove i colpevoli occuperebbero una parte e le vittime l’esatto opposto. Tutti finiscono per commettere gesti discutibili. Persino il protagonista che è completamente assorto nel suo lavoro, tanto da ricordarsi a malapena di avere una moglie. Ogni persona che incontra Jacques sembra sovrapporre strati alternati di verità e bugie. Anna ha una vita segreta che nessuno conosce. Ma basta questo per poter provare o meno che stia dicendo la verità sull’apparizione? I preti hanno davvero a cuore l’interesse della ragazza o se ne stanno servendo per i propri?
Prima che il Vaticano chiami Jacques, lo troviamo rintanato in casa con le finestre oscurate da cartoni, mentre sua moglie lo aiuta a gestire il suo disturbo post-traumatico da stress. Anche dopo essere giunto nel villaggio, si continua a percepire l’impatto della guerra sulla salute dell’uomo segnata da problemi all’udito. La causa resta ignota, ma forse ha a che fare con un esplosivo che ha ucciso un suo amico al fronte. Intanto il suo orecchio continua a fare male e a emettere un fischio. È con questo carico psicofisico che incontra Anna, che è rimasta precocemente orfana, e ha scelto di prendere i voti sin da piccola. Lei prega in silenzio, fiduciosa che le persone intorno a lei abbiano a cuore il suo bene. Un prete le fa da padre, sia spirituale che personale, e la protegge. Ma il motivo per cui lo fa è solo affettivo o c’è altro?
Se si volesse riassumere in poche righe “L’apparizione” di Xavier Giannoli si rischierebbe di farlo sembrare un episodio di “X-Files”.
Galatéa Bellugi è perfetta nel ruolo della ragazza innocente, e la sua capacità di passare dalla serenità di una novizia alla fragilità di una giovane donna sotto pressione costante è notevole. Anna ha il viso perfetto e gli occhi spalancati e sinceri di qualcuno a cui desideriamo credere. L’attrice stessa sembra dare piena fiducia alla verità del suo personaggio, salvo lasciare uno spazio al dubbio instillato da ciò che nasconde. Xavier Giannoli cattura tutti i dettagli del piedistallo miracoloso su cui si è messa. Locandine turistiche, ceri votivi con il volto di Anna, le sue fotografie in preghiera accuratamente photoshoppate. Si tratta di dettagli che restano sullo sfondo, per suggerire come l’esperienza mistica sia oggetto di una manipolazione che con la fede c’entra poco. La stanza piena di cianfrusaglie che la Chiesa le chiede di benedire è un efficace rivelatore di come la reputazione sacra della ragazza migliori le vendite.
Giocato con stanco stoicismo da Vincent Lindon, il personaggio di Jacques avrebbe potuto essere un cliché, invece la mancanza di fede diventa un dettaglio piuttosto che la sua caratteristica principale. La determinazione dell’uomo nell’indagine è guidata dalla sua professione e, infine, dalla preoccupazione per le sorti di Anna. Il fatto che alla fine il film viri verso una risoluzione tradizionale del mistero, non inficia sulla complessa stratificazione che Vincent Lindon e Galatéa Bellugi operano sui loro personaggi. Ugualmente, il modo in cui il regista lavora le singole situazioni ci spinge a ricercare una ragione ovunque, anche nelle azioni razionalmente più sbagliate. L’apparizione esplora la fede, il dubbio, l’isteria di massa e il disperato bisogno umano di conforto spirituale. Tutte questioni ben lontane da una facile spiegazione. Allo stesso modo, la risoluzione del mistero rimane quasi arbitraria, impedendoci di ipotizzare un epilogo diverso e più deciso.